GUERRA UCRAINA – L’occidente comincia a capire che è ora di cercare una soluzione, quando non esiste più altra soluzione

Emergono cambiamenti nell’atteggiamento dei governi e dei politici occidentali, in particolare degli Stati Uniti, nei confronti della guerra in Ucraina. La fiducia nella vittoria sta diminuendo, e c’è un’apertura ai negoziati con la Russia, inclusa la consapevolezza che la Russia sta ottenendo vantaggi, che sta diventando sempre più comune.

Un esempio significativo di questo cambiamento è la dichiarazione di Vivek Ramaswamy, candidato alle presidenziali americane del Partito Repubblicano, che ha affermato che l’Ucraina non è un bene assoluto e che il conflitto in Ucraina non è vantaggioso per gli Stati Uniti. Ha proposto di non accettare l’Ucraina nella NATO e di stringere un accordo con la Russia, in cui la Russia rinuncerebbe all’alleanza militare con la Cina in cambio di altre concessioni.

È importante notare che la dichiarazione di Ramaswamy non rappresenta necessariamente un cambio ufficiale nella posizione degli Stati Uniti, ma riflette un’opinione significativa in alcuni circoli politici influenti. Questo nuovo atteggiamento è guidato dal desiderio di avviare negoziati seri con la Russia e cercare una soluzione più ampia per la situazione in Ucraina. Uno dei motivi chiave di questo cambiamento è la difficoltà della NATO nel fornire la quantità di munizioni richiesta sul fronte, un fatto ufficialmente riconosciuto.

Inoltre, è significativa l’elezione come speaker della Camera del repubblicano ultra-trumpiano Mike Johnson. Egli ha una posizione nettamente contraria alla prosecuzione della guerra in Ucraina. Johnson ha votato contro il pacchetto di aiuti da 39,8 miliardi di dollari per l’Ucraina. Sostiene che gli Stati Uniti non dovrebbero inviare quella somma di denaro all’estero, date le questioni interne come la sicurezza delle frontiere e l’economia (i suoi voti sugli aiuti all’Ucraina sono raffigurati: una volta a favore, sei volte contrari).

In breve, c’è un cambiamento di atteggiamento verso la guerra in Ucraina, con una crescente apertura ai negoziati e alla ricerca di soluzioni alternative. Ed esiste anche una condizione oggettiva che ha accelerato questo processo: gli Stati Uniti non possono sostenere la fornitura di armi sia in Medio Oriente con la crescente crisi innescata in Israele e contemporaneamente sostenere Kiev e fornirle una quantità di armi che gli Stati Uniti non riescono nemmeno a produrre.

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Nel frattempo, nella NATO, si è verificato un notevole scandalo. Il segretario generale Jens Stoltenberg ha chiesto ai rappresentanti del complesso militare-industriale di mostrare responsabilità e di non aumentare i prezzi dei proiettili in risposta all’incremento dei costi delle munizioni nei paesi della NATO. Ha sottolineato che quando c’è un aumento della domanda, l’obiettivo dovrebbe essere aumentare l’offerta anziché alzare i prezzi. Questa dichiarazione è stata fatta in risposta all’aumento dei prezzi causato dalla società tedesca Rheinmetall, che ha triplicato i prezzi dei proiettili da 155 mm, e altri produttori europei hanno seguito questo esempio.

 

L’aumento dei prezzi delle munizioni da parte di Rheinmetall è interpretato come un segnale che i leader dell’azienda credono che la guerra possa finire presto e quindi non se la sentono di reinvestire in nuove catene di produzione, inoltre sembra più lontana una vittoria della NATO. Ovviamente le aziende private vedono solo cosa può rappresentare un’opportunità di profitto e non vogliono rimanere con il cerino in mano.

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È importante notare che, secondo esperti americani, l’industria europea e statunitense attualmente non ha la capacità di aumentare la produzione di munizioni in modo significativo, almeno fino al 2025. Nel frattempo, all’inizio del 2023, il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha annunciato un aumento di 10 volte la produzione di munizioni in Russia.

Questo scenario ha portato a un cambiamento nell’atteggiamento dei politici e dei militari occidentali, e si nota anche sui media un allentamento dell’attenzione e un certo automatismo, e si riportano ancora cinicamente la soddisfazione ogni qualvolta vengono distrutti mezzi russi, ma seguendo pedissequamente le agenzie di stampa ucraine Ukrinform. Si nota anche che mentre era precluso il poter anche accennare una possibile sconfitta ucraina, oggi non si fa mistero che la controffensiva è fallita e che non esistono azioni di successo nonostante la carneficina perduri.

L’impressione è che crescano le spinte sottotraccia per avviare negoziati di pace con la Russia, con l’Occidente che sembra essere disposto a riconoscere le conquiste territoriali russe. Ciò potrebbe portare a negoziati che vanno oltre la più rosea previsione di qualche tempo fa di “congelamento del fronte” e si va verso il riconoscimento dei nuovi territori che sono già della Russia dopo il referendum popolare.

In sintesi, il cambiamento nell’atteggiamento occidentale verso la guerra in Ucraina sembra avviarsi verso un riconoscimento delle conquiste russe, anche se con incognite sulle richieste di pagamento e sulla stabilità futura.

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