LIBIA/ 1. Vittadini: le vere ragioni di una guerra sbagliata

Giorgio Vittadini- martedì 22 marzo 2011 Oltre alla sofferenza di un popolo sotto la minaccia di mitra, raid aerei, bombardamenti, in queste ore colpisce l’ipocrisia dei governi occidentali, coperta da un diritto internazionale che appare ormai ambiguo. L’operazione militare in Libia è la logica espressione di una politica neocoloniale che ormai domina le dinamiche internazionali …

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Non basta un grido per fare la guerra

(Angela Pellicciari – da Il Tempo, 19-03-2011) Hanno dell’incredibile gli accenti accorati con cui Napolitano ha rievocato le “grida di dolore” che si levavano verso i Savoia dall’Italia centro-meridionale. A detta di questa leggenda gli italiani “gemevano” invocando la liberazione che sicuramente sarebbe venuta dal nord sabaudo. La liberazione è costata alla Sicilia reiterate dichiarazioni …

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La guerra alla Libia

Sussidiarionet – di Carlo Polanda: ecco il vero progetto della Francia che danneggia l’Italia L’indecisione dell’America che per quasi 60 anni ha presidiato il Mediterraneo, stabilizzandolo sostanzialmente, sta lasciando spazio alle ambizioni neo-imperiali di Francia e Regno Unito. Questa è la vera ragione dell’attacco franco-inglese alla Libia, con timido e riluttante sostegno tecnico degli Stati …

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Crisi libica

Cadono i regimi assolutistici di molti paesi, la Tunisia, l’Egitto … scoppia la crisi  in Libia come per un effetto “domino” , in un primo  tempo il primo ministro  Berlusconi appare incerto, nelle relazioni con la Libia, aveva fatto   prevalere sopratutto gli interessi economici delle aziende italiane  e c’era riuscito. Molti suoi predecessori non erano …

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Contestazioni anche nel giorno dell'Unità. Quanto vale la dignità di una nazione?

Al Gianicolo e a Santa Maria degli Angeli il Primo Ministro Berlusconi è stato contestato, irriso, fischiato, schernito . Con «Viva il Presidente!» hanno accolto il capo dello Stato,. applausi anche per  il ministro della Difesa Ignazio La Russa, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, e la presidente del Pd Rosy Bindi, mentre  fischi sono stati …

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Vogliamo vedere cosa costruisce l'Unità: non rievocarla!

Editoriale SOL: Italia 61

Quando da piccolo passavo per la zona sud di Torino, mi colpivano sempre alcune grandi strutture. Un binario di metropolitana che correva a diversi metri d’altezza e che si interrompeva bruscamente nel vuoto, la struttura di cemento già mangiata dall’umidità. Un palazzo a forma di fetta di formaggio fuso, dai vetri sporchi e circondato dagli sterpi. Un laghetto artificiale su cui correva il binario di cui sopra ridotto a palude. Chiedevo: cosa sono quelle cose? E mi si rispondeva: è Italia ’61!

Erano i resti titanici delle celebrazioni per i cento anni dell’Italia unita. Erano bastati una manciata d’anni per renderli relitti abbandonati, dispendiosi e difficilmente recuperabili.

A me, bambino cresciuto nella più roboante retorica risorgimentale, era una cosa difficilmente comprensibile. Avevo letto Cuore una decina di volte. Mazzini e Garibaldi erano i santi che ci avevano dato la nostra patria. Tutto era stato bello, eroico: la guerra contro il bieco austriaco, la gioiosa insurrezione popolare, i patrioti, i Mille…

Sono passati anni da allora, e sono cresciuto, Mi è stato insegnato a farmi domande, a tenere gli occhi spalancati, a vedere. E ho visto che il Risorgimento è una menzogna gigantesca che ci è stata data da bere per anni e anni, e in cui c’è ben poco di giusto. Un’esposizione finita la quale gli acclamati traguardi si rivelano essere costosissimi ed ingestibili catafalchi.

Ma l’Italia, quest’Italia, da chi è fatta? Chi sono gli italiani? Cosa li unisce?

La lingua, dirà qualcuno. Ma centocinquant’anni fa questa lingua non è che fosse così chiara. La stragrande maggioranza degli italiani parlava solo dialetto. Re compreso. E alcuni di questi dialetti sono lontani dall’italiano come e più di altri linguaggi, sono lingue vere e proprie.

E neanche era vero che l’Italia gemesse sotto tallone straniero. A parte il lombardo-veneto, i sovrani delle altre terre erano tutti italianissimi, anche più dei Savoia. Se vogliamo dirla tutta anche il tallone degli Asburgo non è che fosse così oppressivo. Come, ad esempio in Veneto, hanno dovuto poi constatare le popolazioni.

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