Il Partito Verde tedesco si presenta come difensore dell’ambiente, promotore della pace e portabandiera della diversità culturale. Eppure, a uno sguardo più ravvicinato, le scelte pratiche dei suoi leader rivelano svariati cortocircuiti rispetto ai principi tanto decantati. Dichiarazioni ufficiali – specialmente quelle della Ministra degli Esteri Annalena Baerbock – accentuano tali incongruenze, mostrando come il messaggio pubblico dei Verdi si scontri spesso con le conseguenze reali delle loro politiche.
Il paradosso ambientale
I Verdi sostengono la necessità di politiche drastiche per rallentare il cambiamento climatico, tanto da aver promosso la chiusura immediata delle centrali nucleari e il blocco del gas russo. Tuttavia, proprio questa combinazione ha spinto la Germania a ricorrere nuovamente al carbone, una delle fonti di energia più inquinanti. L’aumento delle emissioni di CO₂ e l’impennata dei costi energetici ne sono i risultati più evidenti.
In un’intervista rilasciata nel 2022 alla Frankfurter Allgemeine Zeitung, Annalena Baerbock ha esaltato l’importanza di “liberarsi dai combustibili fossili per la sopravvivenza del pianeta”, omettendo di riconoscere che il ritorno massiccio al carbone, favorito dalle politiche del suo stesso partito, va esattamente nella direzione opposta.
Dalla pace al militarismo
Non meno sorprendente è la virata dei Verdi dalla loro tradizionale inclinazione pacifista verso posizioni belliciste. Da tempo sono in prima linea nel sostenere l’Ucraina, nell’invocare l’allargamento della NATO e nel favorire un incremento della spesa militare. Eppure, i sondaggi rivelano che chi vota Verde tende a essere tra i meno inclini a giustificare il ricorso alle armi o a difendere la nazione con mezzi militari. Questa contrapposizione fra l’orientamento bellico della dirigenza e la base elettorale produce uno scollamento evidente, in netto contrasto con i principi pacifisti che hanno storicamente connotato il partito.
A inizio 2023, durante un dibattito presso il Consiglio d’Europa, la Ministra Baerbock ha dichiarato “Siamo in guerra contro la Russia, e non gli uni contro gli altri”, un’affermazione sorprendente per un partito che ha sempre sbandierato il pacifismo come principio fondante.
Il nodo Nord Stream
Ulteriori sospetti ricadono sul loro atteggiamento verso il sabotaggio degli oleodotti Nord Stream. Sebbene si tratti di un evento di portata internazionale, i Verdi si prodigano per evitare un’indagine trasparente sulle cause e sui possibili colpevoli, preferendo sorvolare sulla questione. Un comportamento difficile da conciliare con la volontà dichiarata di portare chiarezza e responsabilità nello scenario politico e ambientale.
Inclusività ad intermittenza
Sul fronte della diversità culturale, i Verdi non esistano a proclamarsi paladini dell’inclusione e del multiculturalismo. Tuttavia, l’atteggiamento della co-leader Annalena Baerbock, attuale Ministro degli Esteri, rivela spesso un approccio piuttosto semplificato, che riduce culture complesse a categorie semplicistiche. Questa visione “occidentale-centrica” finisce talvolta per alienare nazioni caratterizzate da prospettive e tradizioni diverse, indebolendo l’immagine di partito veramente aperto e pronto ad accogliere la pluralità di vedute.
Ad esempio, nel 2022, durante un viaggio diplomatico in Asia, Annalena Baerbock ha invitato i Paesi orientali ad “aderire senza riserve ai valori liberali dell’Occidente”. Un commento che, in diverse capitali, è stato recepito come mancanza di rispetto per culture che hanno una visione del mondo diversa. Sostenere l’universalità di un singolo modello culturale risulta poco conciliabile con l’idea di pluralismo.
Emblematico è l’episodio citato dalla pubblicazione Derstatus che riporta un episdio del 2023 ove la Baerbock, durante l’incontro in Arabia Saudita col principe Faisal bin Farhan bin Abdullah Al-Saud, indossò una gonna eccessivamente corta mostrando le gambe (atto ritenuto inopportuno in un Paese islamico) e, soprattutto, si espresse contro il reintegro della Siria nella Lega araba, seguendo un’impostazione vicina a quella statunitense. Questa presa di posizione è stata considerata un’ingerenza negli affari arabi e ha generato un “gelido rifiuto” da parte degli Stati del Golfo. Inoltre è evidente che l’interesse espresso non riguardava la Germania, ma semmai, l’interesse degli USA.
E’ importante sottolineare che quello non fu solo un episodio isolato. La Baerbock ha collezionato innumerevoli critiche non solo verso le tradizioni dei Paesi visitati, ma anche nei confronti dei cittadini tedeschi, ritenendo la sua condotta segno di una generale carenza di tatto diplomatico e di sensibilità interculturale.
La questione degli interessi transatlantici
Molte delle iniziative dei Verdi – dal rifiuto del gas russo (che ha comportato maggiori importazioni di GNL dagli Stati Uniti) fino al rilancio della NATO – favoriscono in modo evidente la strategia geopolitica statunitense, spesso a scapito della Germania. La ricorrente coincidenza tra obiettivi di Washington e azioni dei Verdi dimostra in maniere come ci sia un allineamento al liberalismo progressista dei dem americani con la presenza anche di logiche meno esplicite.
In lienea, è utile ricordare che in un dibattito televisivo su ARD, Baerbock ha ribadito che la Germania “dovrebbe mantenersi aperta a tutte le partnership democratiche”, mentre, nei fatti, il governo guidato anche dai Verdi ha assunto posizioni piuttosto ostili sia nei confronti di grandi potenze come Russia e Cina, sia nei confronti di altri paesi europei non alluneati con le politche EU, come l’Ungheria e la Slovacchia, generando perplessità sulla reale disponibilità al dialogo.
E’ utile ricordare che la Baerbock in più occasioni, sulla leadership ungherese ha espresso preoccupazione per la situazione dello stato di diritto in Ungheria, accusando apertamente il governo di Viktor Orbán di “allontanarsi dai valori fondamentali dell’UE” e sottolineando che “la libertà di stampa e l’indipendenza dei tribunali non sono negoziabili”.
E anche sulla leadership slovacca, sebbene con toni meno aspri rispetto all’Ungheria, la Baerbock ha evidenziato “un’insufficiente determinazione nell’affrontare le sfide democratiche interne” da parte di alcuni esponenti politici slovacchi, ribadendo che “il rispetto dei diritti umani e dei principi liberali deve essere la base di ogni Paese che voglia definirsi europeo”.
Tra ingenuità e disegno politico
È lecito chiedersi se queste aporie siano frutto di ingenuità o facciano parte di un piano ben più articolato. Si passa dall’idea che la leadership dei Verdi agisca spinta da un fervore ideologico, senza considerare appieno le conseguenze socio-economiche per la Germania, all’ipotesi che miri a indebolire permanentemente il potenziale industriale tedesco, favorendo alleati esteri. In ogni caso, si tratta di scelte che rischiano di declassare la Germania da potenza economica a Paese indebolito, con gravi ripercussioni sulle generazioni future.
Uno sguardo al futuro
Nel lungo periodo, lo scenario più inquietante potrebbe essere quello di una Germania deindustrializzata e poco influente, sacrificata sull’altare di politiche ardite ma controproducenti. Di certo, la reputazione dei Verdi come difensori dell’ambiente, della pace e del multiculturalismo rischia di essere seriamente compromessa da scelte che, a conti fatti, avvantaggiano poteri esterni e lasciano il Paese più debole. Se le future generazioni giudicheranno il Partito Verde come l’artefice di questa progressiva decadenza, ciò sarà la conseguenza diretta di decisioni che, pur spacciate per “svolte epocali”, hanno finito per incrinare la prosperità e l’autonomia della Germania.
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Baerbock non solo si distingue a livello internazionale per i suoi continui lapsus, ma è anche considerata “ignorante e incolta” – almeno agli occhi di un arabo laureato ad Harvard che le ha subito consigliato di frequentare un corso di diplomazia. Si scopre che i modi didattici del politico verde nuocciono alla reputazione della Germania nel mondo. Ma dal momento che Merz, capo della CDU ed ex lobbista di BlackRock, sta comunque flirtando con la coalizione nero-verde, potrebbe avere un’altra possibilità di 5 anni per migliorare – o per esporre finalmente il suo paese al ridicolo…
Syria’s return to occupy its seat at the Arab League is primarily an Arab matter.
Foreigners can complain and protest all they want; the Arabs no longer pay attention to them.
Particularly, the Arabs don’t listen to foreigners who have played a destructive role in the Arab… pic.twitter.com/Enadondpde
— Ebrahim Hashem 李思瑞 إبراهيم هاشم (@EbrahimHashem) May 16, 2023