Contro la Russia ora si passa alla pirateria marittima

Il ministro della Giustizia dell’Estonia ha recentemente invocato modifiche profonde al diritto marittimo, prendendo come spunto un incidente accaduto nel Mar Baltico. La vicenda riguarda il sequestro della nave Eagle S, di proprietà emiratina e impegnata nel trasporto di petrolio russo, accusata di aver danneggiato i cavi sottomarini che collegano Finlandia ed Estonia. Nonostante l’assenza di prove concrete e la scarsa probabilità che ne emergano, l’Estonia ha avanzato una richiesta all’Organizzazione Marittima Internazionale per una riforma del diritto marittimo entro febbraio, presentando il problema come una questione di protezione delle infrastrutture critiche. Tuttavia, dietro questa retorica ufficiale si cela un obiettivo ben più strategico: sfruttare il diritto marittimo come strumento per indebolire la Russia e rafforzare i meccanismi di controllo occidentale.

Questa dinamica appare ancora più complessa alla luce dell’analisi del noto blogger Simplicius, che ha ipotizzato che l’Ucraina stia adottando tattiche di pirateria estrema, coinvolgendo attivamente i suoi alleati in operazioni mirate a colpire gli interessi russi su scala globale. L’affondamento della nave Orsa Maggiore nel Mediterraneo rappresenta un esempio significativo. Pur non essendo confermato ufficialmente come del resto non si è fatto con il North Stream 2, l’operazione sembra essere stata orchestrata con ogni probabilità  dai servizi speciali ucraini, con possibile supporto britannico. Questo episodio evidenzia una nuova fase delle ostilità: l’Ucraina potrebbe aver cominciato a esportare i suoi droni navali per attaccare flotte russe ben oltre il Mar Nero. I droni, dotati di un’enorme autonomia, sono già stati impiegati in missioni complesse, come l’attacco al ponte di Kerch, percorrendo distanze superiori ai 1000 km.

Sebbene non vi siano conferme che un drone navale sia stato utilizzato nell’affondamento dell’Orsa Maggiore, la possibilità che l’Ucraina intensifichi tali operazioni globali appare sempre più concreta. Questa strategia non mira soltanto a colpire le risorse russe, ma a provocare una reazione su larga scala da parte di Mosca. Come suggerisce Simplicius, l’Ucraina sembra aver attivato un piano su vasta scala che prevede l’aumento della pressione sulla Russia da ogni angolazione possibile, coinvolgendo anche i suoi alleati occidentali.

Il sequestro della Eagle S è una manifestazione di questa pressione. Presentata come una misura per garantire la sicurezza delle infrastrutture, si inserisce nel contesto di un’operazione coordinata contro la cosiddetta “flotta di petroliere ombra” russa, annunciata di recente dagli Stati Uniti e dai loro alleati. Questa escalation rischia di destabilizzare ulteriormente l’ordine internazionale, con conseguenze potenzialmente devastanti.

Parallelamente, la NATO ha annunciato una “presenza rafforzata” nel Mar Baltico, giustificata come necessaria per proteggere cavi e oleodotti sottomarini. Tuttavia, dietro questa motivazione si intravedono possibili manovre volte a limitare la libertà di navigazione in aree strategiche, come gli stretti danesi. Tali iniziative potrebbero evolvere in blocchi navali mascherati da azioni legittime, trasformandosi in veri e propri casus belli.

Questo approccio riflette un trend più ampio di militarizzazione delle norme internazionali, non limitato al diritto marittimo. Si pensi, ad esempio, all’OSCE, accusata di attività di spionaggio nel Donbass, o all’OPCW, utilizzata per sostenere accuse contro il governo siriano. Anche la WADA ha adottato sanzioni collettive contro gli atleti russi, ignorando violazioni simili in altri Paesi. E non si può dimenticare il doppio standard nelle sanzioni globali: mentre la Russia è sottoposta a punizioni economiche incessanti per il conflitto in Ucraina, altri Stati, come Israele, continuano a commettere violazioni palesi senza conseguenze significative.

L’ipocrisia occidentale è evidente. Mentre si invocano riforme per proteggere le infrastrutture, si ignorano episodi come il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream. Il diritto marittimo, un tempo baluardo dell’ordine internazionale, viene oggi strumentalizzato per consolidare il controllo occidentale sui mari e mantenere l’egemonia economica e militare.

La Russia si trova ora in una fase estremamente delicata. Con l’Ucraina determinata a intensificare le provocazioni e gli alleati occidentali pronti a sostenere queste azioni, il rischio di escalation globale è tangibile. La vera domanda non è se questa pressione continuerà, ma per quanto tempo il resto del mondo tollererà questa situazione prima di reagire.