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Creare forme di vita nuove come fecero i monaci benedettini

Il progetto “new normal” ha un’indubbia capacità. Questa è la sua coerenza, sia in termini di chiarezza degli obiettivi che di metodi per raggiungere questi obiettivi.

Da un punto di vista razionale, oggi non c’è un solo progetto alternativo alla “nuova normalità”, appunto perché semplicemente questa nuova normalità non è riconosciuta a livello sistemico, quindi questo non riconoscimento è un problema di origine culturale. Questo stato di cose, ovviamente, crea una prospettiva molto triste.

Detta in termini molto esemplificativi, il progetto nasce dalla contradizione insolubile dell’esistenza congiunta e parallela di due sistemi di gestione di lunga data: aziendale e statale. In questo contesto, la soluzione attualmente imposta con i solititi mezzi, è la convergenza di questi sistemi. Il che, di fatto, implica la necessità di smantellare la vecchia “normalità” fondata sul primato delle giurisdizioni nazionali.

Però in questo caso, ciò che si sta realizzando non è solo della convergenza dei due sistemi. Ciò che sta avvenendo non è la fusione dei due modelli ma ciò che sta accadendo è uno spostamento dell’equilibrio a favore della corporate governance. Ciò, infatti, predetermina la natura misantropica della futura “normalità”, poiché la società che sta cambiando è una sempre incentrata sul profitto, ma si tratta di profitto attuato sulla persona.

Quindi la sfida che si deve fare oggi alla “nuova normalità” sembra abbastanza ovvia. Non basta rompere il progetto stesso (possibile almeno su un territorio locale), bisogna invece capire in anticipo che non può esserci ritorno alla “vecchia normalità”. E, molto probabilmente, sarà semplicemente impossibile, poiché il crollo della “vecchia normalità” è già ampiamente avvenuto e molto probabilmente i punti di non ritorno sono stati superati. Quindi, sarà necessario presentare un progetto alternativo, che giudichi le contraddizioni esistenti e formi i meccanismi e le modalità di attuazione di tale progetto, cosicché nel tempo includa in esso milioni di persone, altrimenti “condannate” allo sterminio fisico.

Si tratta, in sostanza, della creazione di una nuova etica, di una nuova lettura dei concetti di bene e male, del lecito. Anche localmente, questo movimento diventerà l’embrione di una futura alternativa globale al nuovo ordine mondiale creato da Schwab e dalla corporate governance.

È inutile dirlo: questo progetto nuovo non bisognerà solo formularlo, non bisognerà solo attuarlo, ma soprattutto tutelarlo. Ed il solo modo di tutelarlo è che nasca e si sviluppi dal basso creando forma di vita nuove sulla traccia di ciò che fece il movimento benedettino dopo le invasioni barbariche. Solo così un progetto di costruzione non sarà immediatamente distrutto.

Ovviamente, in questo caso il tempo occorrente non sono i giorni o i mesi, ma sarà un tempo di Grazia che fa vivere il singolo, quindi di libertà.

Non esiste altro mezzo di cambiamento che io conosca, all’infuori di quel Querere Deum, che genera un processo vitale e dinamico, capace di vero cambiamento della coscienza di sé.

Ma questo, per incidere culturalmente, non è possibile se non ritrovandosi concretamente in forma di vita nuove, ovvero come ha fatto il movimento benedettino.

Oggi ci sono molti movimenti embrionali e gruppi di persone che stanno prendendo coscienza della strada da fare, del percorso e del compito.

Vp News

Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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