Riporto di seguito l’aggiornamento (Sitrep) sui fronti siriani del sito di Saker Italia:
Innanzitutto possiamo dire che non ci siano state battaglie di rilievo, non è partita l’offensiva per la liberazione della sacca di Idlib e non si sono manifestate modificazioni nei confini dei fronti.
Da segnalare vi sono gli sviluppi interni, un nuovo attacco di Israele e i combattimenti che avvengono regolarmente sui vari fronti anche se non attivi, diciamo in “silenzio operativo”.
Il giorno 13 aprile verso le ore 4 locali, le forze aeree israeliane hanno compiuto un raid aereo sulla città di Masyaf.
Questa città rappresenta un obbiettivo importante non soltanto per le basi militari vicine, ma perchè in una di queste sono in corso di addestramento gli ufficiali e i tecnici siriani che dovranno operare sui moderni e sofisticati sistemi S300. Non sono ancora operativi in Siria.
Ricordo che una sola batteria, composta dai sistemi radar e 4 lanciatori, è stata consegnata alla Siria dalla Russia a seguito dell’abbattimento di un volo militare russo: un aereo radar IL-20 con 12 militari a bordo, il 17 settembre 2018.
La tattica di avvicinamento israeliana appare collaudata da tempo immemorabile. Lo sfruttamento dei cieli libanesi, da sempre corridoio libero di penetrazione nel territorio siriano, ha permesso ai caccia di Tel Aviv di arrivare in prossimità degli obbiettivi, capannoni militari dove si presume fossero installati centri di produzione e studio di sistemi missilistici siriani.
Oltre ai capannoni, o all’interno degli stessi, è stato distrutto un sistema di lancio M-600 Maysaloun siriano, missile derivato dal Fateh-110 iraniano.
https://en.wikipedia.org/wiki/Fateh-110
L’articolo diffuso da stampa specializzata israeliana parla di un centro ricerche finalizzato alla produzione e studio di carburante missilistico solido. Vi sarebbero stati coinvolti, oltre a tecnici siriani, personale esperto bielorusso e nordcoreano.
Non ci dobbiamo stupire dell’inutilizzo dei sistemi S300 in quanto ancora i lanciatori non sono posizionati per il loro utilizzo, ma risultano schierati a riposo all’interno della base. Divengono operativi quando poi vengono schierati in maniera differente, con i lanciatori allontanati dai radar e dal centro comando, ognuno protetto da sistemi secondari di lancio e da protezioni passive. L’allontanamento tra loro, possibile fino a 60 Km dal centro controllo, massimizza la copertura e protezione dei sistemi.
I caccia israeliani avrebbero utilizzato GBU-53 SDB, le bombe a planata con portata superiore a 100 Km (110 stimati), pertanto avrebbero agito ben addentro al territorio libanese, sfruttando l’assenza di sistemi di rilevamento siriani in zona e alla conformazione del terreno per nascondersi e portarsi in zona di attacco senza essere rilevati.
Masyaf dista circa 45 Km dal confine con il Libano, è garantito pertanto un ampio margine di sicurezza ai caccia di Telaviv.
Dopo il lancio si sono allontanati uscendo facilmente dalla portata di qualunque sistema antiaereo siriano.
Le difese siriane si sono attivate comunque intercettando alcuni ordigni in volo, ma come sappiamo non possono intercettarli tutti.
Resta pacifico un fatto: una sola batteria di lanciatori S300 non modifica che in parte gli equilibri nei cieli siriani, e non copre che in minima parte il territorio siriano, ne occorrono diverse e devono essere ben integrate in un moderno sistema di gestione dello scenario bellico e multi livello.
Non ho trovato conferme a supporto dell’uso da parte di Tel Aviv di nuovi sistemi “Rampage”, missili supersonici dalle caratteristiche di bassissima rilevabilità radar, lunga gittata operativa ed elevata velocità, caratteristiche che ne elevano l’utilizzo efficace di fronte a difese aeree siriane ora molto più precise nel colpire i tradizionali ordigni lanciati.
Con la fine delle grandi operazioni belliche tornano a farsi sentire i problemi causati dalla crisi economica dovuta alla guerra.
Le sanzioni che isolano il paese, la mancanza di un risarcimento al paese stesso da parte delle potenze che hanno causato la disastrosa guerra, il furto delle risorse petrolifere ad opera delle forze mercenarie USA operanti nell’est del Paese, YPG e SDF, che hanno portato alla occupazione di tutto il territorio ad est del fiume Eufrate e dei pozzi Omar, la più grande riserva petrolifera della Siria, causano una depressione economica nel Paese senza precedenti.
Il progressivo congedo dei militari, che hanno combattuto per anni, riporta a casa persone desiderose di trovare una nuova occupazione e si trovano ora un Paese distrutto e la mancanza dei fondi necessari ad una ricostruzione adeguata.
La ricostruzione infatti procede, ma non nella misura necessaria a rioccupare la popolazione. Si è quindi verificata una crisi dei carburanti per autotrazione ora molto più richiesti dai civili. I carburanti scarseggiano per la mancanza di materia prima interna e l’impossibilità del suo acquisto al di fuori del Paese.
Intervengono pertanto paesi legati da amicizia ed alleanza con la Siria per portare nuovi aiuti.
Il Ministro degli esteri Javad Zarif è stato in visita a Damasco, dove ha incontrato il Presidente Assad (giorno 16 aprile), i due hanno discusso di vari argomenti, degli aiuti necessari alla Siria e del progetto iraniano di costruire una nuova ferrovia per il collegamento al Mar mediterraneo tra Iran-Iraq e Siria, progetto di estremo interesse al fine di garantire uno sbocco sicuro al mare per merci e prodotti iraniani.
Le difficoltà energetiche siriane sono sicuramente state oggetto di discussione, nonostante alcune fonti avessero annunciato che la petroliera iraniana Stark I fosse diretta in Siria. Abbiamo verificato che la sua rotta non fosse verso Latakia ma che stesse proseguendo verso la Turchia, al momento si trova infatti al largo delle isole greche e sta transitando ad est di Lero in direzione nord.
La crisi del carburante causa code lunghissime ai distributori riforniti, sono scene che ci riportano alle crisi petrolifere degli anni ’70.
Naturalmente in questo la Siria non può fare molto. Avevamo purtroppo visto bene che la cattura dei pozzi fosse una mossa spietata proiettata nel futuro, per causare appunto danni all’economia siriana già dissanguata dalla guerra.
Gli Usa si dimostrano una volta ancora spietati contro la popolazione civile.
Gli USA stanno oltretutto agendo sul Libano affinché si distacchi dalla Siria, la recente visita di Pompeo era tutta improntata alle minacce contro il governo di Beirut per ottenere l’isolamento siriano e di Hezbollah. L’invio di materiale bellico per l’esercito libanese appare finalizzato al controllo sulle decisioni del Governo, ingerenze inaccettabili che avvengono nel solito silenzio europeo.
Nonostante ciò, il Libano inizia la fornitura di carburanti alla Siria, a dispetto delle minacce di Washington. Non si tratta di grandi quantità, ma di un forte segnale di amicizia e collaborazione.
In cambio dei carburanti la Siria si impegna a fornire, grazie alle sue centrali, energia elettrica per il Libano.
La presenza ISIS nell’est del Paese, nella provincia di Deir Ezzour, si è fatta sempre più minacciosa ora che oltre il fiume è stata cancellata ogni sua presenza(forse) dalle truppe mercenarie di Washington.
La famosa sacca di Al Suknah è ancora li, quasi dimenticata, ma ogni tanto torna a mordere con fauci avvelenate. Utilizzando come base il deserto, gli accampamenti del Califfato servono per lanciare attacchi lungo le vie di comunicazione. Mesi fa ne avevamo dato notizia e anche di come la Base americana di Al Tanf servisse come punto di rifornimento per i terroristi che non avrebbero altra fonte di generi di prima necessità, carburante per i mezzi e munizioni per gli attacchi.
Lungo la strada per Palmira sono stati riportati attacchi e perdite anche pesanti per l’esercito siriano, chiaramente, in qualche modo l’ISIS pare aver ritrovato forze e mezzi e non credo che i combattenti arresisi alle SDF ne siano estranei, dato che nessuno ha mai comunicato dove siano stati inviati.
Al Mayadeen, Palmira, Deir Ezzour, appaiono a rischio di attacchi sempre più probabili.
L’esercito siriano non sta a guardare e sta organizzando invii di rinforzi (in parte già arrivati) per rilanciare una serie di operazioni per contenere gli attacchi e eliminare le basi dei terroristi ancora presenti nel territorio.
Molti accampamenti sorgono al confine con l’Iraq, avvalorando i sospetti di passaggio in Siria garantito dalla base di Al Tanf.
La vicina stazione di pompaggio T2, molto bersagliata anche in passato dagli attacchi è strategica in vista della riapertura della autostrada che collega Damasco a Bagdad, un fattore che impone alla Siria di eliminare ogni presenza di armati dal deserto per poter disimpegnare le forze e garantire la massima sicurezza alla via di comunicazione.
Anche le forze irachene oltreconfine si sono schierate ad analoga protezione, Hashd al Shaabi, milizie di mobilitazione popolare, sono schierate e pronte ad intervenire al primo segnale di presenza ISIS.
Attorno alla sacca di Idlib ci sono sempre combattimenti, a nord di Hama, come ad ovest di Aleppo, ogni giorno i bollettini ci parlano di combattimenti, ma non si segnala alcun movimento di truppe , non ci sono avanzate ne arretramenti dell’una come dell’altra parte, è una sorta di guerra di logoramento,fatta per assorbire le risorse di un Paese stremato da anni di combattimenti sanguinosi e a cui invece occorrerebbe garantire la Pace.
La sacca di Idlib è oggi una spina nel fianco per la quale non bastano le bombe sganciate dai caccia, ma occorre una reale e definitiva campagna militare per eradicare in profondità ogni presenza di wahabismo di matrice qaedista, ormai dominante in tutta la provincia.
Una volta ottenuto ciò, la cessazione di questi continui combattimenti permetterebbe di rivolgere risorse preziose alla ricostruzione del Paese e al rilancio di una economia strozzata più da spietate sanzioni americane ed europee che non dalla guerra in se.
La ripresa in forze delle operazioni russe contro le formazioni di Al Qaeda in Idlib segna un ritorno necessario e indispensabile in vista di una prossima, speriamo, “Grande battaglia per la liberazione di Idlib”.
Parlando della Russia do notizia della presenza, presso la base di Hemeimin, di sistemi di lancio di missili a corto-medio raggio Iskander. Pronti ed operativi per rispondere a eventuali attacchi sia da terra che da nave.
Aggiungo il video realizzato con Sasha Picciotto di SakerItalia riguardante sia la guerra in Siria che quella in Libia.
Registreremo la prossima puntata dopo le feste.
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