Donald Trump: avvertimenti ai BRICS e rivoluzione interna con Kash Patel

Il presidente Donald Trump, noto per il suo stile provocatorio e le sue dichiarazioni mirate, ha riacceso il dibattito globale il 30 novembre con un messaggio diretto ai paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Il suo intervento, che ha rapidamente catturato l’attenzione internazionale, ha toccato il tema dell’abbandono del dollaro nelle transazioni globali. Trump ha dichiarato:

“L’idea che i paesi BRICS stiano cercando di abbandonare il dollaro mentre noi restiamo a guardare è FINITA. Non permetteremo che venga introdotta una nuova valuta BRICS né che altre monete sostituiscano il potente dollaro statunitense. In caso contrario, chi proverà a farlo dovrà affrontare tariffe del 100% e dire addio all’accesso alla nostra economia… Non siamo disposti a fare da ‘fessi’ per nessuno!”

Le sue parole arrivano a poche settimane dal vertice BRICS di Kazan, durante il quale i leader hanno deciso di non adottare una valuta comune. Hanno invece optato per sviluppare un sistema di pagamento transfrontaliero parallelo alla rete SWIFT e incrementare l’utilizzo delle valute locali nel commercio internazionale. Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, ha sottolineato che gli obiettivi dei BRICS non mirano a contrastare il dollaro:

“La nostra cooperazione si concentra esclusivamente sul perseguimento degli interessi dei paesi membri, senza prendere di mira alcuna valuta o nazione.”

Parallelamente, il presidente russo Vladimir Putin ha recentemente chiarito che non è la Russia a spingere per l’abbandono del dollaro, ma le politiche statunitensi stesse. Le sanzioni sempre più frequenti, usate come leva geopolitica, stanno forzando molti paesi, Russia inclusa, a ridurre la dipendenza dal dollaro e a cercare alternative per garantire la stabilità delle proprie economie.


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Kash Patel” by Gage Skidmore is licensed under CC BY-SA 2.0


Trump e la sfida al Deep State: Kash Patel come direttore dell’FBI

Se sul piano internazionale Trump ha cercato di riaffermare il predominio del dollaro, sul fronte interno ha annunciato un cambiamento che potrebbe ridisegnare gli equilibri del governo federale. Lo stesso giorno, ha dichiarato:

“Sono orgoglioso di annunciare che Kashyap ‘Kash’ Patel sarà il prossimo direttore del Federal Bureau of Investigation. Kash è un brillante avvocato e un difensore instancabile della giustizia e dell’America First… Con lui alla guida, l’FBI smantellerà le reti criminali, porrà fine al traffico di droga oltre confine e ridarà integrità e coraggio all’agenzia.”


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Trump Bus in Burlington (2024 Oct)” by Anthony Crider is licensed under CC BY-NC 2.0


Kash Patel: il paladino della lotta al sistema

Figura centrale nella politica dell’amministrazione Trump, Kash Patel è stato un protagonista chiave nello smascherare il cosiddetto “Russiagate”. Nel suo libro “Government Gangsters: The Deep State, The Truth And The Battle For Our Democracy”, Patel accusa le alte sfere del governo di essere state infiltrate da una rete antidemocratica che opera senza responsabilità verso il popolo americano:

“Le istituzioni governative sono state corrotte da un élite che complotta contro la democrazia. Solo riorientando la sicurezza nazionale e combattendo per la verità possiamo liberare il governo da questi interessi oscuri.”

Trump ha elogiato il libro definendolo una vera “tabella di marcia” per ripulire le istituzioni federali. Tuttavia, l’annuncio della nomina di Patel ha sollevato forti opposizioni. Andrew McCabe, ex direttore ad interim dell’FBI, ha dichiarato che Patel manca dell’esperienza necessaria, vedendo nella nomina un chiaro segnale dell’intento di Trump di trasformare radicalmente l’agenzia.


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Trump Bus in Burlington (2024 Oct)” by Anthony Crider is licensed under CC BY-NC 2.0


Un’FBI da rifondare?

Trump sembra deciso a ricostruire l’FBI, ritenuta corrotta e inefficiente sotto la leadership dei precedenti direttori, come James Comey. Il caso di Martha Stewart, che accusa Comey di averla perseguitata per trasformarla in un “trofeo” giudiziario, è tornato di recente al centro del dibattito grazie a un documentario su Netflix.

Sostenitori come Fox News hanno definito Patel “il riformatore di cui l’FBI ha bisogno”. Altri, come l’ex zar di frontiera Tom Homan, hanno affermato che Patel potrebbe portare trasparenza su dossier scottanti, come la lista dei clienti di Jeffrey Epstein. Nel frattempo, il deputato Clay Higgins ha pubblicato un messaggio diretto all’attuale direttore dell’FBI, Christopher Wray:

“Prepara i bagagli, Wray. La tua stagione sta per finire.”


 

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Donald Trump” by Gage Skidmore is licensed under CC BY-SA 2.0

Le sfide della politica di Trump: riflessioni

Politica come arte del possibile

Le nomine di Trump, incluso Patel, riflettono la sua volontà di riorientare il governo verso una maggiore attenzione agli interessi interni e un ridimensionamento delle ingerenze esterne. Tuttavia, è evidente che il presidente dovrà fare i conti con le dinamiche del Congresso, incluse le resistenze di una parte del Partito Repubblicano. Questo comporterà inevitabili compromessi, che potrebbero attenuare l’impatto delle sue decisioni.

Più che gioire anticipatamente, è invece sensato aspettarsi un miglioramento graduale, anche se non sarà mai pienamente soddisfacente rispetto alle aspettative più ambiziose.

Le dinamiche della leadership

Trump sta perseguendo un progetto politico autentico o una strategia di autodifesa? In realtà, la risposta non è binaria. La leadership di Trump è profondamente divisiva, ma non si può ignorare che le sue mosse incontrano il favore di una parte significativa della popolazione americana, che percepisce lo Stato profondo come un ostacolo alla giustizia e all’efficienza governativa.

L’intenzione di “smantellare le strutture corrotte” può essere vista come un tentativo di rispondere a esigenze reali sentite dalla popolazione americana (Trump ha ottenuto anche il voto popolare) , anche se il modo in cui viene perseguita questa trasformazione potrebbe suscitare ulteriore polarizzazione.

Politica internazionale: forza o dialogo?

Le dichiarazioni contro i BRICS sono certamente forti e sembrano riaffermare una visione unilaterale del potere americano. Questo approccio può apparire controproducente, rischiando di isolare ulteriormente gli Stati Uniti. Tuttavia, è anche un messaggio chiaro per una base elettorale interna che chiede di tutelare il predominio economico e politico degli USA.

Il rischio,  è che questo atteggiamento provochi un irrigidimento dei rapporti globali. Una politica più dialogante, specialmente in un contesto di competizione multipolare, potrebbe produrre risultati più duraturi e vantaggiosi.

Equilibrio tra interno ed esterno

Trump sembra voler concentrare le risorse sugli Stati Uniti, riducendo il peso delle politiche estere. Tuttavia, la nomina di un consigliere per l’Ucraina che combina posizioni negoziatrici con un’ostilità verso la Russia evidenzia una certa ambiguità. Questo riflette forse la necessità di bilanciare il pragmatismo con la pressione politica interna, ma solleva interrogativi sulla coerenza complessiva della sua strategia.

Un giudizio alla prova dei fatti

Tutto questo ci suggerisce prudenza nelle valutazioni. La politica non è mai un progetto definitivo, ma un processo continuo che deve essere valutato nei suoi effetti concreti. È prematuro trarre conclusioni definitive, ma non è sbagliato riconoscere che le scelte di Trump potrebbero offrire una possibilità di cambiamento, pur con tutte le imperfezioni e i rischi del caso.

Considerazioni

In conclusione, il miglioramento che molti auspicano difficilmente potrà soddisfare pienamente tutte le aspettative, poiché Trump sarà inevitabilmente costretto a scendere a compromessi. Tuttavia, se il suo progetto politico riuscirà a bilanciare efficacemente la politica interna ed estera, accompagnandola con una maggiore trasparenza, potrebbe rappresentare un’occasione concreta per riformare un sistema che molti considerano ormai stagnante e degenerativo.

Ciò che tuttavia rimane fondamentale, pur non emergendo spesso nelle analisi, è il profondo decadimento spirituale che sta attraversando la politica e che inevitabilmente si riflette sui popoli. Sarebbe già un progresso significativo recuperare almeno la lungimiranza delle vecchie classi politiche, quando la politica manteneva un certo equilibrio di responsabilità verso il bene comune. Diventa quindi imprescindibile che le grandi élite oligarchiche globaliste abbandonino il loro progetto di sradicare l’uomo dal suo rapporto con Dio, cercando di imporre una realtà artificiosa e distorta. Queste ideologie, che si manifestano oggi sotto le forme del pensiero woke, delle teorie gender, delle politiche green radicali e di altre agende simili, minano le fondamenta spirituali e culturali della civiltà.

Sul fronte delle guerre, un aspetto particolarmente significativo è la volontà dichiarata di ridurre la dipendenza della politica statunitense dai conflitti armati. Questo obiettivo, che considero prioritario non solo per gli Stati Uniti ma anche per l’Europa, assume una rilevanza ancora maggiore in funzione della cessazione della guerra in Ucraina e del riconoscimento del principio di sicurezza richiesto dalla Russia da lungo tempo. Sebbene le ragioni differiscano tra le due sponde dell’Atlantico, una simile scelta strategica appare coerente con l’intento di rifocalizzare le risorse sul rinnovamento interno e sulla soluzione delle problematiche domestiche.

Come già detto, in questo scenario, è essenziale osservare con attenzione e senza pregiudizi l’impatto concreto di queste politiche, valutandone la capacità di rispondere alle esigenze reali della società e di contribuire a una visione più autentica e umana del futuro.

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“Penso che l’FBI abbia speso centinaia di migliaia, se non milioni, di dollari dei contribuenti per catturare queste persone… e l’FBI è stato sorpreso a mentire al mondo e dire: ‘Oh, non sapevamo nulla del 6 gennaio.’ Non si può ignorare il 6 gennaio e infiltrare 24 risorse umane riservate in vari gruppi in tutto il paese, catturarle e poi mentire al mondo al riguardo. Fondamentalmente è una ripetizione dell’intera faccenda del Russiagate”.