Due prestigiosi economisti spiegano in sei punti perché il MES non va bene

Francesco Giavazzi , economista e accademico italiano e Guido Tabellini economista, accademico e rettore italiano ed ex rettore dell’Università commerciale Luigi Bocconi di Milano, scendono in campo. Nel dibattito in corso sul Mes , il  loro intervento costituisce un aiuto inaspettato quanto gradito. Ciò dimostra che la scelta di rifiutare il MES non è più una scelta dei ”keynesiani” ma una scelta dettata dalla ragionevolezza, che travalica gli opposti schieramenti.  Ripropongo questo contributo molto chiaro ed articolato. Esso,  potremmo dire rappresenta uno spartiacque: ora, in questo specifica contingenza storica, la stragrande maggioranza degli economisti italiani ed internazionali fanno quadrato contro l’applicabilità del MES, sottolineando l’inadeguatezza dello strumento.

patrizioricci by @vietatoparlare

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Eurobond perpetui contro il Covid-19

27.03.20 – Francesco Giavazzi e Guido Tabellini – fonte: tratto dal sito www.lavoce.info

Lo shock da coronavirus richiede un’importante risposta fiscale. Il costo del suo finanziamento dovrà essere distribuito su più generazioni. Lo si può fare attraverso bond perpetui o a lunghissima scadenza, garantiti dalla Bce. Ma bisogna agire subito.

Obbligazioni europee contro il Covid

Non sappiamo ancora quale sarà l’impatto economico della pandemia, ma è plausibile pensare che il sostegno dei governi all’economia dovrà essere a doppia cifra in percentuale al reddito nazionale. Come si può finanziare un tale sforzo senza che scoppi una seconda crisi dei debiti sovrani tra i paesi più deboli dell’area dell’euro?

Il nuovo Programma di acquisti per l’emergenza pandemica (Pepp) della Banca centrale europea, varato la settimana scorsa, ci ha fatto guadagnare tempo prezioso. Ma è stato disegnato soprattutto per evitare tensioni sulla liquidità e una fuga dai titoli di stato dei paesi con maggior debito. L’espansione monetaria prodotta dal Pepp coprirà alcuni dei bisogni di finanziamento. Ma il programma consente deviazioni solo temporanee dalla regola del capital key per gli acquisti della Bce, un limite che potrebbe indebolire l’intervento del sostegno monetario ai paesi ad alto debito. Bisogna fare di più. Dobbiamo trovare accordi finanziari alternativi che proteggano l’Eurozona dal ripetersi di crisi simili a quella del 2011.

La nostra proposta prevede l’emissione di bond a scadenza di 50 o 100 anni o addirittura di obbligazioni perpetue (conosciute anche come Consols o titoli di debito pubblico consolidato, cioè titoli a cedola fissa senza scadenza). La Bce dovrebbe essere pronta ad acquistarli per stabilizzarne il tasso di interesse, evitando quindi di alimentare preoccupazioni sulla sostenibilità del debito. Esistono chiare ragioni economiche per una scelta di questo tipo:

 Uno shock delle dimensioni di quello prodotto dal Covid è simile a una guerra ed è perciò corretto distribuire il suo carico finanziario su più generazioni.

 I nuovi titoli potrebbero essere emessi rapidamente a condizioni modellate sul problema specifico.

 Un’azione così audace produrrebbe un effetto “whatever it takes” ed escluderebbe lo scenario da incubo dell’emergere di una nuova crisi dell’Eurozona nel bel mezzo di quella causata dal Covid.

Gli stati membri dovrebbero emettere tutti insieme una grande quantità di Covid Eurobond a lunghissima scadenza, garantiti dalla loro capacità fiscale collettiva. Ogni paese emetterebbe le proprie obbligazioni, che però sarebbero identiche tra loro in ogni altro aspetto. Il rating comune, e dunque il costo, sarebbe il risultato della garanzia comune derivante dalla capacità fiscale congiunta degli stati che partecipano all’emissione.

I vantaggi dei Covid-bond

È una soluzione con diversi vantaggi.

– Con il supporto della Bce, i tassi di interesse potrebbero essere mantenuti molto bassi e il rischio di insolvenza sarebbe limitato all’improbabile ipotesi che i paesi decidessero di non rispettare l’accordo iniziale.
Per esempio, con un tasso di interesse dello 0,5 per cento, finanziare un debito pari al 10 per cento del Pil costerebbe solo lo 0,05 per cento del Pil ogni anno, una somma trascurabile.

– La scadenza di questo debito addizionale sarebbe molto lunga. Ciò implica che i paesi già altamente indebitati non vedrebbero crescere il rischio di una crisi per il rifinanziamento del proprio debito attuale.
Non si si potrebbe affermare lo stesso per una linea di credito a breve offerta dal Mes (Meccanismo europeo di stabilità).

– L’inflazione in questo momento non è una minaccia; il pericolo, al contrario, è oggi rappresentato dalla deflazione.
Il fatto che lo sforzo fiscale sia in parte sostenuto dalla Bce fa parte della risposta di politica economica ottimale.

– Questa disposizione finanziaria non ostacolerebbe l’indipendenza della Bce nel caso in cui il rischio di inflazione emergesse in futuro.
La Banca centrale rimarrebbe libera di ridurre la dimensione del proprio bilancio, se ciò fosse ritenuto necessario.

Le nuove emissioni sarebbero complementari ad altre proposte avanzate di recente.

Differenze rispetto alla proposta per una linea di credito relativa al Covid

L’ipotesi di creare una nuova linea di credito presso il Mes, in relazione all’epidemia, – come suggerito da Benassy-Quéré et al. (2020) – farebbe immediatamente aumentare le possibilità di finanziamento fino al 3,4 per cento del Pil dell’Eurozona. La proposta fa un passo nella giusta direzione, ma ha alcuni limiti.

– Primo, i fondi disponibili rimarrebbero limitati rispetto a quelli probabilmente necessari, anche se il problema si potrebbe risolvere aumentando il capitale del Mes.

– Secondo, la scadenza dei prestiti offerti ai singoli paesi è altrettanto importante quanto la loro dimensione.
Non si possono ottenere scadenze “multi-generazionali” con una linea di credito del Mes. Ne deriva che il rischio di una crisi dei debiti sovrani verrebbe solamente posticipato e non evitato; oppure, l’azione della politica fiscale verrebbe limitata a una dimensione non in grado di offrire un sostegno adeguato all’economia.

– Terzo, in base al suo statuto, il Mes può fare prestiti solo a paesi con un debito pubblico sostenibile.
Ciò implica che l’analisi della sostenibilità del debito è prerequisito di ogni suo prestito. Nella situazione attuale, un parere positivo non può essere dato per scontato.

– Quarto, il Mes è stato concepito per sostenere un singolo stato in un momento di crisi finanziaria, non per finanziare un ampio shock comune.
Da questo punto di vista, è importante che i fondi del Mes rimangano a disposizione per il loro obiettivo originale, soprattutto una volta che il picco della crisi sarà superato.

– Quinto, la condizionalità a posteriori – legalmente richiesta per ogni prestito del Mes – potrebbe essere un ostacolo all’effettivo utilizzo dei fondi.
Durante la crisi del Covid, che potrebbe durare un anno o anche più, i paesi dell’Eurozona avranno bisogno di prendere a prestito non solo per investire in infrastrutture sanitarie ma anche per adottare misure di sostegno al reddito e per iniettare capitale che eviti il fallimento di molte imprese. È importante che qualsiasi linea di credito fornita dal Mes garantisca esplicitamente queste spese.

– Sesto, il Mes è un’istituzione intergovernativa, sulla quale i parlamenti dei singoli stati hanno diritto di veto.
Esiste dunque il rischio che la modulazione e l’attuazione della linea di credito vengano distorte da logiche individualistiche, anziché tutelare l’interesse comune.

Tutti questi limiti potrebbero essere superati riscrivendo le regole del Mes e quelle del suo trattato. Sarebbe un passo avanti verso il migliore assetto istituzionale per affrontare le necessità di finanziamento indotte dalla crisi del Covid. Col tempo, il Mes potrebbe nel tempo diventare il “dipartimento del Tesoro” dell’Eurozona, permettendo alla politica fiscale e a quella monetaria di coordinarsi, come avviene negli stati “normali”. Ma la strada verso la soluzione ideale richiederebbe tempo e già nelle sue prime fasi il processo di negoziazione tra gli stati membri potrebbe creerebbe incertezza riguardo al risultato.

Il tempo, tuttavia, è un bene prezioso a questo punto della crisi del Covid e l’incertezza riguardo al cambiamento delle regole potrebbe, di per sé, risultare destabilizzante.

Momento storico da cogliere

L’accordo per il finanziamento di Eurobond perpetui andrebbe raggiunto al più presto possibile. Posticiparlo sarebbe controproducente per due ragioni. Prima di tutto, perché una risposta immediata sarebbe molto più efficace nel prevenire un tracollo economico. In secondo luogo, perché è ormai chiaro che tutti i paesi sono stati colpiti da uno shock esogeno; tra uno o due anni, le recriminazioni riguardo all’azzardo morale e a scelte politiche sbagliate riemergerebbero e una risposta coordinata sarebbe politicamente più complicata da raggiungere.

Stiamo attraversando un momento critico della storia. Se mal gestita, la crisi economica che incombe potrebbe distruggere il progetto europeo, con implicazioni politiche enormi. L’alternativa a una risposta coordinata e coraggiosa sta nel continuare a piegare il quadro istituzionale esistente, con aggiustamenti ad hoc che ne minano la credibilità nel lungo periodo fino a quando non sarà definitivamente frantumato.

* Questo articolo è pubblicato in inglese su Voxeu con il titolo “Covid Perpetual Eurobonds: Jointly guaranteed and supported by the ECB”. Traduzione di Massimo Taddei

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