E’ allarmante constatare come l’attacco missilistico iraniano a Israele venga presentato dai media mainstream come un evento slegato e improvviso, piuttosto che come il risultato alla strategia di lungo periodo degli Stati Uniti volta a mantenere l’egemonia globale, specialmente nel Medio Oriente. Questa visione omette deliberatamente di considerare come tali atti siano spesso risposte a politiche aggressive e interventiste perpetrate da decenni.
Documenti influenti come “Which Path to Persia? Options for a New American Strategy toward Iran“, pubblicato dalla Brookings Institution nel giugno 2009, illustrano con precisione questa politica. Il documento analizza una serie di opzioni strategiche che gli Stati Uniti potrebbero adottare nei confronti dell’Iran, mostrando una preoccupante inclinazione verso un interventismo che non tiene conto della sovranità o della volontà degli stati e dei popoli coinvolti. Curato da figure come Kenneth Pollack, Daniel Byman e Martin Indyk, il report si propone di fornire una valutazione obiettiva delle possibili vie d’azione, ma spesso riflette l’orientamento filosofico e religioso nonché gli interessi delle élites politiche che dominano il pensiero strategico americano in questo momento storico.
La Brookings Institution, con il suo significativo ruolo nella consulenza delle politiche governative degli Stati Uniti – anche passando da settori che spaziano dalla sanità all’educazione – è un chiaro esempio di come i think tank, finanziati da fondazioni e corporazioni influenti come la Ford Foundation e la Bill and Melinda Gates Foundation, non possano essere considerati entità indipendenti. Queste organizzazioni spesso si arrogano il diritto di definire politiche che intervengono direttamente negli affari interni di stati sovrani, ‘puniti’ solamente perché non allineati con gli interessi degli Stati Uniti.
È cruciale riconoscere come tali istituzioni rappresentino uno strumento attraverso cui il cosiddetto “Deep State” assicura la continuità di una politica estera interventista e unipolare che rende difficile ai singoli presidenti eletti che volessero adottare politiche e prospettive di cambiamento più radicali o alternative, deviare da una determinata linea politica, che vede gli Stati Uniti come il modello a cui il resto del mondo deve adeguarsi.
Questa realtà dovrebbe essere più ampiamente conosciuta, ma purtroppo viene spesso trascurata nella formulazione e nell’analisi degli eventi di cronaca internazionale. È fondamentale sottolineare che l’establishment politico di Washington è profondamente interconnesso con questi think tank, i quali limitano la linea politica degli Stati Uniti e dei governi dei paesi alleati, impedendo lo sviluppo di alternative che potrebbero meglio rispecchiare i valori di libertà e autodeterminazione che affermano di sostenere.
Nel rileggere documenti come “Which Path to Persia?“, diventa evidente che le linee guida politiche formulate non solo seguono una traiettoria definita e rigida, ma sono spesso espressioni di una filosofia che pone gli Stati Uniti e i suoi alleati in una posizione di indiscussa autorità morale e politica, senza un adeguato rispetto per la sovranità e l’autodeterminazione delle altre nazioni. Questo approccio, oltre a essere eticamente discutibile, perpetua un ciclo di interventi e conflitti che degradano ulteriormente i valori di libertà e giustizia a livello globale.
Ma passiamo ora ad una descrizione del documento che indica la politica da attuare dal 2009 da parte degli Stati Unti ed alleati verso l’Iran. Dalla sua lettura ci accorgeremo che la linea è definita e gli scostamenti quindi da lì in poi saranno minimi:
Il documento è suddiviso in quattro parti principali, ciascuna esaminando differenti approcci verso l’Iran:
Opzioni Diplomatiche: Discussione su come persuadere o coinvolgere l’Iran attraverso incentivi positivi e negativi per indurre cambiamenti nel comportamento.
Opzioni Militari: Valutazione di interventi militari diretti, come invasioni o attacchi aerei, e la possibilità di supportare o permettere azioni militari israeliane.
Cambio di Regime: Analisi su come sostenere rivoluzioni popolari, insurrezioni di minoranze o colpi di stato militari.
Contenimento: Strategie per detergere l’Iran dal cercare di esercitare il suo influsso nucleare e limitare la sua capacità di destabilizzare il Medio Oriente.
Le opzioni militari discusse nel documento “Which Path to Persia?” della Brookings Institution meritano un’analisi critica dettagliata data la loro complessità e le significative implicazioni internazionali. Vorrei in modo più specifico porre l’attenzione sui metodi che mi appaiono più contraddittori secondo la mostrata propensione all’esportazione della democrazia, in paesi terzi , che non si identificano e non si sottomettono al diktat ed al sistema offerto dagli Stati Uniti. Esaminiamo due delle opzioni che sono descritte nel documento, ovvero quella militare e quella civile.
Vediamo per prima l’opzione militare: Questa include un’invasione su larga scala, campagne di bombardamento mirate e il supporto o il permesso ad un attacco israeliano.
L’opzione di una completa invasione militare dell’Iran presenta numerosi rischi e complicazioni:
Costi Umani ed Economici Elevati: Simile all’invasione dell’Iraq nel 2003, un’invasione dell’Iran sarebbe probabilmente estremamente costosa sia in termini di vite umane sia di risorse finanziarie.
Instabilità Regionale: Un’azione così drastica potrebbe destabilizzare ulteriormente il Medio Oriente, incentivando risposte militari da parte di alleati dell’Iran come la Siria o gruppi non statali come Hezbollah.
Risposta Internazionale: Vi sarebbe probabile condanna internazionale, soprattutto da parte di Russia e Cina, che potrebbero vedere un tale intervento come una minaccia ai loro interessi nella regione.
L’opzione di condurre bombardamenti mirati sui siti nucleari iraniani prende ispirazione dall’attacco israeliano al reattore nucleare di Osiraq in Iraq nel 1981:
Effetti Limitati nel Tempo: Mentre un attacco aereo potrebbe ritardare i programmi nucleari dell’Iran, è improbabile che li elimini completamente. Inoltre, potrebbe incentivare l’Iran a rafforzare le sue capacità militari e nucleari in modo più clandestino e protetto.
Ripercussioni e Ritorsioni: L’Iran potrebbe rispondere con attacchi contro le forze USA nella regione o chiudendo lo Stretto di Hormuz, una mossa che avrebbe gravi ripercussioni globali sul mercato del petrolio.
Legittimità Internazionale e Isolamento: Questo tipo di azione potrebbe essere visto come una violazione del diritto internazionale, isolando ulteriormente gli Stati Uniti sul palcoscenico mondiale.
Considerare di permettere o supportare un attacco israeliano contro l’Iran presenta i suoi dilemmi:
Conseguenze Diplomatiche: Potrebbe gravemente danneggiare le relazioni tra gli Stati Uniti e i paesi musulmani, anche quelli moderati.
Escalazione del Conflitto: Un tale attacco potrebbe non rimanere confinato a un singolo evento, portando a un conflitto più ampio e prolungato nella regione.
Implicazioni Etiche: Ci sarebbero questioni etiche significative legate al permettere a un altro paese di portare avanti un attacco che potrebbe essere percepito come una proxy war.
Le opzioni di “cambio di regime” esaminate nel documento “Which Path to Persia?” della Brookings Institution propongono diversi approcci per modificare la leadership o la struttura politica dell’Iran. Queste opzioni sono particolarmente delicate e controverse, dato che intervengono direttamente negli affari interni di uno stato sovrano. Ecco un’analisi dettagliata delle tre strategie principali discusse nell’ipotesi di implementare una opzione di ‘CAMBIO REGIME’:
L’idea di sostenere una rivoluzione popolare mira a incentivare un cambiamento dal basso, facendo leva sui dissenzienti interni per rovesciare il governo:
Mobilizzazione dell’Opinione Pubblica: Questa strategia si concentra sul sostenere gruppi di opposizione interni, promuovendo campagne di informazione e propaganda che esaltano i vantaggi di un regime più aperto e democratico.
Rischi di Coesione Nazionale: La sfida principale è assicurarsi che il movimento di opposizione sia sufficientemente unificato e forte da poter formare un governo stabile in caso di successo, evitando il caos o una guerra civile.
Implicazioni Internazionali: Interventi esterni in supporto a rivoluzioni popolari possono essere percepiti come neo-imperialismo o ingerenza, peggiorando le relazioni internazionali e potenzialmente invocando risposte negative da parte di altri paesi nella regione.
Questa opzione include il supporto a gruppi etnici minoritari o fazioni politiche che si oppongono al governo centrale:
Supporto Logistico e Finanziario: Fornire aiuto militare, finanziario e logistico a gruppi selezionati, sperando che possano orchestrare un cambio di regime o almeno destabilizzare l’attuale governo.
Rischio di Frammentazione: Sostenere gruppi minoritari può portare a una frammentazione del paese e a conflitti prolungati, che potrebbero sfuggire al controllo e avere effetti destabilizzanti a lungo termine.
Problemi di Legittimità: I gruppi supportati esternamente possono lottare per ottenere legittimità agli occhi della popolazione generale, rendendo difficile stabilire un governo stabile e accettato dopo un eventuale successo.
La strategia di sostenere un colpo di stato militare consiste nell’appoggiare elementi all’interno delle forze armate iraniane che siano disposti a rovesciare il governo:
Alleanze con Frange Militari: Identificare e collaborare con frange all’interno dell’esercito che siano insoddisfatte del regime attuale e disposte a orchestrare un colpo di stato.
Incertezza e Instabilità: I colpi di stato possono portare a un’estrema incertezza politica e spesso non risolvono le questioni di fondo che hanno causato il malcontento popolare, rischiando di instaurare regimi altrettanto autoritari o instabili.
Reazioni Internazionali: Questo approccio può danneggiare gravemente l’immagine degli Stati Uniti o degli altri sostenitori del colpo di stato, specialmente se il nuovo regime non riesce a migliorare le condizioni nel paese o se si verificano gravi violazioni dei diritti umani.
Queste opzioni di cambio di regime comportano rischi significativi e sollevano questioni morali ed etiche importanti. La loro efficacia è altamente incerta e spesso contrassegnata da conseguenze, che possono aggravare i problemi piuttosto che risolverli. Inoltre, queste strategie sono evidentemente iniziative di tipo imperialistico o colonialista, che erodono la credibilità e l’autorità morale degli attori esterni che le promuovono.
Il meccanismo che ho descritto è facilmente riconoscibile in numerosi casi, come nella situazione in Siria, dove si osserva l’applicazione precisa di questo schema.
Come ho spesso evidenziato, le strategie messe in atto dal potere costituito richiedono il sostegno popolare o, almeno, la sua distrazione. Di conseguenza, i media e le istituzioni educative, così come l’industria musicale e cinematografica, sono spesso impiegati per rendere complessa l’interpretazione esperienziale della realtà, ossia una lettura che sia direttamente connessa con gli eventi reali.
Questa situazione, purtroppo, non è casuale ma è sistematicamente perseguita dal potere, che implementa politiche volte a promuovere distrazioni di vario tipo.
La mancanza di memoria storica e la difficoltà nel collegare eventi anche ravvicinati tra loro contribuiscono a generare una profonda incomprensione della realtà storica, influenzando direttamente la vita delle persone.
Questo processo spinge gli individui verso una malinconica mediocrità, una sorta di “vacatio mentis”, inducendoli a rinunciare a ciò che potrebbe ricondurre a un ideale superiore, effettivamente accessibile nella realtà concreta.
Riconoscere e comprendere questi schemi rappresenta la forma primaria di libertà, da cui tutte le altre libertà dipendono.
L'offensiva di Hayat Tahrir al-Sham: connessioni turche e sviluppi sul campo L’offensiva di Hayat Tahrir…
Nel contesto di un conflitto che sta rapidamente degenerando in uno scontro diretto tra superpotenze…
Donald Trump, recentemente rieletto presidente degli Stati Uniti, sembra aver già iniziato a orientare la…
Putin al Vertice CSTO in Kazakistan: Nuove Armi Ipersoniche e Avvertimenti a Kiev Il presidente…
Funzionari statunitensi hanno discusso la possibilità di fornire armi nucleari all'Ucraina Secondo quanto riportato dal New…
Prosegue l’offensiva di un conglomerato di gruppi di militanti nella parte occidentale della provincia di…