Tramite Luca Pinasco
Dopo il discorso di ieri Draghi è diventato “uno statista che pensa ai giovani”. Ma noi non dimentichiamo nulla di tutti i doni che ha fatto alle giovani generazioni.
Alla fine degli anni ’80 i giovani italiani avevano un futuro promettente. L’Italia aveva una posizione certa tra le potenze economiche mondiali grazie alla grande industria a partecipazione statale e alla produzione tecnologica avanzata, i salari crescevano e i contratti di lavoro davano certezze.
Poi è arrivato Mario Draghi che da Direttore Generale del Tesoro nel 2 giugno 1992 fece un discorso davanti ad una platea di ghiotti finanzieri e rappresentanti di banche d’affari suonando la campanella che diede inizio alla stagione delle privatizzazioni, liberalizzazioni e flessibilizzazione del mercato del lavoro.
Draghi fu artefice e attore della deindustrializzazione e mise l’Italia a rischio di degradare a paese esportatore di beni a bassa tecnologia (salame, pasta e vestiti), dove i lavoratori devono competere con lavoratori esteri sottopagati e devono farlo con contratti flessibili.
Il futuro dei giovani non era più così sicuro, ma in qualche modo ancora ci si arrangiava.
Ecco però che nel 2011 arriva di nuovo Mario Draghi che con Trichet firma la famosa lettera della BCE al governo italiano dando inizio alla stagione dell’austerity, la quale ha portato la disoccupazione giovanile ai massimi livelli ed ha lasciato ai giovani un paese con scarse prospettive di sviluppo, con un tessuto economico distrutto, con infrastrutture, ospedali, scuole fatiscenti e con ridotto personale.
Ecco, io credo che in pochi possano vantarsi di aver fatto tanti danni alle giovani generazioni quanti ne ha fatti Draghi.