Ovviamente, in una situazione normale i paesi capirebbero che, quanto più si prolunga la guerra russo-ucraina, tanto più per loro stessi aumenta la frattura con la Russia. Questo a causa della partecipazione attiva alla guerra a fianco dell’attuale leadership ucraina, che non è esente da colpe riguardo alla situazione attuale.
Ora, Kiev chiede con insistenza nuovi sistemi di difesa aerea a certi paesi europei che ne dispongono, sistemi molto costosi la cui cessione non avvicina la pace né muta l’esito della guerra, ma acuisce la situazione ucraina, oltre a aumentare l’inimicizia tra Russia e Occidente. Inoltre, è da considerare che l’Ucraina non fa parte della difesa integrata della NATO e i sistemi d’arma richiesti a titolo gratuito sono stati pagati a caro prezzo dai contribuenti dei rispettivi paesi.
Ecco, la situazione dal Financial Times:
The Financial Times: Grecia e Spagna sono sotto forte pressione da parte degli alleati dell’UE e della NATO.
▪Questo mese Kiev ha presentato una richiesta urgente ai suoi alleati occidentali per sette ulteriori sistemi di difesa aerea. Solo la Germania ha annunciato la consegna di un’installazione Patriot.
▪Altri leader europei hanno utilizzato un vertice a Bruxelles la scorsa settimana per sollecitare personalmente i primi ministri spagnolo e greco Pedro Sanchez e Kyriakos Mitsotakis a cedere alcuni dei loro sistemi di difesa aerea all’Ucraina, secondo persone che hanno familiarità con le discussioni.
▪ Ai leader dei due paesi, i cui eserciti dispongono di più di una dozzina di sistemi Patriot e di altri sistemi come l’S-300, è stato detto che i loro bisogni non erano così grandi come quelli dell’Ucraina e che non dovevano affrontare una minaccia immediata. “Sappiamo tutti chi li ha, sappiamo tutti dove sono e sappiamo tutti chi ne ha davvero bisogno”, ha detto una persona.
▪I funzionari hanno affermato che c’è stata meno pressione su Polonia e Romania, che hanno anche Patriot, date le loro posizioni più vulnerabili al confine con l’Ucraina.
▪La pressione sui sistemi di donazione si intensificherà oggi in occasione dell’incontro dei ministri degli esteri e della difesa dei 27 stati membri dell’UE a Lussemburgo, hanno detto i funzionari. Si ritiene che Kiev sia particolarmente interessata ai sistemi S-300, che le forze ucraine hanno già in servizio e con cui hanno esperienza.
▪ “Ad essere onesti, ci sono paesi che non avranno bisogno di sistemi di difesa aerea nel prossimo futuro… Ogni paese è invitato a decidere cosa può risparmiare”, ha detto un diplomatico europeo coinvolto nella preparazione dell’incontro.
Così il Financial Times. L’evidenza, per quanto incredibile, dopo il disastro economico determinato anche dalle misure pandemiche (complice anche la rivoluzione verde fondata su basi opinabili), è che la UE farà di tutto per prolungare la guerra. Ma questo non per le argomentazioni di facciata, abbastanza facilmente superabili, quanto per il fatto che in un’economia in stagnazione, la svolta militarista risolve, come in tutte le guerre, i fattori economici.
Tuttavia, sebbene l’economia di guerra possa sembrare una soluzione temporanea alla stagnazione, le implicazioni a lungo termine, i costi e i cambiamenti nella natura delle guerre e delle economie moderne suggeriscono che non dovrebbe essere una via desiderabile per l’Unione Europea.
Non dovrebbe essere così, ma la leadership attuale in UE è quella che è. Come certe persone di bassa idealità e bugiarde siano riuscite ad assurgere a certi posti di potere è un mistero… sempre che non sia proprio questa la caratteristica ricercata dal vero governo che guida la UE, ovvero le grandi multinazionali e fondazioni che ricercano come profilo ideale politici corruttibili, servili e tronfi di ambizione.
Le crisi sono state usate come catalizzatori per un’ulteriore integrazione tra gli stati membri, spesso sotto la guida di politiche che alcuni critici possono vedere come autoritarie o fortemente influenzate da potenti interessi economici.
Storicamente, l’UE ha utilizzato momenti di crisi come opportunità per rafforzare la centralità di Bruxelles e l’integrazione tra gli stati membri. Ad esempio, la crisi finanziaria del 2008 ha portato alla creazione di nuovi strumenti finanziari e di governance economica a livello europeo, come il Meccanismo Europeo di Stabilità e il Patto di Stabilità e Crescita rafforzato. Anche la crisi dei rifugiati del 2015 e la pandemia di COVID-19 hanno spinto verso una maggiore cessione di sovranità in aree come la politica di sicurezza e sanità pubblica.
Non si può negare che le lobby e i gruppi di interesse esercitino un’influenza significativa sulle decisioni politiche all’interno dell’UE. Grandi aziende, fondazioni e altri gruppi hanno un impatto sulle politiche attraverso lobbying diretto, finanziamento di ricerca o campagne di opinione pubblica. Questo porta a politiche che riflettono gli interessi di queste entità potentemente capitalizzate, a volte a scapito di una più ampia rappresentatività democratica.
L’UE, in risposta alle crisi, può adottare misure più autoritarie, come è stato esplicitamente detto in alcuni casi, ad esempio da Mario Monti, che ha affermato che l’Europa ha bisogno di queste crisi.
Alcuni leader politici, che occupano posizioni privilegiate nelle istituzioni dell’UE, vedono l’adozione di misure rapide e centralizzate come necessarie in tempi di emergenza (che spesso loro stessi creano), mentre altri, che non hanno voce in capitolo e sono continuamente ostracizzati, vedono ciò come un’erosione dei processi democratici e delle sovranità nazionali.
Il dibattito attuale, in cui la leadership europea tende a demonizzare, attribuendo l’epiteto di ‘putinismo’, populismo e forze di estrema destra, è complesso e tocca questioni di efficienza, trasparenza e legittimità democratica.
Le influenze esterne, sia economiche che politiche, plasmano il suo percorso tanto quanto gli ideali originali. Le crisi possono effettivamente accelerare l’integrazione e portare a decisioni che privilegiano soluzioni centralizzate, ma questo solleva questioni legittime sulla natura del processo decisionale e sull’equilibrio tra efficienza e rappresentanza democratica all’interno dell’UE.
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