Distributismo e perfetta competizione: : l’idea di Chesterton per l’organizzazione sociale

Ho assistito stasera ad una presentazione via Zoom, all’iniziativa proposta da un’amica imprenditrice che ha dato – a me ed a una trentina di altri amici -, la possibilità di  approfondimento della ‘terza via’ del distributismo, una ‘terza via’ però che mi è sembrata la più ragionevole rispetto al capitalismo ed al comunismo, entrambi contrassegnati da eccessi e disumanizzazione.

Il distributismo è un modello economico di matrice fortemente cattolica. Fu fondato dai due scrittori H. Belloc (1870-1953), nato in Francia naturalizzato inglese, e G.K. Chesterton (1874-1936), ,scrittore inglese. La nascita del movimento distributista può essere collocata nel 1926, con la pubblicazione dell’opera di Chesterton “Il profilo della ragionevolezza”, considerata il manifesto del distributismo.

Tuttavia, la nascita della teoria in sé va collocata nel 1913, con la pubblicazione de “Lo stato servile” di Belloc. Si pone in contrapposizione con i due grandi modelli economici del tempo, comunismo e capitalismo. Belloc parte dall’idea che sia il capitalismo che il comunismo portano la maggioranza a vivere nella condizione che lui chiama stato servile. In uno ad opprimere il popolo è l’élite economica, nell’altro l’élite politica.

Si deve tener conto del fatto che buona parte del ragionamento parte e si fonda sull’enciclica “Rerum novarum”, promulgata nel 1891 da Leone XIII. Nel distributismo si propone un modello nel quale la maggioranza possa essere proprietaria dei mezzi di produzione. (…) Mentre lo Stato deve badare che tutto funzioni. (…)  (da Starting Finance)

Personalmente ero già al corrente di questo movimento, ma consideravo la loro proposta come una leggenda, troppo bella per essere vera , una nicchia di fronte a forze potenti e soverchianti. In altri termini, qualcosa buono come pensiero, come circolo culturale, ma qualcosa destinato a rimanere tale, perchè caratterizzato da un pensiero troppo ragionevole e per questo, impossibile radicarlo e farlo recepire in una società orientata soprattutto all’antagonismo come linguaggio e approccio al reale. Per questo , facilmente  indottrinabile dai media mainstream ed incapace di avere la libertà tale di accogliere una idea che parla di sé e della ragione.

Tuttavia, allo stato attuale di deterioramento delle cose e dell’evidente fallimento del progetto economico globalista e iper-capitalista, mi pare che la cosa sia da riaffrontare seriamente.

Spero pertanto che i distributisti, approfittino del momento per continuare la divulgazione di questo pensiero che invero riprende da una esperienza già vissuta nel medioevo con le corporazioni.

Non nascondo che – come già detto – la vedo molto dura in un tempo in cui la libertà dell’io è concessa fin quando si è irrilevanti ovvero si rimane isolati come individuo, mentre si è oltremodo osteggiati quando ci si aggrega e si propongono alternative.

Però è anche vero che non c’è altro modo per risentire  il sapore delle cose e che solo con il rischio della libertà personale e dell’approfondimento delle ragioni della fede, questo si può realizzarsi. Per contro, è un’illusione vedere cambiamenti realizzati con la pura forza della contrapposizione (che riporta al punto di partenza senza cambiare alcunché). Più interessante vedere sin da subito l’opera del nostro muoverci che crea reti di umanità nuova. Si capisce allora perchè il pensiero distributivo non può essere che cattolico come radice anche se proposto per il benessere di tutti.

“Io dico con intenzione la “coscienza” cattolica della storia: parlo di “coscienza”, cioè di conoscenza intima raggiunta attraverso l’identità … non di un “punto di vista cattolico sulla storia”… il cattolico guarda l’Europa dall’interno: non può esistere quindi un “punto di vista” cattolico della storia europea allo stesso modo che una persona non può avere un punto di vista su se stessa”. Poco più avanti  egli scriveva: “La visione che io ho di me non è un “punto di vista”, è una comprensione. Così è di noi che abbiamo la Fede e della grande storia dell’Europa…la Fede è l’Europa e l’Europa la Fede”. (Belloc)

La cosa mi pare tanto così seria che reputo siano utili ulteriori approfondimenti, anche perchè – se esiste una esperienza già maturata nel passato e supportata da un Papa che ha scritto la Rerum Novarum (Papa Leone XIII) e Chesterton – , allora è da prendere molto sul serio. Direi la proposta è interessante anche per un giudizio corretto sul presente, ove accade che – per una manipolazione continua – , l’economia è ridotta a cosa incomprensibile per pochi eletti e ‘tecnici’ mentre in realtà, l’economia dovrebbe essere strumento di organizzazione del vivere sociale e direttamente connessa al quotidiano ed al soddisfacimento dei bisogni umani.

patrizioricci by @vietatoparlare

 

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