AL FORUM DI SINGAPORE IL SEGRETARIO ALLA DIFESA USA MINACCIA LA CINA

  AL FORUM DI SINGAPORE IL SEGRETARIO ALLA DIFESA USA MINACCIA LA CINA Di Peter Symonds   fonte: controinformazione.org In un discorso minaccioso e provocatorio pronunciato a Singapore sabato, il segretario alla difesa statunitense Chuck Hagel ha accusato direttamente la Cina di “azioni unilaterali e destabilizzanti per imporre le sue rivendicazioni nel Mar Cinese Meridionale”, e …

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La Siria ha bisogno di evoluzione, non di rivoluzione!

FireShot Screen Capture #355 - 'Foto-Siria-1_jpg (immagine JPEG, 850 × 567 pixel)' - www_aclirimini_it_wp-content_uploads_2013_11_Foto-Siria-1Fra Firas Lutfi, giovane francescano siriano, racconta di quale cambiamento abbia realmente bisogno il suo paese e la difficoltà di ricostruire l’anima ferita dei suoi connazionali

Roma, 03 Giugno 2014 (Zenit.org) Naman Tarcha

Sguardo fisso, presenza calma, dialogo franco, una vita dedicata a servire gli ultimi sulle orme di San Francesco. E’ una figura che colpisce quella del giovane francescano fra Firas Lutfi. Figlio di Hama, la città che ha vissuto negli anni ’80 la distruzione a causa di un colpo di stato fallito, il frate, mentre la sua famiglia si divideva tra Hama e Homs, ha servito la principale parrocchia cattolica dal 2004 fino a che è scoppiata la crisi siriana nel suo amato paese. ZENIT lo ha intervistato.

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Partono oggi le elezioni presidenziali siriane con una significativa partecipazione dei siriani malgrado le minacce e il terrorismo. C’è tanta voglia di un cambiamento?

Fra Firas Lutfi: La Siria come tutti i paesi del mondo aveva bisogno di cambiamento, ma per modernizzare il paese non c’era bisogno di una rivoluzione bensì di una evoluzione. L’Europa ha attraversato guerre mondiali devastanti prima di raggiungere una certa democrazia e considerare l’essere umano al centro. Il mio paese è sempre stato in mezzo a conflitti e guerre che hanno colpito la nostra regione dall’inizio dei secoli; é stato oggetto di contese e conflitti tra le forze regionali ed allo stesso tempo una delle regioni dove sono passate più civiltà, con conseguenze negative ma anche positive, offrendo tanta ricchezza e diversità meritando così di essere considerata la culla di tante civiltà. La Siria per 400 anni é rimasta sotto l’occupazione ottomana e poi l’occupazione francese, ottenendo la sua indipendenza solo trent’anni fa. Allora come si può chiedere ad un paese così giovane di essere libero indipendente stabile democratico al 100%?

Perché l’Occidente ha impedito ai siriani di votare all’estero, definendo le elezioni “una farsa”?

Fra Firas Lufti: L’Occidente non riesce a cogliere due questioni: la prima è che i paesi in via di sviluppo hanno bisogno di tempo necessario per i cambiamenti, non si può chiedere ad un bambino di gareggiare in una maratona o attraversare il mare prima che cresca e possa essere autonomo. La seconda questione é l’indipendenza: oggi tutti siriani lottano per contro la violazione della sovranità siriana e l’ingerenza, perché credono che questa terra benedetta é la loro terra, la terra dei loro antenati, e hanno tutto il diritto di viverci in dignità. Il modello democratico nei paesi arabi é diverso da quello occidentale. La differenza é proprio nella forma mentis. L’Occidente si concentra sulla persona e sull’individualismo mentre nelle società mediorientali si vive ancora con il concetto di Pater Familia, della comunità, delle tribù. La democrazia di cui parliamo é la scelta del leader su cui viene accordato per il bene comune e il meglio per il paese. Perciò dobbiamo rispettare le caratteristiche e le particolarità dei popoli senza voler applicare a loro sistemi di altri paesi.

Tutti parlano a nome dei siriani ma cosa vogliono i siriani stessi?

Fra Firas Lufti: C’erano da sempre ostacoli che impedivano il cambiamento e la modernizzazione del nostro paese, in primis la questione della liberazione dei nostri territori delle alture del Golan occupato. Fino ad oggi siamo in uno stato di guerra per difendere il nostro paese da un altro vicino che occupa i nostri terreni, malgrado le decine di risoluzioni delle Nazioni Unite che ribadiscono il nostro diritti ad averli. Il cittadino siriano bramava un sviluppo del paese a tutti i livelli, e vedeva nel presidente e nel governo attuale una vera speranza per questo cambiamento in un paese ricco di risorse ma colpito dalla crisi economica mondiale e dalla corruzione come in tanti altri paesi. Il paese di sicuro aveva bisogno di cambiamenti, alcuni già avviati e altri ritardati. Siamo tutti d’accordo sulla necessità di un cambiamento. La domanda però è: “Quale cambiamento?”. Per l’opposizione siriana esterna, rappresentata dalla coalizione nazionale e l’opposizione armata, questo cambiamento avviene attraverso la violenza con l’appoggio e l’intervento militare esterno dall’Occidente, mentre per il cittadino siriano, che ha sopportato di tutto in questi tre anni, questo fatto é completamente inaccettabile. Sarebbe violazione della sovranità del paese e del rispetto dell’indipendenza degli Stati sancito dalle Nazioni Unite…

L’Occidente ancora parla di una rivoluzione del popolo siriano?

Fra Firas Lufti: I siriani, in modo particolare i cristiani, dopo tutti questi eventi sono convinti che ciò che accade é una distruzione dello stato e non un cambiamento o miglioramento, e che si va verso la trasformazione di un sistema politico considerato dall’Occidente una dittatura laica ad un regime e dittatura religiosa di salafiti ed estremista. Forse all’inizio alcuni siriani si erano illusi, ma oggi tutto é più chiaro come rivelano i rapporti internazionali delle Nazioni Unite. Allora io da siriano potrei anche essere scontento di un mio governo, e non essere d’accordo con chi guida il mio paese, ma non capisco cosa c’entrano ceceni, afgani, libici, sauditi, a partecipare alla cosiddetta rivoluzione del mio paese. E mi chiedo pure: quale rivoluzione è questa se ci sono mercenari ed estremisti? Il cambiamento si fa per migliorare non per peggiorare. I cristiani vogliono un vero cambiamento radicale partendo da un riforma costituzionale, che è stata effettuata e approvata con un referendum e poi con una visione moderna del futuro del paese dove la religione é per Dio e il paese é di tutti.

Nel caso di Homs sono stati raggiunti alcuni accordi e tregue di cui non si ha notizia visto che sono stati ignorati dai media occidentali. Queste esperienze si potrebbero replicare in altre parti?

Fra Firas Lufti: Homs é una città famosa per i suoi cittadini pacifici e miti, auto ironici tanto da raccontare perfino barzellette su se stessi. Dopo l’uscita dei gruppi armati dalla città, la gente è ritornata di corsa per controllare le proprie case e abitazioni, ma purtroppo il 90% della città è stata distrutta. In ogni caso i palazzi si possono ricostruire mentre è più difficile ricostruire l’anima ferita e la fiducia nell’altro. Il popolo siriano è solido di natura e questa guerra ha danneggiato lo spirito dei cittadini sopratutto i bambini, testimoni di una violenza inaudita dove nel nome di Dio si uccide l’altro perché é nemico, essendo diverso per etnia e religione. Ben vengano allora tutti gli sforzi per una riconciliazione, per liberare un rapito o salvare una famiglia… Se sono riusciti a Homs sono sicuro che verranno replicati in altre zone.

Qual è la situazione dei siriani cristiani?

I siriani cristiani hanno goduto da sempre di una libertà religiosa, potevano praticare ed esercitare le loro funzioni liberamente dentro e fuori delle chiese, perfino in affollate processioni nelle strade durante il mese mariano o nella settimana santa. Ovvio che in alcuni casi si chiedono i permessi come in tutte le parti, avvisando le autorità per proteggere le funzioni, e questo è una cosa molto importanti perché esprime la tua fede nel rispetto delle altre fedi. Questa libertà religiosa è garantita perché la Siria è uno stato laico e non uno stato teocratico perché se lo fosse il siriano di fede cristiana sarebbe cittadino di serie B come in altri paesi arabi. E questo in una stato civile è una questione inaccettabile in uno società che crede nella cittadinanza nel quale io è te siamo pari, e malgrado la nostra diversa appartenenza etnica o religiosa, abbiamo gli stessi diritti e doveri. I cristiani in Siria e in tutto il Medio Oriente vorrebbero vivere in questo contesto sociale senza privilegi ma con parità e uguaglianza nella cittadinanza. No stante il numero dei siriani cristiani non sia altissimo, crediamo che il numero non è la misura, e non avevano mai subito persecuzioni e minacce quotidiane alla loro vita ed esistenza. Oggi le cose sono cambiate e l’esempio palese è la città di Al Raqaa dove ai cristiani viene richiesto il dazio per lasciarli in vita.

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Ecco “Perchè la Russia non interviene in Ucraina”…

        fonte: comedonchisciotte Un articolo che “si deve leggere”, tratto da worldcrisis.ru, che spiega perché la Russia non interviene in Ucraina. Lo scopo di questo articolo è fare un passo indietro, prima della crisi isterica, e fare una fredda analisi sul perché si è arrivati a questa situazione in Ucraina. Comincerò con i primi chiarimenti …

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Papaboys: “SOS SIRIA: LA STRUMENTALIZZAZIONE DEI MEDIA E DELLE POTENZE OCCIDENTALI”

fonte: Papaboys – don Salvatore Lazzara A proposito delle elezioni in Siria -ormai da tre anni sconvolta da guerre e lotte contro il popolo-, è necessario fare delle puntualizzazioni: 1) Quando i ribelli dell’opposizione hanno cominciato la protesta contro Hassd, erano siriani montati nelle moschee gestite dai Fratelli Musulmani e dai wahabbiti. Già esisteva un …

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Le elezioni’ siriane, il tentativo di delegittimazione occidentale e la ‘foglia di fico’.

Gli ‘amici della Siria’  dicono che la consultazione è ‘una farsa’ma le ragioni addotte non reggono. di Patrizio Ricci  -La Perfetta Letizia Manca poco: in patria si voterà domani, mentre all’estero le elezioni si sono già svolte. I candidati sono tre: Mahir Abdal Hafiz Hajar (deputato comunista); Hassan Abdallah al-Nuri (ex-ministro della funzione pubblica, deputato …

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La trascurata alleanza strategica tra Russia e Cina

10170842Dmitrij Minin Strategic Culture Foundation 29/05/2014

La visita del presidente russo Vladimir Putin a Shanghai, il 20-21 maggio, ha attirato l’attenzione di tutto il mondo ma per una serie di motivi, il suo significato non è stato ancora pienamente apprezzato. Sembra che l’occidente s’illuda sulla propria supremazia globale e preferisca non vedere l’alternativa emergente nella forma dell’alleanza russo-cinese.

A differenza delle pratiche passate però, Mosca e Pechino non vogliono avvisare gli avversari con forti, ma non sempre specificate, dichiarazioni, preferendo lavorare tranquillamente e metodicamente fornendo alle loro relazioni bilaterali un contenuto completo e pratico. La maggior parte delle notizie sulla visita di Putin è incentrata sul contratto sul gas, mentre gli aspetti militari, politici e strategici del vertice a Shanghai passano per lo più inosservati agli esperti. I critici riducono tutto alla fornitura di materie prime della Russia e alla “penetrazione” della Cina del mercato russo, ma il vero significato della visita è molto più profondo e può essere pienamente apprezzato solo dagli storici futuri.
Se leggiamo attentamente la “Dichiarazione congiunta della Federazione Russa e della Repubblica popolare cinese sulla una nuova fase dell’ampia partnership e delle relazioni strategiche” adottata dai capi di Stato, non è difficile vedere che il documento contiene numerosi elementi simili ad un accordo per la creazione di un’alleanza militare e politica, ma senza attuazione giuridica definitiva.

Dopo tutto, se la procedura di attuazione forse può essere svolta assai rapidamente, è molto più difficile mettersi d’accordo sui principi. Una sorta di accordo in standby è sempre pronto a partire, però. Russia e Cina hanno parlato del “nuovo tipo” di relazioni interstatali, sottolineando che “il risultato di un partenariato globale e della parità nella fiducia e cooperazione strategica ad un livello assai più elevato, sarà un fattore chiave nel garantire gli interessi vitali di entrambi i Paesi nel 21° secolo, con la creazione di un ordine mondiale giusto, armonioso e sicuro”. E questo dovrà ora essere preso in considerazione da tutti.

La dichiarazione congiunta delinea la filosofia generale dell’atteggiamento dei due Paesi verso i problemi globali attuali, indicando la natura fondamentalmente sana e biologica, piuttosto che opportunistica, della partnership. Dice, ad esempio, che “entrambi i Paesi continueranno a fornirsi un forte sostegno su questioni relative ad interessi fondamentali come sovranità, integrità territoriale e sicurezza.

Si oppongono a qualsiasi attentato e interventismo negli affari interni, e sostengono la stretta aderenza alle disposizioni fondamentali del diritto internazionale sancito dalla Carta delle Nazioni Unite, al rispetto incondizionato dei diritti dei loro partner a scegliere autonomamente la propria via di sviluppo, e al diritto di preservare e difendere i propri valori culturali, storici, etici e morali”. Si tratta del tristemente noto modello liberale ad ogni costo universalmente imposto dall’occidente.

Entrambi i Paesi sottolineano la necessità “di respingere il linguaggio delle sanzioni unilaterali, od organizzazione, favoreggiamento, finanziamento o incoraggiamento di attività volte a modificare il sistema costituzionale di un altro Paese oa trascinarlo in un qualsiasi blocco multilaterale o unione.” In altre parole, il rifiuto categorico delle numerose ‘rivoluzioni colorate’ orchestrate nel mondo dall’occidente e dell’espansione dei blocchi militari e politici tradizionali tipo NATO.

Il “nuovo tipo” di rapporti scelti da Mosca e Pechino è anche conveniente, perché non fornsice agli Stati Uniti alcun motivo o giustificazione per espandere il blocco. Nel processo, tuttavia, Cina e Russia permettono l’espansione della propria ‘proto-unione’ attraverso l’inserimento di un’altra potenza mondiale, l’India. Considerano l’interazione delle tre potenze “un fattore importante per garantire sicurezza e stabilità sia nella regione che nel mondo. Russia e Cina continueranno gli sforzi per rafforzare il dialogo strategico trilaterale aumentando la fiducia reciproca, sviluppando posizioni comuni su importanti questioni regionali e globali, e promuovendo una reciprocamente vantaggiosa cooperazione pratica”.

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Siria, le ‘mani’ di Washington sul conflitto: ribelli descrivono i campi di addestramento in Qatar sponsorizzati dagli USA

Cosa se non una guerra degli USA per procura? Ecco altre prove: Di Luca Lampugnani | 27.05.2014  fonte International Business Timess Se ancora servisse prova del coinvolgimento Statunitense nell’attuale protrarsi della crisi siriana, un documentario prodotto da FRONTLINE che sarà trasmesso dalla PBS potrebbe fugare ogni dubbio. Nel filmato, anticipa la Public Broadcasting Service stessa, …

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