Ennesimo scandalo per la vacillante banca di Francoforte. Deutsche Bank sin dal 2007 era a conoscenza delle truffe fiscali diventate famose con il nome di Cum-ex, il piu’ grande scandalo fiscale di tutti i tempi. Invece di informare il governo tedesco, la banca ha preferito continuare a guadagnare con i clienti che praticavano questa lucrosa truffa fiscale ai danni del contribuente. Ne parla la Süddeutsche Zeitung sulla base dei documenti emersi nell’ambito delle inchieste sullo scandalo Cum-ex. [su_spacer]
Deutsche Bank è pienamente coinvolta nel più grande scandalo fiscale tedesco di tutti i tempi. Secondo le ricerche della Süddeutsche Zeitung, della NDR e WDR, la banca di Francoforte era a conoscenza del fatto che altri istituti e società finanziarie per anni avevano sistematicamente frodato il fisco con transazioni azionarie dubbie. E’ quanto emerge da alcune e-mail interne di Deutsche Bank del marzo 2007. La banca tuttavia, secondo le ultime rivelazioni, si sarebbe astenuta dall’informare il governo federale. L’istituto finanziario di Francoforte, nell’ambito di tali transazioni, infatti, avrebbe invece scelto di agire come fornitore di servizi al fine di poterne trarre un profitto.[su_spacer]
Si tratta delle transazioni fiscali con (cum) e senza (ex) dividendo. Le banche e i fondi azionari usavano una scappatoia della legge per farsi rimborsare piu’ di una volta le tasse sui proventi da dividendi pagate solo una volta. Lo stato tedesco è stato truffato in questo modo per oltre 10 miliardi di euro. Diversi pubblici ministeri stanno indagando sui manager bancari e gli agenti di borsa, fra questi anche due ex-dipendenti di Deutsche Bank. Nell’ambito dello scandalo Cum-Ex, la banca a fine 2018 aveva dovuto pagare quattro milioni di euro di multa.[su_spacer]
Già nel 2007, il governo tedesco aveva cercato di bloccare la scappatoia legale che rendeva possibile queste transazioni. Se la compravendita di azioni veniva gestita mediante l’estero, tuttavia era ancora possibile truffare le autorità fiscali. E-mail interne di Deutsche Bank del 19 e del 26 marzo 2007 confermano che questa scappatoia estera sin all’inizio era stata ben individuata dal dipartimento interno che si occupava di tassazione. In una delle e-mail era scritto che alcune transazioni avrebbero probabilmente richiesto il rimborso da parte delle autorità fiscali di tasse che non erano mai state pagate.[su_spacer]
Gli avvocati della banca hanno in seguito riconosciuto che “molte persone” (cioè attori del settore finanziario) potevano agire in quel modo e che ad essere coinvolti erano “importi significativi”. All’epoca la banca su tali pratiche non aveva alcuna riserva. L’istituto supportava con prestiti e pacchetti di azioni le aziende che praticavano le discutibili transazioni Cum-ex. Internamente, la banca si affidava alla perizia di uno studio legale secondo il quale gli acquirenti di azioni sull’estero hanno diritto a richiedere i crediti d’imposta anche per le imposte non pagate.[su_spacer]
Solo due anni dopo, nel marzo 2009, il Ministero federale delle finanze riceverà da terze parti prove concrete dei danni miliardari causati dalle transazioni cum-ex. Nel frattempo Deutsche Bank, a causa della crisi finanziaria, aveva avuto spesso a che fare con il governo tedesco. Lo stato tedesco, elargendo miliardi di dollari, ha infatti salvato dalla bancarotta diverse istituzioni finanziari. Secondo le recenti scoperte, tuttavia Deutsche Bank ha preferito non usare nessuno dei suoi contatti per mettere in guardia il governo tedesco dalle transazioni azionarie in corso ai danni proprio dello stato tedesco. La scappatoia legale è stata chiusa più tardi.[su_spacer]
Deutsche Bank ha dichiarato a sua difesa che nell’ambito delle transazioni “cum-ex” è stata coinvolta solo come fornitore di servizi e di aver sostenuto le autorità giudiziarie nell’ambito delle indagini su tali transazioni.[su_spacer]
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