Draghi, appiattendosi sulle posizioni di Zelensky, ci sta portando in guerra

Il Parlamento, in pratica, sta chiedendo che l’Italia entri in guerra. Veramente già lo siamo. Siamo già in guerra. Mandando le armi secondo il diritto internazionale siamo cobelligeranti.
Ma ora chiediamo di esserlo più attivamente. Ma che tipo di interesse personale sta perseguendo?
Questo è il problema. Un governo ha un unico compito: preservare il paese e fare i suoi interessi. Il nostro paese si chiama Italia, non Ucraina. Ma siccome è in ballo la fine del globalismo e la caduta del dollaro, c’è tutto questo attivismo bellico.
In occasione della tappa a Montecitorio nel giro virtuale dei parlamenti dell’Occidente del Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, condivido alcuni contributi di Visionetv.it:

22 marzo 2022

Zelensky in Parlamento
Ma è il discorso di Draghi quello che conta: e ci sta portando in guerra
di Debora Billi

Il discorsetto di Zelensky al Parlamento italiano non merita molti commenti: la solita favoletta basata su richiami emotivi destinati alla casalinga di Voghera ed a un popolo evidentemente considerato subnormale dagli spin doctor del Presidente ucraino. I bambini che piangono, e voi italiani amate tanto i bambini; la bella democrazia ucraina che il pazzo vuole distruggere; le mine nel mare di Odessa (che evidentemente i russi hanno messo per impedire il proprio sbarco); Mariupol paragonata a Genova (forse non sa che a Genova i ponti ce li facciamo saltare da soli, senza bisogno di Putin).

Insomma, il consueto spot pubblicitario scritto da esperti del settore. E il Parlamento italiano, persa ogni levatura istituzionale e costituzionale, ridotto a fare da claque sullo sfondo come ad Ok il prezzo è giusto.

Ma il vero discorso da ascoltare è quello, breve e conciso, di Mario Draghi, che approfittando della risonanza del momento ha arringato l’assemblea e l’Italia tutta. In poche parole: il premier ha tutte le intenzioni di trascinarci in guerra. Difesa delle posizioni ucraine ad ogni costo, ulteriori sanzioni alla Russia destinate a metterci in ginocchio se non a ridurci alla fame e persino, apertis verbis, “aiuti militari alla resistenza”.

L’impressione reale è che il discorso di Zelensky abbia rappresentato solo l’ouverture, l’introduzione, il pretesto per quello che doveva dire Draghi e che era il punto vero della giornata. Sia chiaro: non che il discorso del premier sia invece farina del suo sacco. Draghi ci ha messo solo quel suo tono assertivo e aggressivo che abbiamo già assaggiato in occasione del Green Pass (stile da dittatore al balcone, che nella neolingua dei Paesi democratici si chiama “leader”). Per il resto, delineava anch’esso una roadmap con tutta evidenza già stabilita altrove e chissà da quanto tempo: come “l’Italia vuole l’Ucraina nella UE”, ad esempio. E il Parlamento, che non ne sapeva nulla, clap clap.

La prova definitiva è che non ha mai menzionato l’interesse nazionale. Neanche per distorcerne il senso, neanche per piegarlo alle esigenze di un’entrata in guerra. L’Italia non ha rilevanza alcuna nel suo pensiero di portavoce di interessi esteri, e se si è degnato di spiegarci la triste sorte che ci attende è solo perché la casalinga di Voghera faccia poche storie quando sarà il momento. Molto, direi tutto, ricorda lo stile del discorso “non vi vaccinate, morite, uccidete gli altri” che probabilmente resterà nella Storia come la cifra dell’uomo Draghi.

A meno che nella Storia non venga sostituito, magari tra non molto, dal discorso sull’”ora delle decisioni irrevocabili”.

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Il 17 marzo 2022 l’inviato a Kyiv di la Repubblica, Fabio Tonacci, ha scritto: «È tutto un macabro show: spettacolo e realtà viaggiano confuse e parallele senza soluzione di continuità. La guerra dei media: creativi e vecchi amici sono le armi di Zelensky. Dietro alla comunicazione del Presidente autori e manager dello spettacolo. I discorsi sono scritti dallo sceneggiatore della serie tv satirica che lo ha reso famoso. Da quando è iniziata la guerra, Volodymyr Zelensky non ha detto una sola parola fuori posto. Le ha messe tutte sapientemente vicino al cuore di chi lo ascolta. Si è rivolto ai deputati e ai senatori americani spiegando che per l’Ucraina “ogni giorno è l’11 settembre”, davanti a quelli inglesi ha citato Churchill, col Bundestag ha evocato “il nuovo muro di Berlino innalzato da Putin”».

Poi, è arrivato l’autogol alla Knesset, paragonando non solo la guerra in Ucraina alla Shoah, ma si zappa il piede, osando di lodare gli Ucraini per aver “protetto” gli Ebrei dallo sterminio nazista. Gli Israeliani invece, gli hanno ricordato le atrocità di cui si sono macchiati nella Seconda Guerra Mondiale, come riferisce il Jerusalem Post.

“Apprezzo il Presidente dell’Ucraina e sostengo il popolo ucraino nel cuore e nelle azioni, ma è impossibile riscrivere la terribile storia della Shoa”, ha twittato il Ministro delle Comunicazioni israeliano Yoaz Hendel. “Il genocidio è stato commesso anche sul suolo ucraino. La guerra è terribile, ma il confronto con gli orrori della Shoah e la soluzione finale è scandaloso”.

L’ex Ministro Yuval Steinitz, ora deputato del Likud, ha detto: “Se il discorso di Zelensky fosse stato pronunciato in tempi normali [non bellici], avremmo detto che rasentava la negazione della Shoah. Ogni confronto tra una guerra regolare, per quanto difficile possa essere e lo sterminio di milioni di Ebrei nelle camere a gas nell’ambito della Soluzione Finale, è una totale distorsione della storia. Lo stesso vale per l’affermazione che gli Ucraini hanno aiutato gli Ebrei nella Shoah. La verità storica è che il popolo ucraino non può essere orgoglioso del suo comportamento nella Shoah degli Ebrei”.
Il politico sionista religioso Simcha Rothman ha contestato il riferimento di Zelensky agli Ucraini che hanno salvato gli Ebrei e ha twittato: “Non capisco l’ucraino, ma se la traduzione che ho sentito è corretta, Zelensky ci ha chiesto di trattare gli Ucraini come ci trattavano 80 anni fa. Mi dispiace, ma penso che dovremo respingere quella richiesta. Dopotutto, siamo una nazione morale”.

Gli Israeliani conoscono molto bene la storia della Shoah. 900.000 Ebrei dell’attuale Ucraina furono assassinati dai nazisti e dai loro collaboratori. Tristemente noto è «massacro della gola di Babi Yar», nei pressi di Kiev. Fu un sito di massacri durante la Seconda Guerra Mondiale ad opera dei nazisti e collaborazionisti ucraini ai danni della popolazione locale. Particolarmente noto e documentato fra tali massacri fu quello compiuto tra il 29 e il 30 settembre 1941, in cui trovarono la morte 33.771 ebrei di Kiev, secondo il dettagliato rapporto fatto da personalità e militari tedeschi. Fu uno dei tre più grandi massacri della storia della Shoah, superato solo dal massacro della Operazione Erntefest in Polonia nel 1943, con più di 42.000 vittime e dal Massacro d’Odessa nel 1941, con più di 50.000 Ebrei sterminati.

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«Al centro della foto è Stepan Bandera, nazista ucraino collaborazionista dei nazisti tedeschi, messo nel 1944 da Hitler a capo di un governo fantoccio e organizzatore di terrorismo in Ucraina dopo la sconfitta della Germania. Uccise e fece uccidere Polacchi ed Ebrei a decine di migliaia. Nel 2015 il nuovo regime “democratico” dell’Ucraina ha abolito la festa del 9 maggio, che prima lì come in Russia celebrava la sconfitta del nazismo, e ha deciso di festeggiare il compleanno di Bandera come ricorrenza patriottica nazionale. Quando Zelensky si rivolgerà al Parlamento italiano facendo appello alla Resistenza contro il fascismo, che a lui serve per chiedere la No Fly Zone cioè la terza guerra mondiale, gli si ricordi che i nostri Partigiani combattevano contro quelli come Bandera, che invece le milizie ucraine oggi hanno nei propri vessilli» (Giorgio Cremaschi).

Circa 80.000 Ucraini si offrirono volontari per le SS, rispetto ai 2.600 Ucraini documentati per aver salvato gli Ebrei. E prima ancora, alcuni dei peggiori pogrom della storia ebraica furono perpetrati in quella che oggi è l’Ucraina.

Ormai, la realtà esiste ancora ma non conta più e raccontarla è “complesso” e quindi opera di “Putinversteher”, da epurare e da mettere alla pubblica gogna. Il Foglio del 22 marzo 2022 titola la rubrica delle lettere: «L’alibi della complessità: chi non condanna Putin è complice». Siamo risucchiati in un mondo virtuale dove si parla di bombe reali come fossero coriandoli di carnevale. Tutto è diventato storytelling, narrazione unilaterale di propaganda. «C’è qualcosa di oscuro e inquietante nell’improvviso obnubilamento, iniziato esattamente due anni fa, di menti un tempo lucide e al servizio del Vero. È come se un cupio dissolvi della propria dignità intellettiva si fosse impadronito delle loro anime» (Massimo Viglione). Invece, noi continuiamo ad opporci al totalitarismo della narrazione mediatica e all’ipocrisia del politicamente corretto. #RestiamoLiberi

Nella serie “Servitore del popolo”, Volodymyr Zelensky, che all’epoca era uno dei più noti attori comici e satirici, interpreta un comune cittadino, insegnante di storia del Liceo, che viene inaspettatamente eletto Presidente in seguito alla diffusione e al successo virale di un suo video che denuncia la corruzione nel Paese. Una trama virtuale che si trasforma in realtà il 20 maggio 2019, con l’elezione proprio di Zelensky a Presidente dell’Ucraina. Con il ritorno della serie con Netflix per gli abbonati americani la realtà si confonde con il mondo virtuale e venerdì 18 marzo 2022 Primaonline.it ha rivelato che la fiction satirica approda su La7 e il ciclo della narrazione è completa: nata come fiction di satira, la serie è oggi visto come un documento di grandissima attualità, uno sguardo d’eccezione sulla cultura ucraina e di notevole importanza per capire i drammatici eventi del nostro tempo. Prodotta da Kvartal 95 e trasmessa in prima Tv dalla Rete televisiva Ucraina “1+1” tra il 2015 e il 2019 ,“Sluha Narodu” (Il servitore del popolo) e di cui Zelensky oltre che il protagonista è anche ideatore, regista e sceneggiatore, oggi è un vero e proprio cult, in onda con grande successo in molti paesi del Mondo.

Tornando a noi, visto che abbiamo in Italia un Presidente del Consiglio dei Ministri e un Ministro degli Esteri, che buttano benzina sul fuoco – certamente non per favorire la ricerca di un accordo e della pace e ci stanno trascinando in una terza guerra mondiale, sostenuti dal coro urlante di talk show televisivi e stampa mainstream – vale la pena ascoltare il Ministro degli Esteri ungherese che ha dichiarato che il suo governo  porrà il veto alle sanzioni dell’Unione Europea sulle importazioni di gas russo, sulla no-fly zone sopra l’Ucraina e anche sulla missione di mantenimento della pace in Ucraina.

«Ma voi ve lo immaginate Giulio Andreotti, più volte alla Farnesina, esprimersi come l’attuale ministro degli esteri Di Maio? Riuscite, anche solo un momento, a pensare a Cossiga alla Difesa con posizioni grossolane e ridicole come quelle di Guerini? E vi immaginereste mai un giornalista come Montanelli assumere toni sguaiati come quelli di Mieli o di Servegnini? Oggi ci troviamo dominati da un blob inconsistente di politici e giornalisti grosso modo tutti afferenti all’universo moderato e liberale: tutti sguaiati, irriflessivi, animati da un sordido conformismo, da una falsa coscienza cinica e balorda. Di fronte a questi personaggi la vecchia destra italiana appare nettamente più ragionevole e intelligente. Mai Andreotti – di cui era noto l’atlantistismo – avrebbe lasciato che l’Italia si appiattisse alle posizioni americane o a quelle di un comico in preda a delle convulsioni autodistruttive e suicide» (Paolo Desogus).

«Giletti che stringe tra le mani la bandiera ucraina recuperata tra le macerie e dichiara di portarla con sé in Italia è una scena teatrale ricca di pathos, ma non ha nulla a che fare col giornalismo indipendente» (laria Bifarini).

Può anche non piacere per diversi motivi, ma merito attenzione cosa ha da dire il Professore Alessandro Orsini: «La mia preoccupazione è l’Europa, perché non sa fare la guerra e non sa fare nemmeno la pace. E questo consegna l’Ucraina alla tragedia. Per fare la pace in primis bisogna smettere di demonizzare l’avversario politico, cioè di rappresentarlo come un animale come ha fatto Di Maio; la seconda cosa è normalizzarlo e l’ultima mossa è umanizzarlo del nemico: non è un porco, ma un essere umano come noi. Queste sono le precondizioni per sedersi al tavolo della pace. Se Putin è un mostro, sicuramente lo siamo anche noi. E posso fornire prove documentate: Bush scavalcò l’Onu e fece una guerra illegale in Iraq; sempre in Iraq, un gruppo di marines americani ha massacrato 24 civili a sangue freddo, sparando in faccia ad un bambino. Se Putin è un cane schifoso, tra schifosi possiamo intenderci e fare la pace» [QUI].

«In nome di chi e cosa Draghi ha stabilito che la guerra in Ucraina – Paese extra UE e fuori dalla NATO – dovesse diventare la nostra guerra? Unici in Europa a dichiarare lo “stato di emergenza” (non lo hanno fatto neppure i Paesi limitrofi), primi a rimetterci in termini di approvvigionamenti energetici, primi ad andare allo scontro con la diplomazia russa, nessuna titubanza nell’imporre sanzioni ed estrema determinazione nell’invio di armi. Il Governo Draghi ha una idea piuttosto bizzarra della pace e il suo bellicismo tanto più criminale quanto più si sostanzia in una guerra alla popolazione italiana e in pericoli per la sicurezza europea. Da quando in qua auspicare la pace per una nazione vuol dire armare la sua popolazione? Da quando un governo golpista, censorio, oppressore e con compagini naziste al proprio interno può dirsi partigiano? La verità è che il Governo Draghi ha un maledetto bisogno di una nuova emergenza per coprire le disastrose – e volute – conseguenze delle scelte suppostamente anti pandemiche, la verità è che da perfetti servitori USA accettiamo di condurre la loro guerra contro la Russia e contro il benessere dei popoli d’Europa, destinati all’impoverimento del “Grande reset”. Nulla a che vedere con la solidarietà e la pace ma l’opposto: odio, armi, povertà, schiavitù, razionamenti, svendita del patrimonio statale. Occorre cacciarli, in ogni modo possibile. In ogni modo possibile» (Fiorangela Altamura).

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