Una delle ultime interviste del card. Cafarra, densa di contenuti e di giudizio

“LA CHIESA, NELLA SUA ESSENZA, NON È UN PRONTO SOCCORSO”
card. Carlo Caffarra

Apprendo ora la dolorosa notizia della scomparsa del grande card. Carlo Caffarra. Per questo, e per non indulgere negli edificanti ricordi, vi propongo, nella mia traduzione, una delle ultime importanti interviste, densa e profonda nei contenuti, rappresentativa del pensiero teologico del cardinale oltre che dell’affetto e della fedeltà testimoniate verso la Chiesa. L’intervista che segue è stata rilasciata a Edward Pentin, corrispondente da Roma per il National Catholic Register.

Sabino Paciolla

Domanda: Sua Eminenza, molto si dice sull’importanza della famiglia. Ma cosa la Chiesa deve fare per difenderla contro l’ideologia del gender e dagli altri attacchi?

Risposta: io penso che la prima cosa da fare sia quella di una chiarissima, completa e molto profonda proclamazione del Vangelo del matrimonio e della famiglia, perché oggigiorno la situazione ha già raggiunto l’apice, al punto di mettere in dubbio la definizione stessa di matrimonio.

L’umanità ha sempre definito il matrimonio come la legittima unione di un uomo ed una donna, con il fine della procreazione e della educazione. Oggi questa definizione è stata messa in dubbio; alcune leggi hanno persino posto in essere un’altra definizione di matrimonio. È in questo senso che io ho detto che abbiamo raggiunto un punto estremo. Per questo, è necessario che la Chiesa dica all’uomo: “questo è quello che Dio aveva posto in essere per il matrimonio; questo è quello che Cristo ha fatto – perché il matrimonio è la via della salvezza dell’uomo e della donna che si sposano.

Lo spirito del matrimonio ha due grandi capitoli: il primo è il bene del matrimonio nella creazione; il secondo l’annuncio della salvezza del matrimonio, che Gesù è venuto a mettere in luce, sia con la parola sia col comportamento.

Non dobbiamo dimenticare che il primo miracolo fatto da Gesù fu quello in favore di due sposi durante il banchetto di matrimonio. Così, è questa la prima cosa che la Chiesa deve fare. La seconda cosa, non meno importante, è la necessità di un grande sforzo nella educazione delle giovani generazioni, perché il cuore di ogni ragazzo e ragazza desidera di amare e di essere amato, nella verità. Altrimenti, dopo un po’, la cosa diventa noiosa perché non è quello che il cuore attendeva.

Così questo desiderio, occorre sottolineare, è inscritto, scolpito nel cuore di ogni uomo e donna. L’educazione è necessaria perché serve a liberare il cuore da tutto ciò che lo impedisce, cosi che questo desiderio sia raggiunto.

Domanda: come può la Chiesa meglio resistere all’attuale crisi che sta fronteggiando?

Risposta: Io credo, lo dirò in maniera netta, il punto a cui noi siamo arrivati è la stazione posta alla fine di un lungo processo. Sto parlando dell’Occidente e di un processo che è durato secoli.

Sarebbe naïve, dunque, pensare che in pochi anni – a volte, io penso, in poche generazioni – uno possa correggere questo processo, rimetterlo a posto. Questo dovrebbe essere detto come premessa. Non è che san Benedetto abbia visto immediatamente le conseguenze delle comunità che egli aveva fondato nelle foreste intorno a Roma. Era necessario che accadesse un intero processo di civilizzazione. Noi dobbiamo sempre ricordare questo per non diventare naïve.

Affrontando più precisamente la questione, io credo sia necessaria, soprattutto, una strategia di rapida azione, che è la seguente: non possiamo continuare ad essere abituati a questa reale assenza di laici cattolici dai posti dove le norme giuridiche, le leggi vengono create. Così è necessaria una forte presenza di cattolici, che non è appena un bene solo per i cattolici; al contrario, è un bene che riguarda la creazione, il matrimonio e la famiglia. Tuttavia, le leggi, per se stesse, non risolvono il problema. Dunque, la strategia di più lungo termine è di occuparci di un grande lavoro di educazione.

Terzo, san Tommaso, all’inizio della Summa Theologiae, dice che le antitesi non possono esistere insieme. L’uomo saggio cerca il principio primo, cioè Dio creatore. E, dunque, egli combatte l’errore che oscura la verità che egli sta cercando.

Sant’Agostino è ancora più netto, poiché dice: ama colui che sbaglia, ma combatti l’errore. Il verbo latino enfatizza bene il concetto. Combattere l’errore non significa tollerarlo, ma strapparlo, lacerarlo e mostrarne la sua inconsistenza.

Dunque, ci sono tre cose da fare:

1) le leggi, la presenza dei cristiani nei parlamenti, nelle pubbliche istituzioni; 2) un grande lavoro di istruzione; 3) chiamare le cose con il loro vero nome. L’errore è errore. Non c’è pace tra la verità e l’errore.

Domanda: il problema di oggi non è che le persone non parlano abbastanza chiaramente del peccato?

Risposta: Sì, proprio nei posti dove si insegna. La strategia di San Tommaso all’inizio della Summa Theologiae, “contro i gentili” [dove si grida chiaramente il peccato], non è più seguita. Al contrario, il peccato è addirittura minimizzato, sminuito.

Ho visto questa cosa quando ero arcivescovo nella diocesi di Bologna. A mio parere, nei posti dove si insegna, non c’è neanche più alcuna educazione al vero amore verso la verità. Al contrario, molte persone insegnano ai giovani che la ricerca della verità è una cosa triste ed una inutile passione che genera solo intolleranza.

Noi abbiamo una tale ricchezza di insegnamento che può aiutarci in questo momento difficile. Ma, come dice un grande poeta tedesco, dove il rischio aumenta, aumenta anche la salvezza.

Domanda: guardando indietro ai tempi in cui Lei era presidente del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia quali, secondo Lei, dovrebbero essere le sue priorità?

Risposta: Riguardo all’Istituto, io credo, io posso dire che esso era una delle cose più care a Papa Giovanni Paolo II. Lo posso dimostrare con numerosi esempi. Le priorità, i motivi, della ricerca sono scritte nella costituzione apostolica che regola l’Istituto.

Ogni grande programma pastorale per il matrimonio e la famiglia punta a, e quindi richiede, una vera conoscenza del matrimonio e della famiglia. Non è che, diminuendo la dimensione dottrinale, si diventi più pastorali. In realtà si diventa più ignoranti. Nel medioevo si diceva che la teoria senza la prassi è come avere un volano senza l’asse. Una prassi senza la teoria è come un uomo cieco sulla strada. Dare il primato alla prassi è prima di tutto teologicamente falso.

Domanda: È una falsa compassione.

Risposta: sì, ritornerò su questo più avanti. Perché, come prima ragione, ogni prassi presuppone un progetto intellettuale. La seconda ragione è che la base della vita cristiana non è la carità; la carità è la perfezione della vita cristiana. Il fondamento è la fede.

Una vita cristiana senza la fede è come la casa, di cui Gesù ci ha parlato, costruita sulla sabbia. Non essendo più costruita sulla parola di Dio, essa non dura. Porre la carità prima della fede mediante la categoria della compassione, ci porta su una strada che non ha uscite, se ti fermi solo alla compassione.

Il buon samaritano non si ferma appena per dire: “povero diavolo, guarda come lo hanno ridotto”, e poi continua per la sua via. No. Colui che è veramente compassionevole si prende cura della persona, usando gli strumenti adeguati. Come puoi prenderti cura di una persona se tu non conosci di cosa quella persona ha bisogno?

Domanda: il risultato è il disordine.

Risposta: sì, siamo lì. Certamente questo è vero. Aristotele dice che non c’è nulla di più grande che insegnare ad un uomo la filosofia. Ma se tu incroci un uomo che è affamato, non gli insegni la filosofia per prima cosa. Prima gli dai da mangiare e poi gli insegni la filosofia.

San Tommaso cita questo testo favorevolmente. È evidente che tu hai bisogno di alimentare un affamato, senza del quale un uomo non è più uomo, egli perde la sua dignità. Tuttavia, non ci sono solo quei bisogni.

Un grande teologo medievale, Sant’Alberto Magno, dice che i bisogni dell’uomo sono due: in dulcedine societatis inquirere veritatem – “nella dolcezza di una vita buona con gli altri, cerca la verità” . Questo ci dimostra la grandezza dell’uomo.

Domanda: il problema non è forse che nella Chiesa noi abbiamo perso di vista il paradiso, e che ci sia troppa attenzione a questo mondo e non all’altro?

Risposta: Direi che quando lei parla della Chiesa, lei sta parlando di una tale vasta realtà. Ma direi che stiamo correndo questo rischio. Noi siamo a rischio facendo questo, dimenticando che la Chiesa, nella sua essenza, non è una ONG (Organizzazione Non Governativa) o un pronto soccorso della Croce Rossa Internazionale. La Chiesa esiste, soprattutto, per liberare l’uomo dal peccato e per accompagnarlo nella vita eterna. Questo è il fine della Chiesa.

Gesù ci ha insegnato tuttavia che questo implica, anche, attenzione alla persona umana ed ai suoi bisogni. Intorno a Gesù c’erano sempre persone malate. Gesù le curò. Gesù si trovò davanti folle affamate. Gesù moltiplicò i pani. Gesù sapeva bene chi fosse Zaccheo, cioè un esattore di ingiuste tasse, perché le tasse possono anche essere ingiuste.

Ma Gesù lo curò da quella profonda malattia del cuore. Come dicevo prima, questo è il fine ultimo della Chiesa.

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