fonte: Imola Oggi
Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica danno vita alla “loro” Banca mondiale, con un investimento iniziale di 100 miliardi di euro. E si smarcano dal dollaro. L’Italia invece continua a farsi dettare la linea dal Fondo monetario internazionale, dove conta quanto il due di picche quando va bastoni.
La stampa continua a strombazzare che se l’Italia sta alle regole di Unione europea, Banca mondiale, Fondo monetario internazionale e altre entità economico-finanziarie è per il nostro bene. Chissà dove saremmo se non fossimo nell’euro o se non fossimo nell’FMI, quello stesso FMI che proprio ieri ha rivisto al ribasso le stime sull’economia mondiale, inchiodandoci a una crescita zero anche per l’anno in corso.
Ma non doveva essere il Fondo monetario internazionale (attraverso il braccio della Banca mondiale) a promuovere lo sviluppo economico, la cooperazione e la crescita sostenibile dei Paesi e tante altre belle cose? Così fu stabilito con i famosi accordi di Bretton Woods, nel 1944. Alzi la mano chi si ricorda di un qualche intervento a favore dell’Italia da parte di questi organismi internazionali.
E per forza di cose è così: sapete quanto vale la parola dell’Italia in seno all’FMI? Quanto il due di briscola: a dettare la linea sono 5 Paesi, USA, Giappone, Germania, Francia e Gran Bretagna. Questi “giganti” detengono la maggioranza dei voti. Gli altri 180 dei 185 Stati che afferiscono al Fondo costituiscono piccoli gruppetti ognuno dei quali esprime un rappresentante. La “squadra” dell’Italia è formata da Albania, Grecia, Malta, Portogallo, San Marino e Timor-Leste; nel loro insieme tali paesi rappresentano circa il 4,2% dei voti complessivi. Avete letto bene, il 4,2% dei voti, assieme a Albania, Grecia, Malta, Portogallo, San Marino e Timor-Leste, Paesi che forse messi insieme raggiungono la popolazione e il PIL dell’Italia.
Nel board della Banca mondiale lo stesso “team” vale ancora meno: il 3,5% dei voti complessivi.
La domanda sorge spontanea: che ci stiamo a fare?
A questo punto sarebbe più opportuno per la classe politica italiana (se ne avessimo una) prendere atto del fallimento del progetto FMI e Banca Mondiale per quanto riguarda il nostro Paese e guardare altrove.
Alla New Development Bank, ad esempio, la banca recentemente costituita dalle future (ma in parte già attuali) potenze economiche: i cosiddetti Paesi BRICS, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. La ripresa economica italiana può venire solo da lì, da economie emergenti, che abbiano interesse e disponibilità finanziarie per investire nel made in Italy.