Oggi il presidente cinese Xi Jinping – la prima volta dall’inizio del conflitto – ha parlato al telefono con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Sia fonti ufficiali ucraine che Yu Jun, rappresentante del ministero degli Esteri cinese, hanno confermato che il colloquio è avvenuto “su iniziativa della parte ucraina”.
Il presidente cinese Xi Jinping ha ribadito alla sua controparte ucraina che “la Cina è sempre stata dalla parte della pace”. Come ricorderete, l’iniziativa cinese comprende un cessate il fuoco, la ripresa dei negoziati, lo scambio di prigionieri, l’espansione dell’accordo sul grano, il rifiuto delle misure sanzionatorie e il funzionamento sicuro degli impianti nucleari.
Hua Chunying, portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, ha twittato la posizione dettagliata del suo Paese dopo la conversazione tra i leader cinesi e ucraini:
Zelensky ha dichiarato che la conversazione con Xi “darà un forte impulso allo sviluppo delle nostre relazioni bilaterali”, ma resta il problema del divario tra la visione dell’Ucraina e quella della Cina sulla soluzione del conflitto.
La Cina ritiene che qualsiasi piano di pace dovrebbe portare alla fine delle ostilità e all’avvio di un processo di negoziazione, mentre l’Ucraina chiede un accordo di pace che preveda il ritiro delle truppe russe ai confini del 1991 e il pagamento di centinaia di miliardi di dollari in riparazioni.
Inoltre, è rilevante che il presidente ucraino si sia proibito la possibilità di condurre qualsiasi negoziato con la Russia tramite l’emanazione di un suo decreto ancora in vigore.
Da parte sua, l’Occidente insiste sulla necessità di un’offensiva ‘riuscita’ che, con altre migliaia di morti e distruzione sarebbe il prerequisito per l’avvio del dialogo di pace con Mosca.
Sotto un punto di vista razionale, questa controffensiva – che da parte occidentale è vista come necessaria e irrinunciabile – sarà un disastro perché la guerra non è una soluzione e la vita umana non ha prezzo. Tutti i nostri principi sono sconfitti dall’ostinazione mostrata dalle nostre elite che sono animate da una pervasiva volontà di percorrere la via della comprensione e delle ragioni reciproche. In particolare, ritengo che l’idea di coinvolgere nuovamente la popolazione di Mariupol, ovvero di una città che ha sperimentato la distruzione completa, è oltremodo cinico. Stessa cosa dicasi nel caso della Crimea: l’idea che la penisola – che non è stata invasa ma è passata sotto amministrazione russa per referendum – debba diventare campo di battaglia, non mi pare proprio una buona scelta da qualsiasi punto di vista che dia un certo spazio alla ragione. Non per nulla il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha definito questa posizione “schizofrenica”.
Nonostante queste posizioni siano apparentemente inconciliabili, la Cina sembra disponibile a compiere sforzi per stabilire un processo negoziale. Tuttavia, le autorità ucraine e i loro curatori occidentali hanno assunto un atteggiamento di chiusura aprioristica.
Così, la situazione rimane incerta, con l’Ucraina che cerca di guadagnare tempo per prepararsi ad un “contrattacco” e la Russia che si trova nella posizione di non poter perdere.
Anche se l’Ucraina e la NATO prendessero parte dei territori del Donbass e forse la Crimea, la guerra continuerebbe, fino alla totale distruzione dei territori e della popolazione contesa.
In questo contesto, non aiuta la posizione dell’Occidente che sembra non essere disposto a mutare le proprie posizioni e ad accettare soluzioni proposte da altri paesi, preferendo continuare ad imporre le proprie idee sulla risoluzione del conflitto.
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