L‘articolo di Adriano Dell’Asta su “La Nuova Europa”, pubblicato in seguito alla scomparsa dell’oppositore russo Navalny, mira a celebrarne l’impegno politico, ma attribuendo in modo precipitoso e non prudente la responsabilità della sua morte, si immerge in una narrazione eccessivamente polarizzata che offusca una visione equilibrata della realtà.
Questa interpretazione viene successivamente contraddetta persino dal capo dei servizi segreti ucraini, Budanov, che ha indicato una causa naturale per il decesso. Si è inoltre venuti a sapere che Navalny era coinvolto in trattative per un possibile scambio di prigionieri che avrebbe visto il suo rilascio in cambio di un membro dei servizi segreti russi detenuto in Germania. Queste informazioni aggiuntive mettono in luce come l’approccio fortemente polarizzato di Dell’Asta, possa oscurare una valutazione equilibrata e ponderata degli eventi, inclinando verso un’interpretazione affrettata e superficiale della realtà.
In linea con questa lettura fortemente pre-giudiziale la critica “all’oppressione in Russia”, si trasforma in un attacco generalizzato che non lascia spazio a una comprensione più approfondita delle dinamiche politiche e sociali all’opera. L’uso del termine “legione” per riferirsi al governo russo, evocando immagini di demoni, esemplifica un approccio che privilegia il livore rispetto all’analisi.
In un epoca storica in cui assistiamo alle compressione delle libertà individuali e all’emergere di un crescente controllo collettivo, in cui ruolo dei media è ridotto al modellare il pensiero comune verso una uniformità ideologica, dovrebbe essere fondamentale per le testate cattoliche ed in particolare a “Nuova Europa”- che ambisce a essere un collegamento tra l’Est e l’Ovest – presentare gli eventi in modo più dettagliato e sfaccettato. Tuttavia, con pubblicazioni come l’articolo di Dell’Asta, “Nuova Europa” sembra aderire alla narrativa predominante occidentale, trascurando le responsabilità dell’Occidente e ignorando gli sforzi della Russia di avvicinarsi all’Europa subito dopo il crollo del muro di Berlino.
La narrazione di Dell’Asta, pur volendo denunciare quella che considera una dittatura oppressiva, sembra cadere nella trappola di promuovere una nuova “religione” del pensiero unico, dove il dissenso e la critica vengono soffocati sotto il peso di un’ideologia dominante che l’occidente sembra aver adottato nei confronti della Russia. La questione diventa ancora più complessa quando si considera il ruolo di figure come Navalny, la cui lotta contro l’autocrazia e la corruzione in Russia è stata svolta dallo stesso attraverso prisma di un’agenda politica esterna, piuttosto che come un genuino e costruttivo tentativo riformatore.
La tragica vicenda di Navalny illustra i pericoli di una lotta per le convinzioni che non tengono conto della complessità del contesto in cui si opera. La sua associazione con figure e organizzazioni occidentali solleva interrogativi sulla genuinità e sull’efficacia del suo impegno per la democrazia in Russia. In questo contesto, il concetto di libertà, così centrale nella narrazione di Dell’Asta, appare distorto e ridotto a uno strumento di propaganda piuttosto che a un valore universale da difendere in ogni circostanza.
In definitiva, mentre l’articolo di Dell’Asta solleva questioni cruciali riguardanti la libertà e la democrazia, il suo approccio eccessivamente polarizzato e carico di animosità, soffoca una prospettiva cristiana di più ampio respiro, (perfino Gesù non si è contrapposto al potere politico esistente ma ha sfidato ogni potere sul piano culturale e religioso). In un momento storico in cui è essenziale riscoprire il vero significato delle parole e dei valori che ci guidano, una visione più equilibrata, non riduttiva e non caricaturale, è essenziale per affrontare le sfide del nostro tempo in maniera vera.
Infine, emerge la questione dell’efficacia di tale approccio rispetto agli obiettivi di Russia Cristiana e, più in generale, al processo di avvicinamento ecumenico tra le Chiese.Mentre padre Romano, fondatore di Russia Cristiana, diceva: “Non basta essere esperti di Russia. Se vuoi aiutare la Russia, solo la comunità cristiana può farlo. Se non vai dall’esperienza della chiesa, puoi, ovviamente, registrare ciò che sta accadendo in Russia, ma non sarai in grado di realizzare il tuo compito: costruire un ponte tra noi e la Russia. Solo offrendo loro la tua esperienza ecclesiale potrai interagire con loro” (Blagovest).
In definitiva , la posizione di Dell’Asta, che si discosta dagli insegnamenti di Padre Scalfi e di Luigi Giussani, rischia di creare una profonda divisione tra la Chiesa Ortodossa Russa, il governo russo e gli obiettivi perseguiti dagli eredi di Padre Scalfi. Un dialogo costruttivo, la valorizzazione del positivo e un atteggiamento di apertura sono fondamentali per colmare le distanze e promuovere un’autentica comprensione reciproca, elementi essenziali per il progresso della missione ecumenica e per il rafforzamento dei legami fraterni tra le comunità di fede, che dovrebbe essere il compito principale e la preoccupazione dei promotori di tali iniziative.