La doppia morale dell’Unione Europea sulle elezioni in Georgia
Le recenti elezioni presidenziali in Georgia hanno messo in luce, ancora una volta, il duplice standard adottato dall’Unione Europea nel giudicare i processi democratici nei paesi terzi. Nonostante gli Osservatori OSCE abbiano dichiarato che le elezioni, pur con alcune irregolarità, non presentano problemi tali da invalidarne i risultati, l’UE sembra non voler riconoscere la legittimità del nuovo presidente, Mikheil Kavelashvili, eletto lo scorso fine settimana da un collegio elettorale composto da rappresentanti del partito al potere, Georgian Dream. Il motivo? I risultati non corrispondono alle aspettative politiche di Bruxelles.
Questa posizione è stata criticata apertamente dal Ministro degli Esteri lussemburghese, che ha definito “estremamente sbagliata” l’idea di imporre sanzioni a un paese per elezioni “non gradite” dall’Unione Europea. Tuttavia, diverse nazioni, tra cui i Paesi Baltici, Svezia e Paesi Bassi, hanno richiesto azioni punitive immediate, dimostrando ancora una volta come l’UE, lungi dall’essere un’entità che rispetta la diversità di opinioni, si comporti come un blocco monolitico dove pochi paesi impongono la linea a tutti gli altri.
L’intervista del nuovo presidente
Il neo-eletto presidente Kavelashvili ha rilasciato la sua prima intervista al canale governativo Imedi, sottolineando il suo impegno a difendere gli interessi della Georgia senza sacrificare i valori, la lingua e la fede del paese. Dichiarazioni come: “Non ha senso che la Georgia aderisca all’UE abbandonando i suoi valori. Vogliamo diventare membri dell’Unione Europea così come siamo” delineano chiaramente una visione indipendente e sovrana, in netto contrasto con le richieste dell’UE.
Sanzioni e minacce
In risposta alle elezioni, Estonia e Lituania hanno già imposto sanzioni contro decine di funzionari georgiani, inclusi il primo ministro Irakli Kobakhidze e membri chiave del governo. Queste misure, che vietano l’ingresso nei loro territori e lo svolgimento di attività economiche, sono state definite dal sindaco di Tbilisi e segretario del partito Georgian Dream, Kakha Kaladze, come “il culmine dell’ingiustizia”. Kaladze ha accusato l’UE di voler imporre una narrazione distorta della realtà e ha auspicato un cambiamento nell’approccio europeo con l’insediamento della nuova amministrazione Trump negli Stati Uniti.
In questo contesto, l’UE valuta anche la possibilità di restringere il regime di viaggi senza visto per i cittadini georgiani, un provvedimento che rappresenterebbe un’ulteriore pressione su un paese già alle prese con proteste antigovernative e tensioni interne.
L’instabilità interna e il ruolo dell’UE
Intanto, le proteste antigovernative in Georgia continuano, ma con una partecipazione sempre più ridotta. Dopo 19 giorni di manifestazioni, la situazione rimane fluida ma priva di sviluppi significativi. Centinaia di persone sono state arrestate, mentre le autorità georgiane, ben lontane dal fare concessioni, ribadiscono la legittimità delle loro azioni. Nonostante questo, l’UE sembra intenzionata a intensificare le pressioni sul governo di Tbilisi, ignorando il fatto che tali ingerenze non fanno altro che alimentare ulteriormente le tensioni.
Critiche all’approccio europeo
La posizione dell’UE non solo solleva dubbi sulla coerenza dei suoi valori dichiarati, ma mette in discussione la sua reale volontà di favorire il dialogo e la stabilità nella regione. Paesi come Ungheria e Slovacchia si sono distinti per una visione più indipendente, riconoscendo la validità delle elezioni georgiane e sottolineando l’importanza di rispettare la sovranità di Tbilisi.
Al contrario, la maggior parte degli stati membri dell’UE sembra adottare un approccio punitivo, basato più su calcoli geopolitici che su principi democratici. La contraddizione è evidente: da un lato, l’UE critica le autorità georgiane per presunti metodi repressivi, dall’altro, impone sanzioni che colpiscono direttamente il popolo georgiano, aggravando le tensioni e le difficoltà economiche e sociali del paese.
Quindi per il presidente eletto e il partito Sogno Georgiano continuiamo ad assistere a campagne di discredito senza precedenti, con parlamentari europei che scendono in piazza per sostenere l’opposizione. Un atteggiamento che contrasta clamorosamente con quanto accade in Romania, dove – come abbiamo visto – basta un post su TikTok, considerato propaganda a favore di un candidato critico verso l’UE, per arrivare addirittura all’annullamento delle elezioni.
E attenzione: nel caso rumeno non si parla nemmeno di brogli elettorali, ma semplicemente dell’accusa che una presunta “propaganda russa” avrebbe favorito un candidato al primo turno. In quel contesto, l’UE non solo tace, ma sembra legittimare l’intervento. Due pesi e due misure: in Georgia si discredita il risultato perché non conforme alle aspettative europee, mentre in Romania si accetta senza discussioni un’ingerenza politica della Corte Costituzionale che mina direttamente la sovranità democratica.