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Di recente, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha twittato: “La Corea del Nord è in cerca di guai. Se la Cina decide di aiutarci, sarebbe ottimo. Altrimenti, risolveremo il problema senza di loro! U.S.A.”
Il giorno dopo, l’agenzia di stampa giapponese Kyodo Tsushin ha rilasciato un rapporto in cui si afferma che all’inizio di aprile il portavoce del Dipartimento di Stato americano ha portato all’attenzione del governo giapponese che se la Cina non costringerà la Corea del Nord a terminare il proprio programma missilistico nucleare, l’America attaccherà Pyongyang da sola.
La notizia ha provocato un’enorme confusione tra gli analisti, sebbene alcuni di essi sono convinti si tratti di un tentativo per mettere pressione alla Cina sulla scia del recente attacco missilistico contro la Siria, che avrebbe simili obbiettivi, o in alternativa che si abbia a che fare con un tentativo di “sconfiggere la Corea del Nord con le sue stesse armi”, dato che fino ad oggi Pyongyang è stata dipinta come una forza pericolosa quanto imprevedibile, ed ora Donald Trump si sta comportando esattamente nello stesso modo.
Purtroppo, c’è una lunga serie di motivi per credere che un attacco americano contro la Corea del Nord sia una minaccia reale, e non solo un ipotetico tentativo di fare pressione su altri Stati.
Una simile aggressione sarebbe in linea con i tentativi di Trump di rafforzare la propria posizione a Washington, in quanto costantemente incalzato dai media, che sostengono che sarebbe stato “eletto da Putin” per adottare politiche di cui possano beneficiare la Russia ed i suoi alleati, tra i quali la Corea del Nord. In tale situazione, Trump è costretto a tenere una posizione estremamente antirussa, il che non è questione di scelta personale, quanto di mera sopravvivenza politica. Inoltre, essendo un politico populista, Trump ha una tendenza naturale a fingersi aggressivo, combattendo i “fuorilegge” del mondo. Il risultato è che le sue azioni fanno ricordare i passi presi da Lyndon Johnson, che inviò truppe in Vietnam nel tentativo di rafforzare l’immagine globale degli Stati Uniti.
Inoltre, per l’uomo d’affari Trump, la situazione politica interna e lo scambio di azioni di politica estera in cambio di appoggio alle sue iniziative di politica interna, sono combinazione proficua.
C’è poi un ulteriore fattore che può influenzare la decisione di lanciare un’aggressione militare contro la Corea del Nord, fattore che si può definire “crisi d’incompetenza”. I politici americani spesso usano la forza quando non hanno alternative percorribili, ma con Trump tutto è complicato dal fatto che, essendo lui un politico anti-establishment improvvisamente trasformatosi in pro-establishment, il cerchio dei suoi consiglieri è piuttosto ristretto, nonché composto di personaggi singolari; si può addirittura affermare che tale cerchio non sia ancora del tutto formato.
Inoltre, i media occidentali hanno fortemente demonizzato Pyongyang, per cui ogni tipo di negoziazione col governo di Kim Jong-un sarebbe visto come un patto col diavolo. L’amministrazione Trump può quindi prendersi questo rischio, specie nella situazione in cui si trova. Se poi aggiungiamo che la Corea del Sud continua a sostenere (in realtà lo fa da oltre due decenni) che Pyongyang è sull’orlo del collasso, ecco che vien fuori un quadro chiaro di cosa Washington stia preparando.
Al ritmo con cui la Corea del Nord sta sviluppando il proprio programma missilistico nucleare, col tempo verrebbe meno la possibilità di un attacco americano contro di essa. Kim Jong-un probabilmente conta sul fatto che non appena la Corea raggiungesse un certo grado di affidabilità in quanto a deterrente nucleare, il prezzo che gli Stati Uniti dovrebbero pagare per aggredirli sarebbe troppo alto. Ma per questa stessa ragione, rinviare l’attacco sarebbe la peggiore delle scelte possibili per l’attuale amministrazione americana.
Al tempo stesso, applicando a questa situazione il più freddo pragmatismo, gli Stati Uniti agiranno nel modo più rapido possibile, al fine di massimizzare le probabilità di successi in un potenziale conflitto con Pyongyang. E dal momento che nelle operazioni militare gli Stati Uniti hanno sempre dato la massima priorità a massimizzare la propria efficienza al cospetto dell’opinione pubblica e minimizzare le proprie perdite, è ragionevole pensare che l’attacco sia imminente, contando anche le massicce manovre militari in corso nella Corea del Sud, che significherebbe per gli Stati Uniti un grosso risparmio di tempo nello schieramento delle proprie truppe.
E anche nel caso che la Corea del Nord si riveli più forte del previsto, dal punto di vista del cinismo politico gli Stati Uniti potranno comunque raccogliere dei successi politici, anche qualora Pyongyang reagisse ad un’aggressione americana con massicci attacchi contro Corea del Sud e Giappone (al momento, la Corea del Nord non dispone di mezzi affidabili in grado di attaccare nuclearmente il territorio statunitense). Tali azioni da parte di Pyongyang renderebbero la Corea del Nord un aggressore agli occhi della comunità internazionale, il che servirebbe da scusa per un’ulteriore escalation, incluso l’utilizzo di armi atomiche.
In secondo luogo, dal punto di vista de “Rendere l’America di nuovo grande”, Corea del Sud e Giappone sono visti come concorrenti economici degli USA. Nell’eventualità di un conflitto in cui la Corea del Nord infliggesse pesanti danni a questi paesi, la loro capacità di concorrenza economica nei confronti degli Stati Uniti sarebbe fortemente ridotta, rendendoli ancora più dipendenti dagli USA. Formalmente, gli Stati Uniti non attaccherebbero direttamente i loro concorrenti, ma si limiterebbero a creare una situazione in cui le loro aspirazioni economiche vengano affondate da un nemico degli USA stessi.
Ovviamente si possono addurre argomenti a sostegno del fatto che non ci sarà alcuna guerra. Il pericolo principale è che la situazione potrebbe peggiorare molto rapidamente in una Seconda Guerra di Corea, e da lì in una Terza Guerra Mondiale. E non dovremmo nemmeno sopravvalutare il cinismo americano né la capacità di Washington di riflettere su strategie tanto complesse.
Comunque sia, lo scopo di questo articolo è di attirare l’attenzione sull’alta probabilità di un esito bellico, senza alcuna retorica politica.
E’ chiaro che la pace richiede un impegno da ambo le parti, in quanto un ennesimo test nucleare o balistico intercontinentale da parte nordcoreana potrebbe provocare una rapida reazione militare statunitense, specialmente se accompagnata da qualche false-flag, come un attacco chimico o rapporti indicanti che Kim Jong-un starebbe costruendo una “arma di fine di mondo” in un bunker sotterraneo.
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Articolo di Konstantin Asmolov pubblicato su New Eastern Outlook il 14 aprile 2017
Traduzione in italiano a cura di Spart@k per Sakeritalia.it
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