U n articolo del portale israeliano Ynetnews riferisce di una serie di incontri e discussioni tra il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, insieme ad altri membri del governo israeliano. Il focus principale è sulla richiesta degli Stati Uniti di ridurre l’intensità del conflitto in corso, passando a un’operazione di guerra a “bassa intensità”, e la risposta di Netanyahu che sottolinea la determinazione di Israele a continuare le operazioni fino al raggiungimento di tutti i suoi obiettivi.
Sullivan ha espresso preoccupazione per la perdita di legittimità internazionale a causa della continuazione della guerra e ha sollevato questioni sulla precisione degli attacchi israeliani per evitare danni ai civili. Ha anche discusso gli sforzi diplomatici degli Stati Uniti nel raggiungere un accordo con il Libano e ha assicurato il sostegno degli Stati Uniti a Israele in caso di fallimento di questi sforzi e di un conseguente attacco a Hezbollah.
Durante l’incontro, Netanyahu ha ringraziato gli Stati Uniti per il loro sostegno nella lotta contro Hamas e ha discusso della necessità di aumentare gli aiuti umanitari a Gaza. Ha inoltre affrontato le minacce provenienti da Hezbollah a nord e dagli Houthi a sud, sottolineando che Israele agirà militarmente se non verranno trovate soluzioni politiche per tenere queste forze lontane dai confini israeliani. Netanyahu ha anche ribadito la posizione di Israele contro il programma nucleare iraniano.
Il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, John Kirby, ha chiarito che gli Stati Uniti non impongono una tempistica per la fine del conflitto, ma desiderano che termini il prima possibile. Ha anche menzionato il sostegno degli Stati Uniti per la soluzione dei due Stati e la normalizzazione delle relazioni tra Israele e i palestinesi, come discusso da Sullivan con Mohammed bin Salman in Arabia Saudita. Kirby ha sottolineato che gli Stati Uniti continueranno a sostenere Israele nella sua guerra contro Hamas e a promuovere un accordo per il rilascio dei prigionieri.
Considerazioni
La richiesta degli Stati Uniti affinché Israele riduca l’intensità del conflitto, pur mantenendo fermi i suoi obiettivi strategici, appare come una mossa diplomatica e mediatica astutamente calcolata. Questa strategia sembra mirare a calmare le preoccupazioni degli alleati internazionali, assicurando nel contempo che l’attenzione mediatica sul conflitto a Gaza non raggiunga livelli eccessivamente critici. Questo approccio potrebbe essere interpretato come un tentativo di mantenere un delicato equilibrio politico, in particolare in vista delle prossime elezioni negli Stati Uniti e nell’Unione Europea.
Strategicamente, questa richiesta sembra voler mitigare le tensioni senza sacrificare gli obiettivi a lungo termine di Israele. Allo stesso tempo, rappresenta un tentativo di conciliare la ferma posizione israeliana di spostare o controllare completamente la popolazione palestinese dalle aree rivendicate da Israele, con la crescente pressione internazionale per una diminuzione della violenza e un maggiore rispetto dei diritti umani.
Questa strategia può anche essere vista come un tentativo degli Stati Uniti di preservare il proprio ruolo di mediatore influente in una regione dove tale ruolo sembra sempre più incerto, cercando di bilanciare gli interessi di Israele con quelli di altri attori regionali e internazionali. In questo contesto, la gestione dell’immagine pubblica e la percezione internazionale diventano aspetti fondamentali, poiché gli Stati Uniti cercano di navigare in un panorama politico globale sempre più complesso e a rischio di perdere la propria egemonia.
La richiesta degli Stati Uniti riflette un’intersezione complessa di diplomazia, politica interna ed estera, e strategia mediatica. Questa mossa non solo cerca di mantenere un equilibrio tra diversi interessi e pressioni, ma rappresenta anche un indicatore di come le guerre moderne vengano combattute anche attraverso il controllo dell’informazione globale, in un contesto in cui la politica internazionale è strettamente legata ai metodi di controllo delle masse.
In questo scenario, emerge la questione della manipolazione dell’opinione pubblica. I governi sembrano rispondere solo fino a quando il processo di erosione della capacità critica della popolazione non sarà completato e finché gli strumenti di tracciamento e ricatto digitale non saranno pienamente operativi.
nota a margine:
Conflitto Israele-Gaza: 13 dicembre (Riepilogo)
1️⃣ Israele bombarda località in tutta la Striscia di Gaza, compreso quello che viene descritto come un bombardamento “intenso” su Rafah, nell’estremo sud dell’enclave. Continuano anche gli scontri tra l’esercito israeliano e i combattenti di Hamas.
2️⃣ Un funzionario statunitense ha detto che il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan è in Arabia Saudita per un viaggio senza preavviso, dove sta discutendo della guerra di Israele a Gaza e della sicurezza regionale, prima di un viaggio nello stesso Israele.
3️⃣ Il presidente degli Stati Uniti Biden ha incontrato i familiari dei prigionieri israeliani detenuti a Gaza e afferma di averli “rassicurati” che “continuerà a fare tutto il possibile per garantire il rilascio dei loro familiari”.
4️⃣ Mentre i raid israeliani nelle città palestinesi e nei paesi della Cisgiordania occupata avvengono normalmente da un giorno all’altro, un raid a Jenin è in corso ormai da più di due giorni. Almeno 10 palestinesi sono stati uccisi, mentre 400 edifici sono stati attaccati dalle forze israeliane.
5️⃣ L’UNRWA afferma che 288 palestinesi rifugiati nelle sue strutture a Gaza sono stati uccisi dal 7 ottobre. Ha confermato che un altro membro del personale è stato ucciso, portando a 135 il numero totale di morti tra il personale dell’UNRWA dal 7 ottobre.
Almeno 18.608 palestinesi uccisi a Gaza dal 7 ottobre. In Israele, il bilancio ufficiale delle vittime rivisto è pari a circa 1.147.