21/2/2014
Al-Akhbra – Firas Choufi. Nella città di Zara, nel circondario di Krak des Chevaliers, le feroci battaglie tra l’esercito siriano e i gruppi estremisti armati riecheggiano per tutta Wadi al-Nasara, il nome arabo della Valle dei Cristiani. Ogni giorno, gli abitanti della valle seppelliscono nuove vittime. Quelli che non sono scappati adesso hanno deciso di non abbandonare mai la Siria.
La voce dell’autista si mischia al suono del vento da neve che martella la nostra auto, mentre attraversa a tutta velocità la strada che da Hawash porta a Zara, nella Wadi al-Nasara, a ovest della città di Homs. “Questa strada è sporca di notte”, osserva l’uomo. Due uomini siedono sul retro, i fucili infilati fuori dalla finestra. Hai paura, ma cerchi di darti un contegno.
Fuori è buio pesto, ed è noto che, rintanati nel castello crociato di Krak des Chevaliers, i militanti dell’opposizione siriana prendono di mira questa strada. Ma secondo l’autista la situazione adesso è più sicura, dopo che l’esercito siriano ha stabilito nuove postazioni e incrementato le proprie misure di sicurezza. I minuti passano lentamente, con le immagini delle morti e delle decapitazioni ingiustificate di Wadi al-Nasara che ti ronzano in testa, ancora e ancora.
Chi combatte a fianco dell’esercito siriano si è riconciliato con la morte. Parlano dei compagni uccisi in tono pratico e triste. Rifugiati nelle case della valle, gli abitanti potrebbero non dover affrontare la morte quanto loro, ma rimangono alte le probabilità di essere uccisi da un proiettile vagante, così come dal cecchinaggio quasi quotidiano dei militanti. E, sebbene nelle ultime due settimane i rinforzi dell’esercito in preparazione della liberazione di Krak des Chevaliers abbiano migliorato le condizioni della strada, viaggiare di notte è ancora rischioso.
Dietro le barriere di sabbia, la maggior preoccupazione non è il freddo. Nizar, un combattente pro-regime, aggiusta il suo cappello di lana e soffia aria calda sui palmi, mentre divide lo sguardo tra i mirini a visione notturna e noi. “Non puoi permetterti di aver freddo o di chiudere gli occhi. I militanti tentano di intrufolarsi ad ogni ora. Spero che lo facciano, così posso mostrarveli nel mirino”.
Tra i combattenti stanziati qui, si trovano soldati dell’esercito, membri nelle Forze di Difesa nazionali e combattenti del Partito Sociale Nazionalista Siriano. Ma la maggior parte di loro, in realtà, sono residenti dei villaggi vicini.
Il flagello delle decapitazioni
La maggior parte dei cristiani che rimane nella regione non fa conto che la salvezza possa venire dalla cristianità occidentale. Quelli che non sono scappati dicono che ora preferiscono morire qui, piuttosto che ricevere la “carità dell’uomo bianco”.
Tony, che lavora in un ristorante di shawarma [pietanza mediorientale a base di carne] nel villaggio di Hawash, non vuole andarsene. Come lui, la madre di Hassam, dal villaggio di Hanbara, che è stato ucciso nel conflitto, vuole stare vicino alla sua tomba così da poterlo visitare ogni giorno. Innumerevoli altri, come loro, vogliono restare. La Siria è l’unica casa che hanno.
Il 29 gennaio, durante un attacco ad un checkpoint della Difesa Nazionale nella città di Ammar al-Hosn, i militanti si sono divertiti a mutilare i corpi delle truppe che presidiavano il checkpoint. Ad un corpo hanno cavato gli occhi, e ne hanno decapitato un altro, portandosi via la testa. Nelle ultime settimane, i militari hanno decapitato molte altre persone, tra cui combattenti delle Forze di Difesa Nazionale, un combattente del Ssnp di nome Hanna Karam, e anche dei civili, di recente un giovane chiamato Fadi Matta, di Mamarita.
Durante il tour ai checkpoint dell’esercito siriano in giornata, la nostra guida ha avanzato la supposizione che l’obiettivo delle decapitazioni stia avendo l’effetto opposto a quello voluto tra gli abitanti della valle, che ora sono più convinti ad imbracciare le armi contro i militanti. Infatti, con i crescenti attacchi contro i residenti, quasi ogni giorno arriva alle barriere di sabbia un nuovo gruppo di combattenti dai villaggi circostanti, come Bahzina, Hanambra, Shallouh, Hawash, per arruolarsi contro i militanti. Alcuni vengono dalle università, altri dal lavoro nei ristoranti, in campagna, o da varie altre professioni. Uno dei combattenti ha detto: “La vita sul campo di battaglia ti ruba tutto. Pensi solo ad uccidere i militanti o ad immaginarti morto”.