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Gli aiuti del monastero Mar Yakub di Qara a Deir Ezzor

[ad_1]Una storia eccezionale: la spedizione organizzata dal team umanitario del monastero Mar Yakub di Qara il 7 settembre, per portare aiuti nella città di Deir ez-Zor, assediata dai gruppi jihadisti per tre anni.

“La loro storia è quella di un incredibile coraggio, e fede in Dio, e il trionfo dello spirito umano.”

La prima parte della narrazione è di Frère Jean Baudouin, membro della spedizione.  Il monastero di Mar Yakub in Siria, è stato il primo a fornire assistenza umanitaria il 7 Settembre 2017 alla città di Deir ez-Zor dopo l’arrivo dell’ISIS nel 2014.
Deir ez-Zor è la città più grande della Siria orientale e la settima città più grande del Paese, situata a 450 km a nord est della capitale di Damasco, sulle rive del fiume Eufrate. Per tre anni la città è stata circondata da forze terroristiche e pertanto è stata tagliata fuori dal mondo esterno. Molte persone sono morte di fame. Altri sono sopravvissuti grazie ai ponti aerei della Mezzaluna Rossa e bevendo acqua inquinata purificandola con cloro. L’esercito siriano ha aperto una strada nel deserto a Deir ez-Zor il 7 settembre. Lo stesso giorno, il monastero di Mar Yakub ha inviato 5 veicoli con aiuto umanitario alla popolazione sofferente.

In questa relazione, presenteremo la spedizione umanitaria in due parti. In primo luogo, la cronologia degli eventi. Cominceremo la cronologia dicendo come abbiamo viaggiato in mezzo al nulla, una strada deserta abbandonata che l’ISIS ha controllato per quattro anni fino a che l’esercito non l’ha riconquistata il 7 settembre. Poi spiegheremo com’è avvenuta la distribuzione degli aiuti umanitari. La seconda parte, di Frère David Johnson, riguarderà le storie delle persone che abbiamo incontrato in Deir ez-Zor e come sono sopravvissute a questo assedio.

 
CRONOLOGIA DEGLI AVVENIMENTI
6 settembre 2017
A. Sulla strada verso Deir ez-Zor
Alle 7:20 usciamo da Homs con 2 ambulanze, un camion con 5 tonnellate di patate e circa 4000 uova, un camion di forniture mediche, un altro camion riempito con latte in polvere, della farina per neonati, delle tettarelle e dei biberon, un camion con 6000 bottiglie d’acqua e un bus con 2 medici per assistenza medica e una decina di giovani per garantire la distribuzione. Intorno alle 10:30 arriviamo ad un ceck point sulla strada per Raqqa. Lì veniamo fermati. L’esercito ci dice che non possiamo continuare fino a quando la strada per Deir ez-Zor non sarà stata del tutto sminata. Così, aspettiamo fino alle 16:30 quando ci danno il permesso di continuare il nostro viaggio. Dopo di che, a circa 100 km di distanza dalla meta, il nostro camion con patate e uova si è fermato per un guasto ed ha richiesto riparazioni.

Già prima della guerra, alla gente non piaceva avventurarsi sulla strada che da Homs porta a Deir ez-Zor. È una strada asfaltata, solitaria, senza stazioni di servizio. Se la vostra auto si rompe, dovete cercare un meccanico nella città più vicina. Fortunatamente, il nostro autocarro che trasportava uova e patate ha potuto essere riparato rapidamente e unirsi a noi a Deir ez-Zor il giorno dopo. Lungo la strada abbiamo potuto notare diversi muri dipinti con il logo dell’ISIS.

Intorno alle 20, ci siamo fermati ad un altro posto di blocco dell’esercito, dove siamo riusciti a rifornire i mezzi di carburante. Dopo di che, lo stato della strada è andato sempre peggiorando. Ogni 200 mt. circa, era interrotta o aveva un cratere di almeno 1,5 mt. di diametro. Allora abbiamo zigzagato attraverso il deserto abbandonato finché ad un tratto: bam! … uno pneumatico scoppia. Il camion che portava il latte in polvere e la farina d’avena aveva colpito una grande pietra non vista, che purtroppo stava sulla strada. Tutto il convoglio si ferma, prendiamo le chiavi e il necessario per smontare la ruota, in parecchi tentano di svitare i bulloni… niente da fare, tutti gli sforzi sono inutili, impossibile smontare la ruota. Circa 12 persone attorniavano il camion nell’oscurità del deserto. Fortunatamente, c’era luna piena. Abbiamo poi deciso di lasciare il camion, svuotare il suo contenuto spostandolo sulle due ambulanze in modo da non sprecare troppo tempo. Il conducente sarebbe rimasto al posto di controllo militare più vicino.

L’intera operazione è durata circa un’ora. Alle 22 eravamo pronti a ripartire. Poco più tardi, le persone che ci guidavano ci hanno avvertito che stavamo avvicinandoci alla strada molto malmessa che entra a Deir ez-Zor. Così, siamo costretti a lasciare il grande camion prendendo delle bottiglie d’acqua, temendo di rimanere bloccati nella sabbia. Di tutto il convoglio, sono rimaste solo le 2 ambulanze e il piccolo autobus con i giovani volontari. Ci siamo avventurati sulla strada del deserto. Abbiamo pregato la Vergine Maria di guidarci; salire su e giù per le piccole colline, premendo un po’ sul pedale dell’acceleratore per cercare di rimanere sulle tracce della jeep dell’esercito di fronte a noi. Fortunatamente, una sola ambulanza si è bloccata nella sabbia e una jeep ha dovuto tornare indietro per tirarla fuori. Infine, siamo arrivati su una strada del deserto ancora peggiore e in discesa, dove abbiamo dovuto guidare tra barili vuoti che servivano da segnali: questi delimitavano un percorso obbligato per impedire di entrare in una zona pericolosa piena di mine.

B. Arrivo a Deir ez-Zor

All’una di notte, finalmente entriamo in Deir ez-Zor. Siamo stati i primi civili a entrare in città dopo tre anni di assedio. Siamo stati guidati attraverso piccole strade fino all’ospedale generale. Abbiamo incontrato il direttore dell’ospedale che ci ha aperto un corridoio del suo ospedale per trascorrere la notte. Ci ha detto che non si è mosso da Deir ez-Zor da 6 anni e che lui e alcuni altri medici (mentre la grande maggioranza sono fuggiti) stavano facendo quello che potevano per aiutare la popolazione locale. L’ospedale era circondato dall’ISIS, ma è rimasto una zona libera durante tutta la guerra. Mancano di tutto.

A causa della carenza di medici e farmaci, spesso sono costretti ad amputare. Il dottore ha anche spiegato che si sentivano molto abbandonati dal mondo esterno, ma ha subito espresso la sua gioia per il nostro arrivo. Così abbiamo trascorso la notte lì e immediatamente ci siamo trovati di fronte al problema principale che la popolazione ha dovuto affrontare: la carenza di acqua. Ogni due giorni l’acqua viene fornita attraverso le tubature. L’acqua però non è pulita e la gente la “purifica” con il cloro. Quasi tutta la popolazione ha calcoli renali a causa dell’acqua sporca e molto carica di minerali. Anche andare prendere l’acqua dal fiume Eufrate è considerata una “mission impossible” perché i terroristi dell’ISIS sparano anche a donne e bambini che osano avventurarsi alla riva del fiume.

7 settembre. La distribuzione
Alle 10.30 abbiamo cominciato a consegnare le forniture mediche all’ospedale generale. I medici e gli infermieri aprivano le scatole per ordinare bende, pillole contro la febbre o farmaci contro i pidocchi. Dopo mezz’ora, siamo andati alla clinica di Khaled Ben Walid nella zona di Qussur, molto ricca prima della guerra. Deir ez-Zor è una delle città più ricche della Siria a motivo delle sue grandi risorse di gas e petrolio, mentre adesso ogni famiglia è ridotta alla povertà e alla fame. Ad ogni famiglia abbiamo distribuito latte in polvere, farina d’avena, delle tettarelle e un biberon. Purtroppo, alcuni teppisti sono arrivati al punto di distribuzione provocando caos e risse tra di loro. La gente ci diceva: “scusate questa gente, sono molto affamati”.
Intorno alle 11:30 siamo andati alla clinica di Thawra nel quartiere dallo stesso nome. Gli abitanti ci hanno detto che la “zona di sicurezza” in cui vivono conta circa 70.000 persone ed è divisa in due grandi quartieri. “Zona di sicurezza” però è un eufemismo perché vengono bombardati quotidianamente dai terroristi e devono prestare attenzione ai cecchini. Non sanno mai quando escono dalle loro case se torneranno alla sera.
A mezzogiorno, abbiamo iniziato la nostra distribuzione presso la clinica Thawra, in mezzo alle difficoltà. Le persone erano così affamate e desiderose di ricevere latte in polvere che hanno iniziato a litigare tra loro. Il sistema di registrazione e distribuzione è stato sopraffatto e abbiamo dovuto trasferirci per problemi di sicurezza. Una squadra scriveva i nomi della gente mentre gli altri distribuivano le forniture attraverso la porta posteriore dell’ambulanza. È andata bene finché c’erano solo donne e bambini, ma quando gli uomini si sono uniti alla folla, erano troppo aggressivi. Così siamo stati costretti a spostarci dietro un cordone di polizia e a chiedere ai soldati di aiutarci a separare la folla e formare delle code ordinate. Sulle foto, potete vedere che tutte le persone devono prima scrivere i loro nomi. Soltanto dopo aver fornito un’identità valida e un’età valida dei propri figli, possono ricevere latte in polvere, farina d’avena , una tettarella e un biberon. Inoltre, le immagini mostrano la distribuzione e il momento in cui la folla inizia a spingere in modo tale che abbiamo dovuto interrompere la distribuzione.
Verso le 12.30 siamo stati informati che il camion con le patate e le uova era arrivato. Ma quando la folla ha visto il camion, lo ha circondato e le persone hanno cominciato ad arrampicarsi da tutte le parti. Anche il camion ha dovuto raggiungere rapidamente la nostra ambulanza al punto di controllo dell’esercito. Lì abbiamo fatto un altro tentativo e la distribuzione è stata riavviata. Ma ancora una volta è scoppiata una rissa. Alla fine, andando ulteriormente all’interno della base militare, siamo riusciti a completare la distribuzione in pace. Queste povere persone erano così affamate che erano quasi disperate. Alle 16 abbiamo finito la distribuzione. La popolazione era felice di aver visto gente venire dall’esterno. E mentre stavamo andando via, abbiamo incrociato altri camion che portavano ancora aiuti per la popolazione di Deir ez Zor, gente così affamata ma anche buona e coraggiosa.
2ª PARTE
Storie degli abitanti di Deir ez-Zor: la loro storia è quella di un incredibile coraggio, di fede in Dio e del trionfo dello spirito umano. Da Frère David Johnson, Monastero di Mar Yakub, squadra di aiuti umanitari.
Per un giorno abbiamo assistito a qualcosa di inimmaginabile per noi: le lacrime di sofferenza e le grida di gioia degli abitanti dell’amata città di Deir ez-Zor, cuore del territorio dominato dall’ISIS a est della Siria. E per un giorno essi sono stati testimoni di qualcosa di impensabile per loro: la rottura del loro assedio di tre anni, l’assedio che ha devastato tutte le famiglie di Deir ez-Zor.
Qualsiasi storico ve lo dirà, gli assedi possono essere terribili. 2000 anni fa, l’assedio romano di Gerusalemme annientò la città che Davide chiamava: “Lo splendore della perfezione, la gioia di tutta la terra, il monte Sion, la città del grande Re” (Sal 48,2 ). L’assedio di Deir ez-Zor nella Siria moderna è una tragedia di proporzioni altrettanto epiche, uno dei più grandi crimini del nostro tempo. Ha ridotto la città di un milione e mezzo di abitanti, una delle più ricche in Siria con le sue famiglie di signori del petrolio, in cadaveri e in profughi affamati e in sciacalli senza un soldo erranti per le strade.

 

Per tre anni, questi 100.000 normali cittadini siriani hanno subito tre ondate di accerchiamento da parte dei terroristi. Il direttore dell’ospedale ha detto al nostro team umanitario la sera in cui siamo arrivati, il 6 settembre 2017: “Per primi, il Free Syrian Army, poi Al-Nusra e infine ISIS hanno bloccato la città e ci hanno circondato. La maggior parte delle persone è fuggita dalla città. Noi abbiamo preferito la neutralità e siamo rimasti nell’area protetta dall’esercito “. “ISIS si trova a 100 metri dalla parete del mio ufficio. E a causa loro, mio figlio ha perso tutta la fede in Dio”. Ci ha servito caffè mentre stava preparando le nostre camere. “Ho fiducia”, ha scherzato, “ma siamo così abituati al rumore degli spari durante la notte che non riusciamo a dormire senza di esso. Se c’è una notte senza fuoco, noi mettiamo una registrazione di spari solo per riuscire ad addormentarci.”
“Non ho visto un fazzoletto di carta da anni!”
I primi cittadini di Deir ez-Zor a raccontarci la loro storia sono Anis e Anis, due amici di 26 e 19 anni. Il più giovane Anis era felice di avere un fazzoletto di carta. Sigaretta in mano, ci dice: “Voi siete la prima gente dall’esterno di Deir ez-Zor che abbiamo visto in 3 anni. Questa città era una volta la regione più ricca della Siria. Ma l’assedio ci ha riportato nella vita nel primo secolo, facendoci uscire a tagliare rami di alberi per cucinare, come la gente d’altri tempi!”
L’Anis più grande ci ha voluto spiegare come le cose si sono svolte fin dall’inizio dell’assedio: “Nulla è entrato o uscito per due anni e nove mesi. Immaginatevi: niente carne, niente verdura, niente farina, nessun cibo cotto o acqua pulita “. Circa l’80% del milione e mezzo di abitanti di Deir ez-Zor è fuggito: “Noi siamo i 100.000 cittadini che sono rimasti”, ha detto, “e noi sopravviviamo con il cibo che ci ha paracadutato la Croce Rossa “.
Nella foto Muhannad e i giovani del quartiere Qusur con Frère David
“Grazie per il panino, non ho mangiato pane da tre anni!” dice Muhannad, studente di scuola superiore molto magro ma allegro, mangiando lentamente e con attenzione un panino con pollo. “Wow! con pomodori e cetrioli!” “Tutto quel che ci vuole,” dice, “sono così deliziosi, ho dimenticato il sapore che avevano.” Indossa la maglietta “Hungry Moose (Alce affamato)”, allora gli domando: “Sei un alce affamato?” . Lui mi chiede: “Beh, sai cosa vuol dire avere fame?”. “Sì, so a cosa assomiglia il digiuno … per motivi religiosi”, dico io. “Ma sai cosa vuol dire avere veramente fame?” mi domanda. “Sai cosa significa guardare la tua famiglia morire di fame?”. Ho solo guardato con stupore al suo magnifico sorriso.
Muhannad è così gentile, voleva solo essere mio amico. “Quando la morte e la distruzione sono dovunque, è la fede nella grazia di Dio che ci sostiene”. Orgogliosamente, mi ha accompagnato nel salone da parrucchiere di suo padre e mi ha dato dell’acqua fresca, una merce molto preziosa, e voleva radermi, ma non c’era più tempo. Muhannad ha mantenuto i suoi buoni sentimenti studiando: ha appena conseguito il suo baccalaureato ed ha scelto di fare i suoi studi di ingegneria all’università.
“Io sono il pane di vita disceso dal cielo”, dice Nostro Signore Gesù Cristo. Il pane è il cuore e l’anima della cucina mediorientale servito ad ogni pasto. Tuttavia, in Deir ez-Zor, ci hanno detto: “Come avremmo potuto mangiare pane? La fila per il pane è così lunga che bisogna aspettare due giorni e dormire davanti alla panetteria per ottenerne solo un po’ “.
“Vede quel buco nel muro? E’ da là che ci hanno bombardati la scorsa notte “.
Incontriamo Majed, 24 anni. Majed è uno studente intelligente e curioso della Thawra Medical Clinic. “Che lavoro fate al monastero?” chiede. “Frère John si prende cura degli alberi. Ed io sono un pastore “, rispondo. “Le pecore sono fantastiche!” dichiara Majed, “mi sono appena laureato presso il College of Veterinary Medicine.” “Cosa? C’è una vita universitaria a Deir ez-Zor?”, “Sì, dopo 3 anni di assedio, rimangono solo 17 studenti. Ma abbiamo continuato a studiare all’università e recentemente mi sono laureato”.
Il fiume Eufrate attraversa il centro della città, ma è controllato dai terroristi, così che la gente non poteva usare l’acqua nè per irrigazione nè per bere, pena la morte.
Uno dei dipendenti della clinica medica, Samira, ci ha spiegato: “Nessuno può bere dal fiume perché è inquinato e anche a causa dei cecchini ISIS. Quindi non c’è buona acqua da bere. L’acqua che beviamo viene pompata dal sottosuolo una volta alla settimana. A causa della scarsa qualità dell’acqua, moltissimi a Deir ez-Zor hanno calcoli renali, il contenuto minerale dell’acqua è molto elevato “. E’ stato molto difficile vivere senza cibo e acqua decente: “Circa un anno fa, alcuni uomini hanno cercato di rompere l’assedio lasciando la città per andare a procurarsi del cibo”, spiega un altro volontario “ma hanno avuto la testa tagliata dai terroristi dell’ISIS “. Il bombardamento della clinica è avvenuto la sera prima del nostro arrivo. Oltre alla carenza di cibo, c’è uno sbarramento costante di bombardamenti. “La scorsa notte, la nostra clinica è stata bombardata dall’ISIS”, mi raccontano, “guarda! C’è il loro razzo ancora intero nel muro! Grazie a Dio nessuno è rimasto ucciso “.
L’amico di Majed, Khaled, ha spiegato con un’immagine poetica come sono sopravvissuti col cibo inviato dal paracadute: “Come saidna Isa (Gesù) mandò maida (una tavola di cibo) dal cielo ai suoi discepoli nel Santo Corano, riceviamo anche noi cibo dal cielo, inviato dai paracadute della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa “.
 “Ciao, sono Shady Tuma”, un giovane hippy di circa 30 anni, viene da noi e dice con orgoglio: “Io sono l’unico cristiano che è rimasto in Deir ez-Zor durante questo assedio. Dopo che ISIS ha distrutto le nostre chiese, la mia famiglia e tutti i cristiani sono partiti. Ma io amo qui, l’assedio non è così insopportabile”…”Quindi, Abuna, quando puoi venire a celebrare la Messa per noi? “.
Ecco le cose di cui a Deir ez-Zor hanno ancora grande bisogno:
1. Forniture mediche di base
2. Sistemi di depurazione dell’acqua
3. Alimenti che non necessitano di cottura
4. Latte in polvere
5. Scarpe
6. Prodotti per l’igiene personale
7. Abbigliamento per neonati
8. Una buona stretta di mano amichevole e una tazza di tè.
Con un’immensa gratitudine ringraziamo tutti i nostri benefattori senza i quali questa spedizione sarebbe stata impossibile. Dio vi benedica! Ora speriamo di poter preparare un’altra spedizione di aiuti umanitari molto più grande nei giorni a venire per la città di Deir ez-Zor.
   Traduzione Gb.P.

https://www.maryakub.net/2017/09/10/first-humanitarian-aid-convoy-to-deir-ez-zor-syria-since-three-years-siege/

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Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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