Il Washington Post nell’articolo Ukraine Marines recount deadly mission to free towns east of Dnieper River riporta che i marines ucraini hanno partecipato a una pericolosa operazione per riconquistare città situate ad est del fiume Dnepr:
L’importante quotidiano statunitense riporta che durante la sua prima incursione oltre il Dnepr, un giovane soldato ucraino di 21 anni si era preparato mentalmente all’eventualità della morte. La sua squadra era stata inviata lì con l’obiettivo di riprendere il controllo delle aree sotto occupazione russa. In un periodo di stallo nella loro controffensiva, i leader militari e politici ucraini erano impazienti di dimostrare ai loro alleati occidentali anche il minimo progresso. Il Marine Dmitry, il cui cognome non è stato divulgato per rispettare le normative militari ucraine, ha percepito che attraversare quel fiume pericoloso era servito principalmente a inviare un messaggio politico.
Viene quindi descritto come Dmitrij ha paragonato la sua esperienza nell’operazione a quella di essere stato “gettato ai lupi” durante l’attraversamento del fiume, che durò da mezz’ora a un’ora. Altri sei partecipanti all’operazione per assicurare la riva est del fiume, occupata dai russi, hanno confermato il suo racconto. Un altro marine, di 22 anni, ha parlato delle numerose perdite subite. “Stiamo perdendo molte vite senza ottenere risultati tangibili”, ha detto. I marines erano frustrati dalle affermazioni ottimistiche del ministero degli Esteri ucraino, che aveva dichiarato a novembre di aver guadagnato posizioni lungo il Dnepr. Hanno raccontato di soldati feriti che annegavano, incapaci di nuotare a causa delle ferite, o trascinati sul fondo dal peso dei loro zaini. L’attraversamento era così pericoloso che i corpi di alcuni marines uccisi nella prima ondata, avvenuta due mesi prima, erano ancora lì.
Il Washington Post prosegue dicendo che l’Ucraina non ha rivelato il numero totale delle sue perdite militari né ha specificato quanti marines sono morti nell’operazione, che ha portato alla conquista di una piccola area, inclusa una posizione strategica nel villaggio di pescatori di Krynki.
Il giornale riferisce che un rappresentante del Corpo dei Marines ucraini ha preferito non commentare, scegliendo di mantenere il silenzio sull’argomento. Nonostante ciò, è stato ammesso che i successi ottenuti sono stati limitati. “Non abbiamo liberato villaggi sulla sponda orientale”, ha affermato il capitano Natalia Gumenyuk, a capo del centro stampa delle Forze di difesa dell’Ucraina meridionale. La linea del fronte in quella zona è rimasta quasi invariata dalla riconquista di Kherson. Verso la fine dell’estate, è stata lanciata una nuova missione, in cui precaria è stata l’assistenza e le munizioni occidentali e quindi le vite dei marines e dei soldati ne hanno subito grave pregiudizio.
Proseguendo, viene riferito che preparandosi per la missione, Dmitrij racconta altri particolari sulla parte operativa della missione, in una atmosfera in cui aleggia in modo preponderante la sfiducia ed i dubbi sull’utilità del rischio che ha dovuto affrontare.
La pubblicazione statunitense, proseguendo il racconto, riporta che l’obiettivo era avanzare verso Krynki, a 20 miglia a monte di Kherson, un luogo che Dmitrij aveva visitato in passato con i suoi genitori. Dmitrij ricordava le recinzioni nuove e i piccoli negozi, ora ridotti a cumuli di macerie. Le immagini della guerra si intrecciano con il suo passato famigliare e con gli affetti.
Inoltre, viene riportata l’esperienza di Johnson, un quarantenne a capo di un’unità di intelligence, conosceva bene quella sensazione. Nel luglio precedente, aveva ricevuto l’incarico di bonificare le isole che Dmitrij avrebbe dovuto attraversare. Questo compito lo aveva portato a valicare il fiume sei volte, l’ultima in ottobre. Il suo gruppo di ricognizione aveva difficoltà a muoversi in barca attraverso le paludi basse. Johnson spesso doveva trascinare l’imbarcazione per 65 piedi per raggiungere acque più profonde. Notò la difficoltà estrema della traversata. Le posizioni dove dovevano sistemarsi erano poco profonde e difficili da fortificare, e non era possibile accendere fuochi. I vestiti rimanevano umidi e freddi.
Viene testimoniato che nonostante gli ucraini fossero riusciti a riconquistare le isole, il costo era stato elevato. Il comandante di Johnson era morto a settembre a causa dell’esplosione di una granata. I marines che continuavano a attraversare il confine erano ancora esposti a gravi pericoli, secondo Johnson. “La situazione è insostenibile al momento”, disse. “Non vorrei trovarmi nella loro posizione.” Sulla riva, le onde si infrangevano contro la riva e il terreno paludoso si muoveva al soffio del vento. Dmitry guardò il suo compagno che imprecava. “Questo piano è un disastro”, concluse, esprimendosi con un’esclamazione forte. (... la descrizione completa fornisce ulteriori particolari, sempre dello stesso segno)
Considerazioni
La narrazione di Dmitrij, come riportata dal Washington Times, offre un riassunto incisivo dell’esperienza vissuta. La scelta di includere questo racconto da parte del giornale statunitense non è affatto casuale, ma piuttosto un tentativo deliberato di fornire uno spaccato autentico sulle incongruità e irragionevolezza delle decisioni politiche attuali. In fondo, non è difficile: basta aprire una finestra su ciò che realmente sta succedendo.
Partire dai fatti. Partire dai fatti dà l’opportunità al lettore di farsi la propria idea e di non seguire le narrazioni obbligate dagli schieramenti, condizionate dalle alleanze. Tuttavia, è importante ricordare che si può avere una posizione, ma questa non deve mai confliggere fino a stravolgere la verità dei fatti.