Gli USA e la UE continuano a decidere quali debbano essere i leader dei paesi

Il 29 dicembre segna un momento cruciale per la Georgia, con un passaggio presidenziale che rischia di sfociare in una crisi costituzionale di vasta portata. L’insediamento del nuovo presidente democraticamente eletto Mikheil Kavelashvili si svolge in un clima di tensione senza precedenti, mentre l’attuale presidente Salome Zurabishvili si rifiuta di lasciare il proprio incarico e il Palazzo Orbeliani, la residenza presidenziale. Zurabishvili ha annunciato che comunicherà le sue decisioni definitive alle ore 10.00 del mattino, accusando i suoi avversari politici di brogli elettorali e rifiutando di accettare l’esito delle elezioni che hanno visto la vittoria del partito Sogno Georgiano. Tuttavia, gli osservatori dell’OSCE hanno confermato la validità del processo elettorale e non hanno rilevato irregolarità tali da invalidare il risultato. Nonostante ciò, l’Unione Europea ha assunto una appoggio incondizionato alla presidente uscente Salome Zurabishvili, con addirittura la partecipazione di rappresentanti istituzionali alle manifestazioni di protesta in Georgia.

La crisi presidenziale in Georgia

Zurabishvili, sostenuta da una parte della popolazione e dall’Occidente, ha rifiutato di cedere il Palazzo Orbeliani al suo successore e ha convocato i suoi sostenitori per manifestare alla residenza presidenziale. Nello stesso tempo, il nuovo presidente Kavelashvili si prepara a essere inaugurato in un clima di incertezza. La mancata transizione del potere rischia di sfociare in scontri diretti: i rappresentanti dell’opposizione hanno già dichiarato la loro disponibilità a intervenire fisicamente per garantire la difesa del palazzo presidenziale.

Escludo la possibilità che Salome Zurabishvili non lascerà la residenza presidenziale. Tutti sanno perfettamente che questo è un reato punibile con la reclusione. Chi vorrebbe fare un passo del genere? Sono sicuro che nessuno farebbe una cosa così stupida.

presidente entrante Irakli Kobakhidze

Le proteste già scoppiate il 28 dicembre, con manifestazioni in diverse città, evidenziano un malcontento diffuso. I manifestanti chiedono nuove elezioni parlamentari e un ritorno alla rotta europea, percependo l’attuale governo come troppo incline a compromessi con la Russia.

Il percorso politico di Salome Zurabishvili

Salome Zurabishvili, presidente uscente della Georgia, ha avuto una carriera politica e diplomatica di rilievo, ma che alimenta sospetti tali di influenze esterne che le accuse di influenza russa sui suoi avversari politici impallidiscono . Nata in Francia da una famiglia di esuli georgiani, ha intrapreso una carriera nel servizio diplomatico francese prima di entrare in politica in Georgia. Nel 2004 ha assunto la cittadinanza georgiana, rinunciando a quella francese, e nello stesso anno è stata nominata Ministro degli Esteri della Georgia sotto la presidenza di Mikheil Saakashvili, ma ha lasciato il governo a causa di divergenze politiche. Successivamente, è stata eletta presidente della Georgia nel 2018, diventando la prima donna a ricoprire questa carica nel Paese.

L’intervento degli Stati Uniti

La crisi interna in Georgia è ulteriormente complicata dall’intervento statunitense. Il Congresso degli Stati Uniti ha avviato un atto legislativo per non riconoscere il governo del partito Georgian Dream, attualmente al potere, e per designare Salome Zurabishvili come unico leader legittimo del Paese fino a nuove elezioni. Questa mossa arriva insieme alle sanzioni economiche imposte contro Bidzina Ivanishvili, fondatore e presidente onorario del Georgian Dream, accusato di legami con la Russia e di aver minato il futuro democratico della Georgia.

Secondo il Segretario di Stato Antony Blinken, Ivanishvili avrebbe lavorato per ostacolare l’integrazione euro-atlantica della Georgia nell’interesse della Russia. Ivanishvili, che ha guidato il Paese come primo ministro nel 2012, ha sempre sostenuto una linea di normalizzazione con Mosca, mantenendo al contempo una politica ufficiale di avvicinamento alle istituzioni occidentali ed all’adesione alla UE. Tuttavia, questa doppia posizione sembra essere stata giudicata inaccettabile da Washington.

Un nodo geopolitico cruciale

La crisi in Georgia non è solo una questione di politica interna, ma riflette le dinamiche geopolitiche di un’area strategica come il Caucaso. Come sottolineato dall’analista Anna Ohanyan del Carnegie Endowment for International Peace, il controllo della Georgia è cruciale per gli equilibri tra Russia, Stati Uniti e Cina. Se l’Occidente “losse” la Georgia, l’intera regione del Caucaso meridionale potrebbe cadere sotto l’influenza russo-cinese.

Secondo Ohanyan, la frammentazione geopolitica dell’Eurasia rappresenta una minaccia immediata all’ordine internazionale basato sulle regole statunitensi. La Georgia, considerata un avamposto filo-occidentale, sta scivolando verso un equilibrio più ambiguo. La costruzione del porto di Anaklia, sul Mar Nero, con il possibile coinvolgimento di Cina e Russia, è vista come un potenziale punto di svolta per le rotte commerciali globali.

L’intervento statunitense, dunque, non si limita al supporto politico: mira a preservare il controllo della regione, evitando che diventi un corridoio per interessi russo-cinesi e per la creazione di un nuovo asse Iran-Russia nel Caucaso meridionale. Questo approccio è già stato adottato nei Balcani, dove Washington ha consolidato un sistema di governance trilaterale.

La posta in gioco per la Georgia

La crisi presidenziale in Georgia potrebbe essere solo l’inizio di una fase di instabilità più ampia. Le proteste di piazza, la polarizzazione politica e le interferenze esterne rischiano di trasformare il Paese in un nuovo campo di battaglia geopolitico.

Per la Georgia, il prezzo di questa crisi potrebbe essere altissimo: da un lato, il rischio di una balcanizzazione della regione, con una frammentazione che indebolirebbe ulteriormente il Paese; dall’altro, la perdita di sovranità a favore di potenze straniere. Riuscirà Tbilisi a trovare una via d’uscita autonoma, o sarà destinata a diventare una pedina nelle mani delle grandi potenze?

Il 29 dicembre rappresenta una giornata cruciale per il futuro del Paese, ma anche la manifestazione di come saranno decise le decisioni che differiranno dalle ‘regole’ stabilite da USA e UE.