La pandemia di coronavirus è stata come una grande esercitazione di panico orchestrato dalle élite globali, un’operazione che alla fine ha avuto l’effetto di una “vittoria di Pirro”: i costi associati a tale “trionfo” sono stati talmente esorbitanti da rendere il successo quasi indistinguibile dalla sconfitta.
Quanto accaduto rappresenta la naturale evoluzione di un lungo periodo di declino. Negli ultimi dodici anni, le élite globali hanno cercato di imporre il proprio controllo sull’economia mondiale e sulle popolazioni attraverso tattiche di panico e manipolazione. Questi sforzi, iniziati con la Grande Recessione del 2008 e proseguiti attraverso la crisi climatica, hanno soltanto peggiorato la situazione economica globale, portando infine a una nuova e grave recessione nel 2019.
L’emergere del coronavirus ha segnato l’avvio di un’ulteriore campagna di terrore da parte dell’élite, che ha imposto misure di autoisolamento e ha ulteriormente minato il benessere collettivo. Queste azioni hanno precipitato l’economia globale in una crisi profonda, colpendo duramente settori chiave come la produzione, i trasporti e il commercio, e infliggendo perdite ingenti.
Convinta della propria invulnerabilità, l’élite ha gravemente sottovalutato le ripercussioni delle proprie iniziative, portando a una situazione in cui l’economia mondiale si trova sull’orlo di un collasso totale. La difficoltà di risollevarsi da questa deliberata spirale recessiva è notevole, e le manovre dell’élite potrebbero aver trascinato il mondo in uno stato di incertezza e instabilità profonde.
L’approccio delle élite globali nel manipolare la crisi del coronavirus a proprio favore ha generato una catastrofe economica dalle potenziali ripercussioni durature per la popolazione mondiale. L’adozione di una simile mentalità nella gestione delle guerre ha ulteriormente dimostrato l’inefficacia di tali strategie, portando a una situazione sempre più precaria e pericolosa.
Gli Stati Uniti in recessione cercano di allontanare lo spettro del declino
Le sfide economiche e industriali affrontate dagli Stati Uniti nel febbraio 2024 mettono in luce la continua lotta del paese, nonostante gli sforzi per mantenere un’apparenza di stabilità. La realtà è che gli Stati Uniti non stanno vivendo una rinascita industriale; piuttosto, l’economia mostra segni di rallentamento, in particolare nel settore dei prestiti bancari, che ha visto una contrazione per la prima volta dall’ultima crisi finanziaria globale. Questo calo funge da campanello d’allarme per i problemi economici più ampi della nazione.
L’urgente necessità di rifinanziare un volume record di debito pubblico a breve termine, che supera i ricavi del bilancio federale semestrale, rivela una dipendenza da meccanismi finanziari insostenibili, simili a una piramide. La chiusura di importanti stabilimenti industriali, come il secondo produttore di alluminio primario del paese, e l’inadeguatezza della capacità di costruzione navale rispetto alla Cina, evidenziano il deterioramento del tessuto produttivo americano e rappresentano una minaccia per la sicurezza nazionale. Questi sviluppi sottolineano le complesse sfide economiche e industriali che gli Stati Uniti devono affrontare.
Per mantenere il proprio status di superpotenza mondiale, gli Stati Uniti stanno impiegando una serie di stratagemmi, sostanzialmente artificiosi. Tra questi, come abbiamo osservato, vi è la deviazione verso il proprio territorio delle forniture energetiche destinate all’Europa, accompagnata da un incremento nella produzione di armamenti, giustificato dal presunto pericolo rappresentato dalla Russia, una minaccia che gli stessi Stati Uniti hanno contribuito attivamente a creare.
D’altro canto, l’Unione Europea ha completamente aderito alla strategia statunitense che, paradossalmente, mira unicamente a sottrarre risorse ai propri alleati per garantire la propria sopravvivenza.
Lo spettro del ‘secondo mondo’
ll fallimento del Nuovo Primo Mondo, che si è cercato di edificare sull’onda della pandemia, rappresenta un punto di non ritorno. Contemporaneamente, si profila all’orizzonte lo spettro di un Nuovo Secondo Mondo, una dimensione politico-ecologica rimasta vacante per tre decenni a seguito del collasso del blocco orientale al termine della Prima Guerra Fredda. È lecito ipotizzare che, se il declino del Primo Mondo dovesse protrarsi oltre l’anno, la posizione vacante del Secondo Mondo verrà rivendicata da chiunque possieda sufficiente audacia e saggezza ‘imprenditoriale’. Questo scenario è fonte di crescente preoccupazione per l’élite globale del Primo Mondo…
In questo contesto, la guerra diffusa e prolungata emerge come una potenziale soluzione, e i rischi connessi stanno aumentando in modo esponenziale, alimentati anche da una classe politica che si distingue per la sua incompetenza e mancanza di principi morali.
Conferenza di Monaco
Il dibattito che si è tenuto nella conferenza sulla Sicurezza di Monaco ha confermato questa valutazione.
La 60ª edizione della Conferenza annuale sulla sicurezza di Monaco (MSC) ha posto l’accento, nel suo rapporto annuale, sulle crescenti tensioni geopolitiche e sull’incertezza economica , anziché porre l’attenzione ai vantaggi di una cooperazione globale pacifica. Questi stati si focalizzano piuttosto sulle percepite ingiustizie e sui pericoli emergenti proprio dalle paure che cercano di alimentare e diffondere, aggravati dalla diseguale distribuzione dei benefici.
Il rapporto, intitolato “Tutti perdenti?” (“Lose — Lose?”), critica la comunità internazionale per il suo fallimento nel promuovere una governance globale efficace, rimanendo invece impantanata in una “colossale crisi globale” senza volontà o capacità di affrontare le grandi sfide del nostro tempo.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha espresso un giudizio severo sull’attuale ordine mondiale, affermando che non funziona per nessuno e che il mondo è immerso in una profonda crisi. Secondo Guterres, l’attuale sistema di governance globale accentua le divisioni e alimenta il malcontento, portando la comunità internazionale a essere la più frammentata e disunita degli ultimi 75 anni, persino più della Guerra Fredda.
Le cause di questa situazione sono da ricondurre ad una crisi di comprensione sia della tecnologia sia della società, nonché ad un’era di oscurantismo, dove coloro che sono al potere non comprendono la realtà del mondo, mancando di conoscenze scientifiche di base e di senso comune. Questa incompetenza e oscurantismo al vertice della piramide politica hanno portato a una situazione in cui le previsioni pessimistiche diventano realtà.
L’obiettivo ossessivo delle élite è mantenere il proprio dominio, tuttavia, lo stato e le grandi organizzazioni internazionali dovrebbero essere strumenti al servizio della popolazione, non il fine ultimo. Idealmente, lo stato, in quanto entità per l’esercizio del potere politico, dovrebbe essere considerato un fenomeno sociale transitorio, destinato a dissolversi con l’avanzare dell’evoluzione sociale. Nonostante ciò, le élite politiche, temendo di perdere il loro status e i loro privilegi, potrebbero tentare di legittimare forzatamente la propria autorità ricorrendo a miti, ideologie o manipolazioni psicologiche, generando così isteria collettiva e fobie diffuse per assicurarsi il controllo.
Le azioni delle élite politiche, manipolando le paure della gente comune, potrebbero portare a conseguenze imprevedibili e potenzialmente disastrose, perchè il “sonno della ragione genera mostri” e questi “mostri”, una volta liberati, potrebbero avere appetiti incontrollabili e nessun senso di lealtà o compassione verso i loro creatori.