I figuranti scelti presso una struttura d’accoglienza di Chieti e Gesù bambino è una femminuccia.
Oggi nello storico presepe vivente a Chieti il Comune ha preso la decisione di scegliere come figurante per la rappresentazione della Vergine Maria una ragazza di colore nigeriana salvata dal racket della prostituzione. Ed il bambino Gesù non è un bambino ma una bambina, figlia della donna, naturalmente anche lei di colore. Per finire San Giuseppe è un ex tossicodipendente.
In proposito, la polemica divampa in città ed un fitto dibattito è in corso sulla pagina social facebook “Chieti su Facebook”. Molti cittadini si sentono offesi ed hanno preso la decisione di disertare la rappresentazione.
La perplessità e lo scoramento per la decisione del Comune, è condivisibile: qui non si tratta di essere razzisti o sessisti ma mi pare che sarebbe stata questa scelta legittima se non pretendesse di far passare altri messaggi che sono del tutto evidenti. Ovviamente questi messaggi seguono diligentemente il filone del ‘nuovo’ che vuole l’esaltazione dei migranti e che l’uomo e la donna sono intercambiabili se ci si ama.
E’ chiaro che la scelta della Madonna nera sarebbe stata del tutto legittima in Africa, anzi sarebbe stata una cosa comprensibile (anche noi rappresentiamo Maria con italiani e così via nei vari paesi del mondo) ma probabilmente meno qui. Non discuto neanche della perfetta buona fede della ragazza o dell’interprete di San Giuseppe; invece a mio avviso, è soprattutto il movente ed il significato palese della scelta degli organizzatori che rende il tutto criticabile. Tutto ciò è reso evidente ancor più esplicitamente dall’interpretazione di Gesù da parte di una bambina, naturalmente ignara…
Questa la risposta degli organizzatori visibile sulla pagina internet della TV locale Rete 8:
“La scelta dei tre protagonisti del nostro presepe vivente di Chieti per noi è altamente simbolica”. Così Luca Fortunato, responsabile della Capanna di Betlemme della Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23) di Chieti, commenta la polemica nata dalla decisione di affidare a una donna di colore e alla sua bimba di sette mesi il ruolo di Maria e di Gesù Bambino nel presepe vivente in programma domani a Chieti. “Giuseppe, Maria e Gesù Bambino saranno impersonati da Emanuele Ferraro, Joy Peter, giovane nigeriana, e sua figlia Princess. Sono tutti ospiti della struttura ‘Capanna di Betlemme’ di Chieti gestita dalla nostra Comunità fondata da don Oreste Benzi e rappresentano la missione che portiamo avanti da 50 anni: lottare contro le ingiustizie. Joy, infatti, era una ragazza di strada, una schiava degli anni 2000. Oggi, dopo aver incontrato la Comunità, lavora e si è costruita una famiglia. Anche il ‘nostro’ San Giuseppe era schiavo della droga e oggi è diventato un volontario e aiuta chi, come lui, è ‘caduto’ e vuole rialzarsi. Sono due storie che rappresentano una rinascita, una resurrezione, un ritorno alla vita: associarli alla Natività ci è sembrato del tutto naturale”.
Quindi siamo alle solite, un déjà-vu che negli ultimi tempi ci mostra conseguenze sempre più estreme e dolorose. Sono segni sempre più frequenti del declivio in cui sta precipitando non solo la fede ma anche la ragione. In questo caso, la contemplazione piena di stupore dei pastori e dei magi e di San Giuseppe e di Maria di fronte al Bambino Gesù, è sostituita dall’identità degli interpreti, cioè di qualcosa che riporta a sé e non a un Altro. Il ‘Tu’ che rende possibile il cammino di redenzione è sostituito da un generico amore, dalla lotta alle ingiustizie sociali e di genere, da fattori che non sono il centro della nostra fede.
Ma perché accade questo? Probabilmente è perché il simbolo di questa Redenzione è un segno che sempre più viene considerato ‘divisivo’. Si sostituisce così alla immagine tradizionale del bambino Gesù con ciò che sarebbe venuto a lenire o correggere. La scelta è evidentemente per valori ‘meglio comprensibili’. Ma paradossalmente per essere più umani, si elimina il solo che può compiere questa Redenzione. In definitiva, per gli autori di tali scelte, non basta che Gesù si sia fatto uomo in un ventre di donna, l’Immacolata; occorre invece rendere questo fatto ancor più umano. Come fare? La creatività degli autori si è manifestata riducendo la Bellezza del Presepe di San Francesco ad un dialogo che non parla che non di sé stessi.