Gli Stati Uniti sono responsabili di aver portato allo sfascio l’Iraq e di aver destabilizzato tutta la regione. Dopo le guerre del Golfo contro Saddam Hussein, Washington ha sciolto forze armate e polizia, ha privilegiato gli sciiti ed ha emarginato i sunniti rimuovendoli dai ruoli chiave nelle istituzioni .
Quella scelta ha spostato l’Iraq verso una sempre più forte influenza iraniana.
Gli USA hanno affrontato quella situazione nel peggior modo possibile: il plenipotenziario statunitense in Iraq Jonn Negroponte fu incaricato di armate le milizie sunnite per indebolire il nuovo governo iracheno sulla falsariga di quanto egli aveva già fatto tempo prima in Honduras.
In questo contesto di irresponsabilità ed amoralità è nata ISIS. ( defence Intelligence Acency del 2012 e ‘ISIS l’abbiamo inventata noi‘). Gli ex militari sunniti, diseredati e perseguitati hanno alimentato il fondamentalismo sunnita e quindi al Qaeda .
[su_spacer]A quel punto, gli Stati Uniti si sono accorti del mostro che avevano contribuito a creare.
Ma tuttora Washington è ancora combattuta se ‘il mostro’ può essere ancora utile in funzione anti-Assad (in Siria) ed in Iraq se può essere utile per costringere l’ex primo ministro al Maliki ad essere più rispondente alle proprie direttive .
Il resto è cronaca: gli attacchi di ISIS hanno provocato stragi, esodi di massa e sofferenze indicibili alla popolazione irachena. Sono colpite sopratutto le minoranze religiose come quella cristiana che ora vive nei campi profughi o se ha le risorse per farlo, affronta un destino incerto all’estero.
Gli USA hanno sì annunciato la loro intenzione di sostenere l’Iraq nella lotta contro lo Stato islamico (IS): ma lo avrebbero fatto, solo a condizione che il governo iracheno mettesse in atto una serie riforme tese a rivalorizzare la popolazione sunnita nel paese, sotto il dominio settario della dirigenza sciita.
Solo con questa premessa si può spiegare la presenza turca presso la base ‘campo Bashiba’ a 30 km da Mosul. Essa soddisfa l’esigenza turca e statunitense di diminuire l’influenza iraniana e russa in Iraq.
La presenza dei turchi costituisce un messaggio indirizzato ai russi ed agli iraniani. Aydin Selcen, ex console generale della Turchia a Erbil, (la capitale dell’Iraq di autonoma regione curda) ha detto che con la missione turca
si vuol dimostrare ai russi e iraniani che non saranno autorizzati ad avere influenza o essere presenti sia sul teatro di guerra siriano che in quello iracheno
I fatti li conosciamo: il giornale turco Daily Sabah riferisce che agli inizi di dicembre 150 soldati turchi sono arrivati con 20/25 carri armati in rinforzo al guarnigione già esistente presso ‘campo Bashiba’ .
L’unità turca – riferisce Daily Sabah – starebbe addestrando “I soldati turchi’’ contro ISIS e quindi l’afflusso di altre forze è ‘normale routine’ per garantire all’attività ‘ la necessaria cornice di sicurezza’.
Ma non è vero, i turchi non stanno addestrando soldati regolari dell’esercito iracheno ma una milizia interamente sunnita chiamata “Hashid Watani”, composta da volontari ed ex poliziotti originari di Mosul .
E anche per questo che l’Iraq considera la presenza turca ‘una incursione’ perché non è coordinata con il governo iracheno.
Nel campo vengono addestrati anche i pashmerga che però hanno una loro struttura di comano autonoma. Il governo regionale del Kurdistan è in forte contrasto con i governo centrale iracheno e la Turchia sta acuendo questa divisione. Bagdad accusa il Kurdistan di vendere in maniera autonoma (ed illegale) il petrolio estratto sul suo territorio (incamerandone tutti i profitti). Naturalmente la maggior parte del traffico di petrolio va in Turchia.
In zona (nella base di Dobardan) vicino Mosul ci sono anche le forze speciali americane e la Cia.
I funzionari della Cia provvedono a rifornire i comandanti dei nuovi gruppi di combattimento, interamente sunniti.
Lo sforzo turco è congiunto, fatto di comune accordo con gli Stati Uniti (Globalpost). Lo scopo è di “incoraggiare e agevolare la sensibilizzazione che è in atto da parte del governo iracheno per le comunità sunnite in tutto l’Iraq” .
Ma non è quello che si sta facendo, sembra ovvio che ”armare gruppi sunniti senza la loro integrazione nelle forze armate del paese, potrebbe portare ad alimentare ulteriormente le divisioni’‘.
In definitiva, la direzione verso cui si sta andando sembra essere sempre più il distacco del Kurdistan dal resto del paese ed un futuro incerto ed irto di conseguenze imprevedibili per le altre comunità.