Anche gli intellettuali di sinistra al servizio della guerra…

FireShot Screen Capture #125 - 'piZap - free online photo editor - fun photo effects editor' - www_pizap_com_pizap-app_php_initialstate=collage&width=1920&var1=Testo della conferenza tenuta all’ateneo di Madrid il 9 settembre 2013 tenuta da Angeles Diez Rodriguez – Dottore in Scienze Sociali e Politiche e Professore all’Università Complutense di Madrid (UCM).


fonte: http://www.michelcollon.info/Les-intellectuels-au-service-de-la.html?lang=fr

Il caso della Siria è uno dei più esemplari a mettere chiaramente in evidenza il ruolo della legittimazione della guerra svolto dagli intellettuali ritenuti di sinistra. Numerosi di questi hanno scelto di mettersi al servizio della guerra mediatica contro la Siria, investiti dall’aura illustre portatrice dei principi morali occidentali. Dall’alto dei loro scranni nei grandi media come pure dei media alternativi, essi elaborano spiegazioni, giustificazioni e rapporti che presentano come principi etici quando in realtà si tratta di loro personali opinioni politiche. Essi ridicolizzano, manipolano e deformano le posizioni dei militanti antimperialisti. Si permettono anche di dare lezioni ai governi latino-americani che difendono la sovranità e il principio di non ingerenza, e che dunque si oppongono alla guerra contro la Siria.

 

Nel giugno del 2003 nell’ambito della guerra e occupazione dell’Iraq, non era molto difficile, negli ambienti universitari, in quelli della cultura e dei militanti di sinistra, che si levassero migliaia di voci contro la guerra; siamo stati in grado di riconoscere le trappole medianiche, capaci di scoprire gli interessi dell’impero americano e dei suoi alleati, di svelare le menzogne e soprattutto di stabilire le priorità nella mobilitazione e la denuncia. Non abbiamo potuto fermare la guerra né l’occupazione dell’Irak ma abbiamo posto le fondamenta di un movimento antimperialista che avrebbe potuto costituire il freno a mano della barbarie bellicista e che, in un modo o nell’altro, aveva permesso il rinviò dell’obiettivo di proseguire la neocolonizzazione della zona.

 

Se nel 2003 fu relativamente facile mobilitarci contro la guerra in Iraq e i piani imperiali americani, cosa che non ha avuto il significato di appoggiare una qualunque dittatura, oggi molti ci pongono la domanda: cos’è successo perché non sorga o non continui il movimento che fece la sua apparizione nel 2003? Sicuramente, diverse sono state le ragioni intrecciate tra loro, ma preferirei distinguerne due che mi sembrano centrali: i mezzi di comunicazione di massa hanno fatto un buon lavoro di dissuasione e una parte degli intellettuali di sinistra che prima erano riferimenti politici contro la guerra, hanno scelto di servire l’altro campo.

 

Intellettuali di sinistra al servizio della legittimazione bellicista.

 

Che i media di massa mentano, deformino, occultino, evidenzino, diano una forma e un volto ai nostri nemici è un’evidenza ripetuta molte volte nella storia. Essi fanno questo non perché sono gli strumenti del potere, no, essi lo fanno perché sono parte integrante del potere. Ma la giustificazione delle guerre, la “costruzione del consenso” come direbbe N. Chomsky, non si fa solo attraverso le corporazioni mediatiche. La propaganda è un sistema nel quale si inseriscono le imprese dei media, la classe politica e i suoi discorsi, la cultura occidentale onnipotente e colonialista, i giornalisti, gli artisti, gli intellettuali, gli universitari e i filosofi mediatici. Tutti questi intellettuali si sono trasformati in un “chierico secolarizzato” che “sceglie di giocare un ruolo fondamentale nell’interiorizzazione dell’ideologia della guerra umanitaria come un meccanismo di legittimazione” (Bricmont, 2005). Alcuni coscientemente, altri non del tutto, si sono messi al servizio della propaganda della guerra imperialista.

 

Ciò che è interessante è che questa schiera di creatori d’opinione pubblica si reclutava prima nei ranghi conservatori, tra i liberali e parte tra i socialdemocratici (ricordiamo la campagna del PSOE con “Ingresso nella Nato? No!” [http://elordenmundial.files.wordpress.com/2013/06/otano.jpg]) ma dalla guerra in Yugoslavia (1999), sono reclutati sempre più numerosi i gruppi di intellettuali che provengono dai rivoluzionari di sinistra, anticapitalisti e antimperialisti. Essi lo giustificano con argomenti morali universali e umanitari: lottare contro le dittature (ovunque esse siano) e difendere la causa dei popoli (a prescindere che essi siano le donne afgane, gli insorti libici, i manifestanti siriani, o la parte del popolo che l’opinione pubblica generale segnala come vittima delle dittature.

 

Alcuni di questi intellettuali furono figure di spicco del “No alla guerra” contro l’Iraq nel 2003; tuttavia dall’inizio di quelle che sono chiamate “le primavere arabe”, essi suonano nella stessa orchestra dei loro governi sostenendo il rovesciamento del tiranno B. Al-Assad e la Transizione democratica siriana; ve ne sono anche di quelli che chiedono l’intervento militare dell’Occidente come la scrittrice Almudena Grandes: “tutto sommato si tratta di Assad, un dittatore, un tiranno, un assassino che rimarrà l’unico beneficiario del non intervento.”

 

Si può supporre che per costoro Saddam Hussein fosse meno dittatore di Bashar Al-Assad o forse che si trattasse del fatto che in questa guerra c’erano centinaia di migliaia di cittadini nelle strade che gridavano “No alla guerra!”, cosa che non succede oggi.

 

Il ruolo che esercita questo “clero secolarizzato” è doppio, da un lato fornisce argomenti che giustificano l’intervento armato, dall’altro divide, indebolisce o blocca, ogni volta con crescente intensità, l’emergenza di una forte opposizione alle guerre imperialiste.

 

A volte per ignoranza politica, altre per errore, ma più spesso a causa di uno strisciante sentimento di superiorità morale in quanto intellettuali del mondo sviluppato, questa “sinistra” ha interiorizzato gli argomenti della destra. Secondo Bricmont, essa si è evoluta in due atteggiamenti: A) in ciò che viene chiamato imperialismo umanitario, che si appoggia sulla credenza che “i nostri valori universali” (l’idea della libertà, la democrazia) ci obblighino ad intervenire ovunque. Sarebbe una sorta di dovere morale (diritto d’ingerenza). B) il “relativismo culturale” che parte dal principio che non ci sono buoni o cattivi costumi. Avremo il caso in cui un movimento wahhabita o fondamentalista si ribelli ad una forma di repressione e venga applaudito in quanto “i popoli non si sbagliano”o, come mi ha spiegato un filosofo spagnolo, “quando i popoli parlano, la geostrategia tace”.

 

Strane coincidenze per la libertà e la democrazia

 

Il dominio imperiale è sempre militare ma necessita di un’ideologia che lo giustifichi per eliminare le resistenze di retroguardia. Oggi, grazie alla complessità del sistema di propaganda sempre più sofisticato e tecnicizzato, gran parte della costruzione di questa ideologia legittimante è nelle mani di una sinistra, al momento ancora rispettabile, che per l’opinione pubblica conta in credibilità critica grazie al suo curriculum come la difesa della causa palestinese. Il nucleo essenziale dei discorsi legittimanti si è spostato dalla “libertà” ancora classica, alla criptica “dignità”, e conserva la “democrazia” e i diritti dell’uomo come parole d’ordine. La democrazia, come sognata dal filosofo Santiago Alba serve da utopia leggera per raccogliere adepti e confondere i desideri con la realtà.


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Siria. La morte per fame imposta dall’Unione Europea

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Lucida a analisi di Sibialiria della situazione siriana e in particolare del non-senso dell’embargo europeo e dei suoi effetti.
Sibialiria è un sito che segue in maniera approfondita la crisi siriana e sopratutto indaga e da un giudizio chiaro sulla natura di questo conflitto.

5 nov. 2013 Sibialiria

Ha fatto il giro del mondo il caso di Nasr una bambina di Homs morta di fame “per l’assedio imposto dalle truppe di Assad”. Notizia per metà falsa. Completamente vera, invece, quella di Farida, dodici schegge di granata nel cervello che non potevano essere rimosse perché il generatore dell’0spedale di Aleppo era senza carburante. Ma anche in questo caso la colpa non è “di Assad” ma delle sanzioni economiche imposte alla Siria dall’Unione Europea.

 Un crimine di cui nessuno parla. Sanzioni responsabili della spaventosa miseria che, insieme alle epidemie, sta flagellando la Siria. Sanzioni economiche che i ministri degli Esteri dell’Unione Europea – Bonino in testa – (con buona pace dei “digiuni di Pace” e le lacrime di coccodrillo) annunciano di confermare, intendendo affrontare la fame che sta dilagando in Siria con due miliardi di euro in “aiuti umanitari”, (e il conseguente foraggiamento di sempre più compiacenti ONG) e con l’apertura di “corridoi umanitari” .

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SIRIA: «Sotto i nostri occhi»

di Thierry Meyssan. fonte Megachip La copertura mediatica della guerra in Siria si estende solo alle azioni militari, umanitarie e diplomatiche. Ma lascia da parte la profonda trasformazione del paese. Tuttavia, non si sopravvive a questo oceano di violenza senza cambiare profondamente. Da Damasco, dove vive da due anni, Thierry Meyssan descrive questa evoluzione. Di …

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Siria: villaggio cristiano distrutto, chiese profanate, cristiani gettati in fosse comuni –

fonte: losai.eu A Sadad, Siria, i miliziani islamici hanno devastato case e chiese, uccidendo decine di cristiani poi gettati nelle fosse comuni. Tra loro molti donne e bambini. I cadaveri sono stati rinvenuti in due distinte fosse comuni nella città di Sadad. Nel complesso, i civili cristiani uccisi nella cittadina a metà strada fra Homs …

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RC n. 88 – Ottobre 2013 Così l’islam ha invaso l’Europa

Gli eventi drammatici della Siria, dopo quelli dell’Egitto e della Libia, offrono l’occasione per alcune considerazioni che vanno al di là dell’aspetto geo-politico del conflitto.  RC n. 88 – su segnalazione di Ora Pro Siria Gli eventi drammatici della Siria, dopo quelli dell’Egitto e della Libia, offrono l’occasione per alcune considerazioni che vanno al di …

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Tony Capuozzo: lettera da Damasco 4 (e ultima)

http://mezzitoni.tgcom24.it/2013/10/25/lettera-da-damasco-4-e-ultima/ Eccola, Maloula. Potrebbe essere un paese di Calabria, o dell’Abruzzo, accovacciato ai piedi della montagna. Con tante case incomplete, come da noi, e qualcuna, quella di chi ha fatto il pellegrinaggio a Gerusalemme, con una traccia di azzurro che sta scolorendo nel buio che cala. Non so come sia la via d’ingresso (Maloula, in …

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Il principe di Damasco

In Europa con la scusa della crisi economica abbiamo azzerato molti dei diritti faticosamente acquisiti nel welfare e abbiamo annullato molti dei principi democratici attaccando la famiglia e la vita. Paradossalmente in Siria, un paese in preda a una guerra sanguinosissima alimentata da noi stessi, chiediamo e vogliamo insegnare la democrazia. Per fare questo abbiamo …

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