Dalle elezioni per il Parlamento Europeo il PD è uscito più forte che mai e ora Renzi si avvia, salvo imprevisti, a un governo di legislatura. Il M5S e FI pagano una campagna elettorale che definire stolta è dir poco. La “moderazione” apparente di Renzi, che accortamente non è sceso al livello dei suoi avversari, gli ha regalato un risultato al di là di ogni aspettativa e per giunta sembra avergli conferito quella legittimazione democratica che gli mancava.
Il voto italiano è il più “europeista” tra quello dei paesi di primo piano della UE, ma questo è avvenuto grazie a un paradosso. Il PD ha vinto perché queste elezioni non avevano affatto come tema principale l’Europa, ma sono state intese come un plebiscito pro o contro il governo per fini di politica interna. Ora chi ha voluto la prova di forza è stato servito.
È stato Renzi a vincere, o è stato il demerito dei suoi avversari? Probabilmente entrambe le cose. Renzi ha saputo scippare alcuni temi cari al centrodestra senza realmente condividerne le idee. È stato il primo politico della sinistra che ha avuto l’intuizione che gli elettori del centrodestra andavano corteggiati anziché demonizzati, e questa tattica ha ampiamente pagato.
Il comportamento del M5S è stato incredibile, ai limiti della follia suicida. Ha condotto una campagna elettorale basata esclusivamente su insulti, minacce, rivendicazioni insensate di vittoria anticipata che mascheravano l’assoluta assenza di idee e proposte. Ha ragione chi ha scritto che il M5S è stato forse uno specchietto per le allodole, un falso partito di opposizione che doveva incanalare il malcontento in una direzione innocua per chi siede nella stanza dei bottoni e non rende conto a nessuno del proprio operato.
Sulle forze di centrodestra sarebbe meglio stendere un velo di pietoso silenzio. Più che di una sconfitta bisognerebbe parlare di una rotta. Personalismi, voltafaccia, scismi, meschine ripicche e illusioni velleitarie di un ritorno alle origini hanno tolto ogni credibilità a Berlusconi e a FI. Inutile incolpare solo le toghe rosse. Il movimento non c’era più da anni, e solo pochi illusi si aggrappavano fideisticamente al nome del Capo ripetendolo come un mantra. Il NCD gongola della sua strepitosa quota al 4%. Resta da spiegare in che modo riuscirà d’ora in poi a influenzare il PD che ha preso dieci volte tanto.
In conclusione, Renzi ha vinto perché “nel paese dei ciechi, l’orbo è re”. Di fronte all’inconcludenza velleitaria delle altre forze politiche, il PD è apparso come l’unica alternativa seria e credibile, anche perché il governo sembra voler mantenere tutte le sue promesse a cominciare dai famosi 80€ in più nella busta paga. Ma manterrà anche ben altre promesse, come vedremo subito.
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Cosa è successo intanto al voto cattolico? E sopratutto, esiste ancora un voto cattolico? Io credo che queste elezioni siano le prime ad averne certificato definitivamente e irrimediabilmente il decesso. È stato il voto più laico che si sia mai verificato finora nella storia della Repubblica. Non occorre essere dei geni per capire che quello delle europee è stato un voto contro la vita e contro la famiglia, un voto che ci porterà dritto filato ai “nuovi diritti civili”; un voto che ribadirà ancora più strettamente le catene dell’invadente burocrazia dello stato e della UE; un voto a favore di una sempre più grave espropriazione della nostra sovranità nazionale; un voto che spalanca senza più rimedio le porte a un immigrazionismo incontrollato.
In questa campagna elettorale i cattolici non sono esistiti, punto e basta. Nella massima parte si sono accodati a Renzi pensando che fosse “il male minore” (come mi è toccato sentire da un prete tutto contento di averlo votato). Il popolo cattolico che si mobilitò con Ruini non esiste più, è “satisfatto e stupido”, per dirla con Machiavelli.
Le cause di questa sconfitta sono molteplici ma una mi sembra particolarmente importante: la debolezza culturale, l’incapacità di porsi sulla scena pubblica con la propria identità e la propria storia, la ricerca del compromesso a tutti i costi.
La prova a contrario è il risultato del voto in Francia, in Inghilterra e nella calunniatissima Ungheria, dove i partiti di destra non hanno avuto paura di presentarsi come tali, e dove hanno raccolto la maggioranza dei consensi. Anche se non si tratta di partiti dichiaratamente cattolici, che anzi non hanno nelle loro priorità la promozione dei valori non negoziabili (a parte l’Ungheria), quel che interessa qui è constatare che la chiarezza e la capacità di affrontare di petto il “politically correct” pagano sempre. Una chiarezza che al mondo cattolico è clamorosamente mancata e che costerà danni irreversibili al tessuto morale e umano del nostro paese.