Gilet gialli, atto XIX: militari condannano il ricorso all’esercito

La rivista online indipendente Mediapart pubblica un’intervista a dei militari francesi prima dell’Atto XIX, per il quale  Macron ha mobilitato l’esercito. I militari esprimono le loro preoccupazioni sui pericoli per lo stato di diritto, dato che i soldati non sono addestrati per fronteggiare manifestazioni di piazza, né sono propensi a considerare i cittadini francesi dei nemici da combattere.  Come afferma uno di loro, solo nelle dittature si ammazzano i manifestanti.

di Pascale Pascariello, 22 marzo 2019

Mercoledì Benjamin Griveaux , il portavoce del governo, ha annunciato la mobilitazione dei soldati dell’ “Operazione Sentinelle” per garantire la sicurezza nella prossima manifestazione dei gilet gialli in programma per Sabato 23 marzo.

Da parte sua, il Ministro della Difesa, Florence Parly, si è mostrato rassicurante nel dire ai parigini, venerdì 22 marzo, che la missione militare “intende proteggere gli edifici pubblici ed è fuori questione  che l’esercito debba affrontare i dimostranti”. Una versione molto diversa da quella del generale Bruno Leray, comandante militare di Parigi, pubblicata lo stesso giorno su France Info.  Il generale ha dichiarato che i soldati “hanno varie modalità di azione per far fronte alle diverse possibili minacce […]. Se le loro vite o quelle delle persone che stanno difendendo saranno minacciate, potranno arrivare ad aprire il fuoco’“.

Il Codice della difesa prevede che le forze armate possano essere “legalmente obbligate” a partecipare al mantenimento dell’ordine. I soldati dell’esercito, della marina o delle forze aeree vengono mobilitati per “missioni” a rinforzo della polizia, per “missioni di protezione” e “in ultima analisi, possono essere mobilitati per azioni di forza che richiedano misure di sicurezza eccezionali.”

L’uso dei militari e l’annuncio da parte del governo della loro presenza questo sabato ha lo scopo di mostrare una maggiore fermezza, ma questo uso repressivo dell’esercito è molto pericoloso“, lamenta Michel Goya. L’ex colonnello ha comandato un reggimento di fanteria della marina prima di insegnare all’Ecole Pratique des Hautes Etudes. Oggi cura un blog, La voie de l’épée (La voce della spada), dedicato all’analisi e alla storia militare.

Durante la guerra d’Algeria, l’esercito è stato usato perché si riteneva di di fronteggiare un nemico, un’organizzazione armata, il che poteva essere discutibile ma era accettato. Ma in Francia, nella Francia continentale, l’ultima volta che i soldati hanno partecipato a delle operazioni di polizia e di mantenimento dell’ordine, è stato nel 1947” precisa Michel Goya.

Quando i soldati intervenivano nei movimenti sociali, all’inizio del secolo, contro i vignaioli del sud o contro i minatori del nord, è sempre stata una tragedia. Ecco perché dopo la prima guerra mondiale questi sono stati rimossi dalle forze dell’ordine ed è stata creata la gendarmeria mobile“, ricorda Goya.

Il generale si dichiara preoccupato per il cambio di prospettiva sull’uso dei militari. “A partire dal piano Vigipirate (Vigilanza e Protezione dei servizi contro il rischio di attentati terroristici stragistici), i militari sono stati presenti nei movimenti sociali senza venire coinvolti, perché non devono esserlo. La loro presenza era stata legittimata dalla lotta contro il terrorismo, che era un piano a lungo termine e del quale, ancora, si può discutere. Ma in nessun caso il loro nemico erano i cittadini che manifestavano per ragioni economiche e sociali.

Il ricorso all’esercito equivale a “designare un nemico, come accade in guerra. In questo caso, i gilet gialli sono il nemico“. Il generale vede in questa strategia come un tentativo da parte del governo di “elevare i cittadini al rango di nemico, elevando il livello della risposta. Ebbene la risposta per noi non può essere commensurata. Se c’è aggressione, c’è l’uso di armi, armi letali. I ministri della Difesa e dell’Interno hanno un bel dire che i militari non saranno in prima linea, ma cosa accadrà se i manifestanti cercheranno di attaccare gli edifici che essi devono proteggere? O l’esercito ne esce umiliato per aver dovuto subire un’aggressione, o diventa un massacro, di cui lo Stato sarà responsabile “.

In ogni caso, “questo governo ha superato il limite. Perché dopo una manifestazione sono possibili due scenari: o l’ordine pubblico sarà stato mantenuto senza troppi danni, e quindi il ricorso all’esercito sarà considerato efficace e utile. Oppure sarà una tragedia, e saranno necessarie altre mobilitazioni“. Michel Goya si rammarica che il governo abbia ceduto a “una vecchia richiesta dei sindacati di polizia. Siamo in un contesto interno, sociale. La risposta che viene data è aberrante. Il governo sta dichiarando guerra ai gilet gialli“.

Il giornalista Jean-Dominique Merchet, specializzato in questioni della difesa, commenta così in un articolo su L’Opinion: “La compartimentazione giuridica tra sicurezza interna e difesa esterna, fondata sulla distinzione tra delinquente e nemico, è una delle basi della democrazia sull’uso della forza. La lotta contro il terrorismo aveva già minato questo principio. Mobilitando le forze armate di Sentinelle per mettere in sicurezza “siti ad alto rischio” dai manifestanti, il potere esecutivo, visibilmente disorientato dall’Atto 18, assume un nuovo considerevole rischio.

Secondo il generale Vincent Desportes, “per quanto questo ricorso alle forze armate sia giuridicamente fondato, applicarlo oggi alle manifestazioni rappresenta un grande rischio politico. L’esercito è l’ultima risorsa. L’esercito non è assolutamente adatto per far fronte a una situazione di questo tipo. Durante le operazioni a Sarajevo o in Costa d’Avorio, ad esempio, le truppe venivano addestrate nel cosiddetto “controllo della folla”, operazioni simili al mantenimento dell’ordine nei movimenti di protesta”.

Il generale specifica che queste operazioni non solo risalgono all’inizio degli anni 2000, ma che sono state realizzate in territorio straniero e soprattutto che “l’esercito ha rinunciato ad essere addestrato al mantenimento dell’ordine, perché è molto riluttante nei confronti di tali missioni. Dopo tutto, i soldati non sono più addestrati degli agenti di polizia utilizzati a rinforzo nelle manifestazioni dei gilet gialli e che, per mancanza di esperienza, commettono errori“.

“Non si uccidono i manifestanti, se non nelle dittature”

Il generale, professore di Scienze Politiche, non è noto per avere posizioni di sinistra. Preferisce parlare di “rivoltosi” piuttosto che di manifestanti. Tuttavia, ricorda che i militari non hanno uno scudo per proteggersi e soprattutto che non sono dotati di flashball o manganelli, ma di mitragliatrici. Hanno “il diritto di usare le armi per autodifesa, ma anche per difendere beni o persone che siano messi in pericolo. Il problema è che un soldato non è proporzionale nelle sue risposte. O si usano le mani, o i Famas, i fucili mitragliatori. Non ci si può difendere a pugni contro il lancio di pietre, quindi c’è un grande rischio che venga versato del sangue.

Jean *, un ex colonnello, ha prestato servizio nell’esercito. Non usa mezzi termini sulla decisione del governo: “È una grande cazzata. L’esercito ha solo armi da guerra per combattere il nemico. Dobbiamo ricordare questi fondamenti a questa banda di dilettanti che rischiano di provocare l’irreparabile? È un passo indietro. Ricordate i minatori morti nel 1891, a Fourmies. Il governo vuole un altro massacro?”

Come può il governatore di Parigi affermare che i militari reagiranno in caso di minacce? Pensa di rassicurare i militari, ma è tutto il contrario. La nostra missione non è sparare ai cittadini, dobbiamo ricordare questo fatto del tutto evidente“. A 85 anni, questo soldato è rimasto traumatizzato da ciò che ha vissuto in Algeria. “Sono stato mandato tra le forze dell’ordine contro i manifestanti che stavano difendendo i loro diritti. Avevo donne e bambini di fronte a me. È il momento peggiore da me vissuto in tutta la mia carriera. Come contenere le dimostrazioni quando hai un fucile? Non si ammazzano i manifestanti, tranne che nelle dittature.

La sera dell’annuncio del governo, Michel Goya si è intrattenuto a parlare con i soldati dell’Operazione Sentinelle. “Non erano neppure informati. Hanno saputo della mobilitazione dell’esercito attraverso la stampa. Non hanno ricevuto alcuna istruzione fino ad oggi. Non conoscono né quali sono i siti da proteggere né le strategie da adottare in caso di sfondamento. Questo governo improvvisa, si agita, si mette in mostra. Ma questo dilettantismo comporta rischi significativi per militari e manifestanti. Tanto più che un tale annuncio getta necessariamente della benzina sul fuoco e provoca le violenze.

Il sottufficiale Laurent *, 35 anni, ha partecipato alle Operazioni Sentinelle. “Ho saputo della mobilitazione dell’esercito per le manifestazioni dei gilet gialli quando mi avete chiamato“, dice. Prima di partire per la Guyana, questo soldato stava andando ad addestrarsi nel sud della Francia. “Dovevamo addestrarci a intervenire nella giungla. Ecco perché entriamo nell’esercito, non per sparare ai francesi. Non siamo ingenui, sappiamo bene che veniamo usati all’estero per servire interessi economici legati al petrolio, al gas. Ma sparare ai cittadini francesi perché Macron non cambia la politica economica, questo non è ammissibile.

Laurent ha partecipato all’Operazione Sentinelle ed è sollevato dal fatto di non dover più “camminare per ore nelle strade con il Famas o l’ HK416. È un’arma molto pesante, è faticoso. Guadagniamo circa 1.800 euro, dopo sedici anni di servizio. Tra di noi ci potrebbero essere dei gilet gialli. In ogni caso, li capisco. Quando vedo le manifestazioni, mi ricorda i tempi della monarchia, quando la gente era affamata e il re rispondeva con la repressione. Andare a colpire i cittadini francesi perché sono nella merda come me, è un limite che non posso superare “.

Il militare ricorda che ogni soldato ha il diritto di rifiutare un ordine se è contrario alla legge e ai trattati in vigore firmati dalla Francia. Si domanda cosa potrebbero fare i suoi colleghi, sabato, contro i manifestanti. “Non spareranno, ma se va male, cosa faranno? Colpiranno col calcio del fucile? Un annuncio del genere rischia di creare più violenza. Che alcuni gilet gialli, disperati, siano violenti, è una cosa. Quando non hai nulla da perdere, diventi violento. Soprattutto perché si trovano ad affrontare un governo che rimane sordo alle loro richieste e che oggi manda l’esercito. C’è una forma di autoritarismo in questa politica liberale. Potrebbe degenerare ancora di più.

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