Ecco perché io, convertita, non voglio un simil-cattolicesimo, ma una fede piena

Cari amici di Duc in altum, oggi vi voglio proporre una bella lettera che ho ricevuto da Mariasole, una giovane tornata al cattolicesimo nel senso pieno del termine dopo anni di quello che lei definisce, argutamente, “simil-cattolicesimo”. Una testimonianza sulla quale meditare, specie là dove afferma che le brutte chiese contemporanee e le liturgie sciatte o “creative” sono vissute con sofferenza da chi ha ritrovato la fede dopo una conversione.

A.M.V.

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Gentile Aldo Maria Valli, è la prima volta che le scrivo. Ciò che mi ha mosso è stato il suo post nel quale spiega di avere un debole per i convertiti.

Ebbene, io sono una ragazza convertita e le posso raccontare la mia piccola testimonianza.

Sono nata in una famiglia cattolica che però non era praticante, nel senso che negli anni praticò sempre meno anche la Messa domenicale.

Io sono vissuta per anni in questo limbo che chiamo “simil-cattolicesimo”, dove si può unire, nel modo più naturale possibile, il diavolo e l’acqua santa, in una specie di mix di zucchero e sale che, come si sa, rende le patatine del fast food irresistibili dal punto di vista neurologico.

Il bispensiero cattolico per me non aveva confini fino a che il Signore mi ha ricordato che l’importante non era imbozzolarmi nello zucchero filato, ma diventare sale della terra, e così ho incominciato la mia nuova vita da convertita.

Per questo posso dirle per esperienza, caro dottor Valli, dato che lei credo sia sempre rimasto nel Signore, che il convertito non smette mai la sua conversione, nel senso che, a furia di convertirsi, diventa come una vite senza fine, ed ecco forse perché, come San Paolo, sono proprio i convertiti quelli più determinati.

I primi tempi andavo a confessarmi a Santa Maria Maggiore e, guardando la magnificenza di quel luogo santo, mi sono sentita davvero a casa e ho capito perché le nostre chiese sono così belle.

Dissi al confessore: “Io ora mi sento a casa, anche Santa Maria Maggiore è la mia casa, e capisco che chiunque abbia dato un contributo a questa bellezza, dal semplice muratore al Papa, l’ha sentita casa sua, perché noi siamo figli e questa è casa di nostro Padre. Ed ecco perché è venuta così bella. Se uno avesse i fondi, non si costruirebbe una casa bella, ricca, ricercata in ogni particolare?”.

Ecco, questa sensazione di “casa” (nella casa della verità, dell’amore e della bellezza, appunto, come dice il titolo del suo post) è molto forte in noi convertiti, perché prima eravamo  tristi mendicanti che vivevano nelle luride, conformi, accecanti vie del mondo.

Ecco perché quando entro in una chiesa che sembra un’autorimessa, con le schitarrate nonsense, con la predica randomica, gli applausi e l’approccio da parroco one man show, fatico a ritrovarmi “a casa”: mi sembra di essere tornata là fuori, quando non avevo una Famiglia (cristiana).

Grazie per avermi letto.

Con grande stima

Mariasole

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