CAMPI MINATI al confine con la Bielorussia: ecco la nuova Europa che doveva unire i popoli euriopei

Splendida Europa senza barriere, ora non solo i muri: la Polonia creerà campi minati al confine con la Bielorussia. Già con l’Ucraina sono attivi.
Campi minati insieme a fossati, fortificazioni e barriere di vario genere, la chiameranno “SCUDO ORIENTALE”. 

 Il capo del governo ha annunciato alla conferenza che il progetto East Shield “sta iniziando sul serio”.

E’ da notare che queste barriere non esistevano neanche all’epoca dell’Unione Sovietica.

‘Scudo Orientale’

In un silenzio quasi totale da parte dei media italiani, la Polonia sta attuando un progetto senza precedenti: la costruzione dello “Scudo Orientale” al confine con la Bielorussia. Questa imponente infrastruttura di difesa prevede una serie di barriere fisiche lungo circa 800 chilometri, includendo campi minati, fossati, blocchi di cemento e fortificazioni fisse. Il progetto, che dovrebbe essere completato entro il 2028 con un costo stimato di 10 miliardi di zloty (oltre 2 miliardi di euro), ha l’obiettivo dichiarato di impedire qualsiasi incursione da parte di un “nemico” lungo il confine. L’iniziativa coinvolge non solo le risorse polacche, ma anche il supporto di partner internazionali, inclusi Regno Unito, Stati Uniti e persino fondi europei.

Durante le recenti esercitazioni a Orzysz, il Primo Ministro Donald Tusk ha annunciato che questo progetto rappresenta una priorità per il governo polacco, sostenendo che l’“investimento per la pace e la sicurezza” dissuaderà eventuali aggressioni e proteggerà il Paese. Eppure, questa scelta si scontra con una visione di Europa unita e priva di barriere, richiamando alla memoria un passato di confini militarizzati che sembravano ormai superati. Di seguito, una riflessione critica su ciò che questa decisione rappresenta davvero.

La decisione della Polonia di erigere lo “Scudo Orientale”, una combinazione di barriere fisiche, campi minati e fortificazioni lungo il confine con la Bielorussia, suona come un’amara contraddizione, specialmente per un Paese che si identifica con valori profondamente cattolici e un’Europa unita. Questo progetto non solo riporta l’Europa a un’epoca di divisioni, ma contrasta con il messaggio di pace e solidarietà che dovrebbe caratterizzare i rapporti tra i Paesi vicini.

Una scelta che si scontra con i valori cristiani e l’eredità europea

Per secoli, l’Europa è stata una terra di muri e barriere, di confini rigidi che separavano popoli e alimentavano ostilità. Dopo decenni di sforzi, oggi l’Unione Europea rappresenta un miracolo di collaborazione e integrazione tra Paesi. La Polonia, un Paese dalle profonde radici cristiane, sembra qui rinnegare quel messaggio di pace e apertura al prossimo. Ricordiamoci delle parole di Giovanni Paolo II, un papa polacco, che non smise mai di invocare il dialogo e la riconciliazione tra i popoli. La costruzione di muri e di campi minati è esattamente l’opposto di ciò che ci si aspetterebbe da una nazione che proclama i valori cristiani. Invece di proteggere la Polonia, questo progetto rischia di creare un pericoloso isolamento, che influenzera l’Unione (che ormai segue le linee più bellicose e russofobe).

Il prezzo della sicurezza a scapito della fiducia

Lo “Scudo Orientale” è presentato come un investimento in sicurezza, ma a quale prezzo? Nel 2024, erigere barriere simili non solo è una scelta anacronistica, ma anche un atto che potenzialmente mina la fiducia nei rapporti tra le nazioni europee. In un contesto globale dove la collaborazione e il mutuo supporto sono più che mai necessari, alimentare una retorica di ostilità rischia di soffocare il dialogo. La Polonia, che ha ricevuto sostegno e solidarietà dai suoi vicini europei in passato, ora alza muri, sembra dimenticarsi della chiamata a “custodire il proprio fratello”. La sicurezza, in questo senso, si allontana dal principio evangelico di “amare il prossimo” e assume il volto di una difesa cieca, che ignora i legami di vicinanza e interdipendenza che l’Europa ha costruito con fatica.

Un investimento che tradisce una visione ristretta

Dieci miliardi di zloty destinati a questo progetto di fortificazione: soldi che avrebbero potuto essere investiti per il benessere sociale e per una Polonia più giusta, più unita, capace di affrontare le vere sfide che minacciano la sua stabilità. Problemi come la povertà, la sanità e l’istruzione avrebbero meritato una priorità maggiore. E mentre si stanziano risorse per “proteggere” il confine, si lasciano dietro le esigenze più urgenti della popolazione. La politica della paura, quella che vede il nemico non appena si affacciano interessi contrapposti o per spirito di alleanza ( o peggio facendo prevalere i fantasmi di un recente passato), finisce sempre per impoverire e dividere.

Invece di unire la Polonia agli altri Paesi dell’Unione Europea e rafforzare una solidarietà che guarda al futuro, questo progetto ci riporta a un passato fatto di divisioni e sospetto. La pace, non si costruisce con i muri, ma con l’incontro e il dialogo. La deriva attuale porterà ad una strada senza ritorno e peggiorerà, anzichè ‘migliorare la sicurezza’.

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