Di Naman Tarcha
ROMA, 27 Gennaio 2014 (Zenit.org) – Dopo tre giorni di negoziati, a “Ginevra 2”, i risultati sembrano scarsi, ma le parti continuano a discutere. E’ saltato il primo incontro programmato. Sono seguite delle dichiarazioni, e l’inviato dell’Onu era disperato. Ahmad Al Jarba presidente della Colazione Nazionale, ha disertato i negoziati. Si è scatenata la corsa per guidare la delegazione dell’Opposizione, e dopo varie minacce e scontri è stato nominato Hadi Al Bahra.
Da parte governativa la risposta non si è fatta attendere, il Ministro degli Esteri siriano, Al Muallem, ha mandato un chiaro messaggio politico: “Al primo incontro, a guidare la delegazione del governo sarà Al Jaafari Ambasciatore della Siria presso l’Onu”.
Sin dall’inizio, l’Opposizione pretendeva di partire subito dalla questione politica. Ma come si può parlare di governo e transizione prima di discutere della gravissima situazione umanitaria? Ci sono state pressioni internazionali, così la Coalizione si è convinta ad iniziare i negoziati partendo dalla questione degli aiuti umanitari, passando poi al tema della liberazione dei detenuti e dei rapiti.
La questione umanitaria appassiona tutti, ma all’inizio non si è riuscito a trovare un accordo. Per la Coalizione Nazionale bisognava partire subito dalla città di Homs, dove vive una parte della popolazione vicina all’opposizione, e soprattutto tentare di salvare i circa 400 combattenti antigovernativi intrappolati da due anni nella zona.
Nel frattemp,o il governo siriano si è impegnato a portare gli aiuti umanitari in tutto il Paese in maniera coordinata e secondo gli accordi fissati dalle Nazioni Unite. Le operazioni di aiuto umanitario continueranno al di là degli accordi di Ginevra.
La delegazione del governo siriano ha sottolineato che “non siamo qui per discutere di aiuti ad una città sola ma all’intero Paese”. Non solo Homs, quindi, ma anche Aleppo, nella provincia di Idlib, nella periferia di Damasco. La Coalizione ha ribadito che “bisogna togliere l’assedio a Homs!” ed i governativi hanno risposto: “Sono due anni che proviamo ad evacuare i civili ma i ribelli non hanno permesso a nessun civile di uscire dalla zona”.
In un primo momento, l’inviato Onu Al Ibrahimi è stato preda di sconcerto. Più tardi però, un primo accordo è stato trovato. Si è giunti al placet del Governo siriano ad evacuare donne e bambini dalle zone assediate a Homs. Per gli uomini il governo chiede una lista di nomi per accertare che non siano combattenti o jihadisti.
Per il mondo, questa decisione è una svolta. Per i siriani un ritorno alla normalità. Gli aiuti umanitari arrivavano già nelle zone controllate dall’Esercito siriano. Il vero problema – come ha sostenuto anche l’Inviato dell’Onu Al Ibahimi – è tuttavia nelle zone controllate dai ribelli e dai gruppi armati, dove non solo viene impedito l’arrivo degli aiuti, ma vengono prese di mira anche le organizzazioni umanitarie. Alcuni operatori della Croce Rossa e della Mezza Luna Rossa sono stati infatti attaccati negli anni ed hanno perso tanti uomini durante le missioni.
Il primo accordo per l’evacuazione ad Homs di donne, bambini e degli uomini che non fanno parte dei gruppi combattenti, è una buona notizia per i civili. Una dimostrazione di intenzioni positive e di fiducia tra le parti. Nonostante ciò non sarà, però, possibile distribuire gli aiuti senza fermare prima il terrorismo e la violenza.
La seconda tappa dei negoziati riguarda quindi le sorti dei civili detenuti, sequestrati e rapiti, e la liberazione dei prigionieri. Il numero dei detenuti è in continuo aumento, sia per l’avanzamento dell’esercito siriano in diverse zone, sia a causa del violento conflitto in atto tra le varie sigle dei ribelli e dei gruppi armati.
La delegazione governativa ha chiesto subito alla Coalizione Nazionale quale fine abbiano fatto i tanti civili rapiti e sequestrati, soprattutto nelle zone da loro occupate. La risposta è stata che “nessun civile è attualmente detenuto”. Mentre, per quanto riguarda le persone rapite e sequestrate dai gruppi islamisti, è stato precisato che “questo problema non rientra nei negoziati” e che, in ogni caso, la Coalizione “non ha nessun tipo di controllo dei gruppi armati e dei ribelli, ma solo contatti”.
L’ex ambasciatore statunitense a Damasco, Robert Ford, ha incontrato la Coalizione per le consultazioni. Da Mosca sono arrivate le dichiarazioni del Ministro degli Esteri Russo, Sergej Viktorovič Lavrov, il quale ha chiesto di non negoziare con i gruppi terroristici che rispondono alla sigle ‘Al Nusra’, ‘Stato Islamico Iraq e Levante’ e ‘Al Qaeda’. Il non controllo dei gruppi armati da parte della Coalizione nazionale, pone degli interrogativi: in che modo qualsiasi intesa o accordo che verrà raggiunto potrà essere tradotto sul campo di battaglia? Che effetto avrà sul territorio dove i ribelli terroristi sono fuori controllo?
Nel frattempo in Siria si continua a combattere. Mentre ad Aleppo l’esercito avanza da diverse parti, nella città continua la sanguinosa guerra tra ribelli e terroristi nel nord, condotta a colpi di rapimenti, esecuzioni ed eliminazioni a vicenda. A Damasco i colpi di mortaio lanciati dai ribelli stanno provocando decine di morti e feriti, in particolare a Bab Touma zona residenziale cristiana. Secondo le stime sono circa 12 mila i colpi di mortaio lanciati sulla Capitale negli ultimi quattro mesi.
Un barlume di speranza arriva da Barzeh: all’interno del programma di riconciliazione nazionale è stata raggiunta la tregua e i ribelli sono stati fatti evacuare. Tante famiglie e civili sfollati sono potuti rientrare così nelle proprie città.
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