Chi ha inventato il cono gelato?

In una passata edizione di The Great British Bake Off, si diceva che, a determinare la nascita del cono gelato, fu il colera.
Una affermazione un po’ colorita ottima per catturare l’attenzione del pubblico, ma non campata per aria – soprattutto se ci si riferisce a un’area geografica (l’Inghilterra) in cui i gelati d’asporto venivano serviti dentro a un coso che – nomen omen – si chiamava penny lick.

Il perché della parola “penny”, è facile da capire: al ragionevole costo d’un penny, potevi accaparrarti una porzione.
“Lick” – aehm – sta a significare proprio ciò che la parola sembrerebbe suggerire. Il gelato veniva servito, senza cucchiaino, in un bicchierino di vetro dalle dimensioni così piccole che bastavano un paio di (letterali!) leccate per svuotarlo e poi restituirlo al gelataio.

Eccheschifo, mi direte voi.
E io concordo: anche perché il gelataio ambulante, che se ne andava a spasso per le strade di Londra con il suo carretto, non era ovviamente attrezzato per lavare e igienizzare i bicchierini che i clienti via via gli restituivano. Ce la si cavava con una sbrigativa passata in un mastello d’acqua, giusto per eliminare dalla coppetta i residui di crema – insomma, si immergeva ‘sti cosi in una specie di liquido di coltura in cui avevano ristagnato per tutto il giorno frammenti di gelato, batteri, gocce di saliva altrui, e altri batteri.

Forse non sarà stato il penny lick la causa principale delle grandi di colera e tubercolosi che hanno funestato l’Inghilterra dell’Ottocento, ma ‘nsomma, diciamo che sicuramente non ha nemmeno aiutato. Non stupisce scoprire che, nel 1898, il penny lick fu messo al bando, costringendo i gelatai inglesi a inventarsi una qualche altra soluzione.

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E di soluzioni ce n’erano pure – solo che erano una più scomoda dell’altra.
A Vicenza, una gelateria di fine ‘800 poggiava la porzione di gelato all’interno di foglie di vite arrotolate su se stesse, a mo’ di cono.
In Austria, gli ambulanti te lo spatasciavano su un pezzo di cartone da leccare.
In Germania, chi voleva mangiare un gelato d’asporto doveva partire di casa con un bicchiere in saccoccia, farselo riempire dal gelataio, e poi riportarselo a casa tutto umidiccio e zozzo.
Ma nulla di tutto ciò era pratico – né commestibile.
Urgeva assolutamente trovare una soluzione.

Agnes Mashall Regina dei GelatiLa prima ad avvicinarcisi fu Agnes Marshall, colei che, non a caso, tra gli Inglesi è nota come “la Regina dei Gelati”. Cuoca-diva che ebbe all’attivo svariate collaborazioni editoriali con riviste femminili e fu autrice di un ricettario best-seller per l’epoca, se fosse vissuta ai giorni nostri sarebbe probabilmente una star della televisione. All’epoca, Agnes diventò nota come eccellente cuoca specializzata soprattutto nella produzione dei dessert e dei dessert refrigerati: gelati, ‘nsomma. E nel suo popolarissimo Book of Cookery compare per la prima volta la ricetta per quello che è – a tutti gli effetti – il nonno del cono gelato: cioè, un piccolo cornetto fatto di pasta di mandorle, da riempire con sorbetti, creme, gelato o macedonia di frutti.

Ma se Agnes parlava alle casalinghe vittoriane desiderose di impiattare il loro gelato in un cornetto home-made, il merito di aver sviluppato su scala industriale la produzione di un contenitore edibile per gelati va ai pasticceri statunitensi.
E, in particolar modo, ad uno nello specifico.
Che era un immigrato italiano, pensa un po’.
Nato a Peaio di Vodo di Cadore nel dicembre 1868, l’inventore del cono gelato si chiamava Italo Marchioni. Emigrato negli States alla ricerca di fortuna, in effetti la trova: il 15 dicembre 1903 brevetta (con la US patent 746971) un macchinario in grado di creare piccole tazze di cialda atte contenere il gelato.

Italo Marchioni Brevetto

Si trattava di vere e proprie tazzine, con tanto di manico: più che “coni gelato”, erano qualcosa di simile a una “Coppa del Nonno” di biscotto. Ad ogni modo, il dado era tratto e l’idea era lanciata. Mentre Marchioni veniva portato in tribunale dal cugino, suo ex socio in affari, che lo accusava di avergli rubato l’idea primigenia di servire il gelato in una cialda edibile (chissà poi chi aveva ragione), la tazzina conquistava il mondo con la sua praticità. Ben presto si sarebbe trasformata in una ancor più pratica sfoglia di cialda da arrotolare su se stessa quand’era ancora calda: il cono gelato era nato ufficialmente.

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E il gelato-biscotto (quello, per intenderci, à la Cucciolone, cioè un gelato racchiuso tra due biscotti, tipo panino)?
Sorpresa: anche in questo caso, a inventarlo fu un Italiano.
O meglio: due.

Verso la fine del ‘700, fu Alessandro Torloni, americano emigrato a Parigi, a cominciare a servire nel suo locale dei biscotti imbottiti di una crema gelato al gusto di rhum e amaretti.
Fu un successo dirompente… ma non di lunga data, ché la moda divampò e poi calò nell’arco di qualche tempo. A prendere il testimone di Torloni fu, verso la fine dell’800, il ligure Giovanni Torre, originario di Bussana, suggestivo borgo medievale nell’entroterra d’Imperia che fu distrutto, a fine secolo, da un disastroso terremoto. Qui potete leggere un articolo che dedicavo al paesello; ai nostri fini, basterà dire che (sopravvissuto al sisma; costretto, ovviamente, ad abbandonare la sua casa; intascati i soldi che il governo aveva donato ai terremotati per aiutarli a ripartire da zero) il gelataio Torre decise di emigrare… e finì pure lui sulle rive della Senna. Erano i primi anni del Novecento, e Torre rese nuovamente popolare il gelato a biscotto, modello panino.

Rilanciando una moda – questa volta sì – destinata a durare.

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