Gaza: la notte della verità e del diritto umanitario

Finta scadenza temporale per Israele e ruolo degli Stati Uniti

La maggior parte dei media riferisce che Israele ha un periodo limitato, estendendosi fino al nuovo anno, per sconfiggere Hamas, come permesso dagli Stati Uniti per le operazioni nella Striscia di Gaza.

Durante una recente visita in Israele, il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha enfatizzato un messaggio simile, sollecitando Israele a minimizzare le sofferenze dei civili palestinesi, specialmente nel sud della Striscia di Gaza. Nonostante ciò, se gli USA dovessero imporre la fine dei bombardamenti all’inizio del prossimo anno, è probabile che Israele continui le sue azioni militari, anche se in forma ridotta. In tale contesto, Hamas potrebbe riuscire a mantenere il controllo su una parte della Striscia di Gaza, ostacolando l’obiettivo principale di Israele di neutralizzare i responsabili dell’attacco del 7 ottobre.

La vera Strategia Israeliana non ha solo come obiettivo Hamas

Queste affermazioni, tuttavia, non riflettono necessariamente la realtà e hanno guadagnato credito principalmente tra osservatori poco attenti. Se Israele avesse voluto eliminare Hamas, avrebbe potuto farlo in precedenza, quando era più facile. Invece, ha permesso a Hamas di crescere, finanziandolo indirettamente.

Israele e la guerra ‘preventiva’ in Siria

Questa non è la normale strategia di Israele. Quando si tratta di sicurezza, Israele agisce in anticipo, talvolta anche in modo eccessivo, contro minacce inesistenti per neutralizzare potenziali minacce ai suoi piani. Guardando le azioni di Israele in Siria negli anni passati, si nota un’applicazione rigorosa della guerra preventiva, con centinaia di attacchi aerei, principalmente su Damasco e Aleppo.

Obiettivi di Israele nella Striscia di Gaza

Pertanto, non è corretto affermare che l’obiettivo di Israele sia eliminare Hamas. Piuttosto, Israele mira a liberarsi dei palestinesi della Striscia di Gaza, con l’intenzione di trasferirli in Egitto e, come seconda opzione, ridurre il territorio occupato dai palestinesi.

Se il progetto dovesse avere successo, la popolazione palestinese sarebbe costretta a lasciare Gaza per il Sinai, vicino al Canale di Suez. Questo permetterebbe a Israele di raggiungere i propri obiettivi di sicurezza e prosperità, trasformando Gaza in un hub energetico di primaria importanza nel Mediterraneo.

Tuttavia, non è escluso che i palestinesi, una volta reinsediati nel Sinai, possano continuare attività terroristiche, fornendo così al governo israeliano un pretesto per espandersi ulteriormente nel Sinai in nome della sicurezza.

Questa ipotesi è piuttosto speculativa, considerando che gli stati arabi sono oggi molto meglio armati rispetto al periodo della Guerra dei Sei Giorni. Tuttavia, il meccanismo che ha permesso a Israele di espandere i propri territori è evidente in questa strategia. Nel frattempo, continuano le azioni controverse e illegali delle truppe israeliane, con un’apparente indifferenza verso il diritto umanitario. Le azioni dell’IDF sembrano sfuggire alla condanna da parte di organizzazioni internazionali o corti penali, così come alle sanzioni, nonostante il numero elevato di vittime civili. Questo dimostra un’applicazione selettiva del diritto internazionale, che sembra essere invocato solo quando non danneggia gli interessi degli Stati Uniti o contro avversari, anche in assenza di prove concrete.

Riflessioni di Lorenzo Maria Pacini sul Diritto Internazionale

In proposito è interessante ciò che ha detto il professore associato di filosofia politica e geopolitica, Lorenzo Maria Pacini durante un suo recente intervento sul canale youtube “il Vaso di Pandora“:

“Mi permetto di fare anche una chiosa personale. Io insegno diritto internazionale umanitario e, nella prima lezione di diritto internazionale, si insegna che il diritto internazionale non esiste. Perché, sin da quando Alberigo Gentili lo teorizzò, per avere il diritto internazionale sarebbe necessario che due soggetti che si relazionano fra loro fossero su uno stesso piano. E credo che sia pacifico riconoscere che la Palestina, con i sassi e i razzi arrangiati, e gli Stati Uniti d’America, con un territorio che è quante migliaia di volte essa, un prodotto interno lordo altrettanto e armi nucleari in abbondanza, non sono su uno stesso piano quando si relazionano. E dunque, il diritto internazionale è, come si suol dire, un diritto parziale, fondato su convenzioni e accordi che vengono stipulati e poco spesso ratificati fra parti interessate.

Fondamentalmente è il diritto delle Nazioni Unite. Questo lo dico, diciamo così, anche un po’ a discapito di quel diritto internazionale umanitario che è stato sbandierato a lungo come la salvezza attraverso le varie Convenzioni di Ginevra, che avrebbe dovuto portare al non replicarsi e non succedere proprio di eventi come quello che stiamo vedendo nel conflitto israelo-palestinese. Non dico per fortuna, perché sarebbe macabro, ma finalmente ci siamo resi conto che non funziona e non può funzionare.

Primo, per una questione squisitamente filosofica: fintanto che mettiamo l’uomo al servizio della legge e non la legge al servizio dell’uomo, e ci dimentichiamo che l’essere umano, con la sua dignità ontologica, viene prima di qualsiasi diritto positivo creato da qualche trattato e qualche legge, non andremo molto avanti come umanità. In secondo luogo, perché abbiamo creduto che quella entità che è governata dagli Stati Uniti d’America, che sono le Nazioni Unite, che sono state create da loro, potesse garantire che il padrone di casa non facesse quello che voleva, dove voleva, quando voleva e come voleva.

E quindi ci si sta rendendo conto che tanti trattati, convenzioni, riunioni, meeting ed Expo internazionali non sono serviti a niente, se non che a incensare i conti correnti dei soliti noti. E nel momento in cui si profila una crisi umanitaria, dove si palesano finalmente alcune cose che, penso, in questa sede e in tante altre ben spesso abbiamo ripetuto, ecco che ci si trova di fronte a un corto circuito di un sistema, perché stiamo cercando di salvare un incendio gettando diversi tipi di liquidi infiammabili a tempi alterni sull’incendio.

Questa crisi internazionale, per quanto mi riguarda, pone il problema anche della necessità, fattibilità e reale presenza delle Nazioni Unite come organizzazione transnazionale, con tutte quelle che poi esse hanno prodotto, che sappiamo bene essere varie ed eventuali per ogni tipo di esigenza. E sicuramente non sarà, mi spiace dirlo, risolvibile la crisi internazionale che c’è in corso, questo genocidio vero e proprio, tramite quegli strumenti che sono pilotati, creati ad hoc. Ed è chiaro che, nel momento in cui sono stati realizzati, io invito a leggere anche le stesse convenzioni dell’ONU, eh, per quanto sia una tortura. Sono stati fatti apposta per tutelare gli Stati Uniti d’America.

Sono state fatti apposta. Non mi si venga a dire che non è vero. Prendete qualsiasi manuale di diritto internazionale, leggete le semplici su Wikipedia, leggete come funziona il diritto delle Nazioni Unite. Ci renderemo conto che l’umanitaria è fondamentalmente un aggettivo che è stato messo accanto a un diritto parziale, creato da una nazione, da uno Stato egemone, per ammantare di candida neve quello che invece era sporco sangue. E questo mi spiace doverlo dire anche con una certa serietà, perché si sta cercando di fare di tutto e si sta sparando sulla Croce Rossa, letteralmente, letteralmente, di fronte al disinteresse internazionale e a un omertoso silenzio di tutte le istituzioni politiche e religiose.”.

Considerazioni

Vorrei sottolineare che gli eventi attuali a Gaza non dovrebbero essere interpretati superficialmente, ma analizzati alla luce della cruda realtà. Questa realtà è il risultato di una situazione che si è deteriorata fin dall’inizio, quando i britannici promisero segretamente la stessa terra sia agli ebrei che agli arabi. Questa ambiguità ha segnato decenni di storia, accompagnata da una costante strategia di “divide et impera”, un metodo attraverso il quale l’Occidente, in particolare il mondo anglosassone, ha esercitato il suo potere globale.

Oggi, siamo testimoni di numerose atrocità commesse nella Striscia di Gaza contro i civili. Il massacro avvenuto il 7 ottobre non può essere considerato una giustificazione valida; un atto di violenza non ne legittima uno ancora più grande. Le civiltà si distinguono per il loro modo di agire, e questa dura realtà non può essere nascosta o ignorata. Di conseguenza, ci troviamo in un periodo buio, con una classe politica occidentale che sembra pervasa da un delirio di onnipotenza, mentendo ai propri cittadini e giustificando atrocità quando vengono commesse dai “propri” alleati o in nome dei propri interessi.

Che sia questo Natale di ispirazione più che mai, questo è l’augurio che faccio a me e a voi. Sapere sempre precisamente la direzione da seguire verso la Luce è più importante che fare le “cose buone”. Per le cose buone ci sono i maestri, e come vediamo, le organizzazioni autoreferenziali internazionali, che alla fine dimenticano perchè chi esistono.

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Life in Gaza” by United Nations Photo is licensed under CC BY-NC-ND 2.0

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