di Dino Focenti
Il convegno pastorale diocesano era terminato. Gran bella conferenza quella di monsignor ****. Bella, avvincente, erudita e piena di speranza. Il piano pastorale era chiaro: era stato nominato “Dalla sfida alla proposta” e questo titolo era tutto… un programma. Bisognava, cioè, superare lo scontro per accettare e adottare solo un metodo di proposta.
Don Aldo era stato lì presente. Il vescovo si era raccomandato che ci fossero tutti i parroci della diocesi, e lui, che era solito ubbidire e non fare storie, non aveva voluto mancare.
C’era rimasto un po’ male, questo sì. Aveva comunicato al segretario del vescovo che la sua presenza avrebbe significato il non poter celebrare la Messa serale nella sua parrocchia di campagna. Ma il segretario aveva risposto: il vescovo desidera che si sia presenti al convegno, costi quel che costi.
L’ESERCITO DELLE VECCHIETTE
Non per lui c’era rimasto male (la Messa l’aveva celebrata il mattino presto nella sua canonica) ma per quelle poche vecchiette che erano sempre lì, ogni sera, come fedelissime sentinelle, alla Messa serale.
Don Aldo le ammirava. Certo, avevano i loro difetti, non raramente bisticciavano fra loro, erano piene di scrupoli e pronte ad importunarlo per un non nulla, ma erano lì, sempre presenti: non mancavano mai. Recitavano il Rosario e si ricordavano di tutti.
Pregavano per il Papa, per la parrocchia, per le famiglie della parrocchia… e anche per il loro parroco. E don Aldo era convinto che quelle Ave andassero dritte-dritte al Cuore della Vergine, perché conosceva le singole storie di quelle povere donne: nelle frequenti confessioni le ripetevano per filo e per segno credendo di raccontarle per la prima volta.
Chi aveva il marito alcolizzato, chi il figlio lontano e divorziato, chi il nipote con problemi di droga, chi una figlia a combattere una brutta malattia.
Don Aldo pensava queste cose, quando, rientrato a sera nella sua canonica, si mise a rileggere gli appunti che aveva diligentemente preso durante il convegno e anche la fotocopia che era stata distribuita a tutti i presenti: sacerdoti, religiosi, religiose, operatori pastorali, diaconi permanenti, ministri straordinari, ecc…
Si soffermò su queste parole: “… gli operatori pastorali agiranno conformemente alle direttive che sul piano metodologico l’Ufficio Pastorale Diocesano stilerà per l’anno ****. Si raccomanda la conoscenza del piano pastorale, di evitare qualsiasi improvvisazione, di curare il coordinamento con chi è chiamato a svolgere la stessa missione. Si raccomanda inoltre un’adeguata conoscenza sociologica del territorio in cui si dovrà agire e di fornirsi degli strumenti più moderni e creativi”.
CUI PRODEST?
Don Aldo continuava a leggere, e mentre leggeva gli venivano spontaneamente delle riflessioni: “Ma a cosa sta servendo tutto questo? Nella mia parrocchia sono rimasto solo io e le mie vecchiette.
I giovani sono andati via. Per chi frequenta la Messa domenicale il rispetto della Legge di Dio è ormai solo un dettaglio…” Don Aldo si rammaricava e leggendo sentiva dentro di sé che quelle parole erano vuote, che non centravano la questione, che continuando così – forse – si sarebbe perso molto… poi si rimproverò: non poteva mettere in discussione tutto, che in fin dei conti la Chiesa si reggeva su Qualcun altro. S’impose di non pensarci più.
Quel giorno era il 4 novembre, la festa di san Carlo Borromeo, don Aldo si diresse verso la sua piccola e sgangherata libreria, prese un vecchio libro, era una vita del grande Vescovo di Milano. Aprì a caso, uscì tanta polvere, era da tempo che non sfogliava quel libricino.
Risaltò una frase di san Carlo sottolineata a matita, forse l’aveva evidenziata quand’era giovane, chissà: forse quando era ancora seminarista: “Le anime si conquistano con le ginocchia”.
Don Aldo chiuse il vecchio libro. Sorrise, ma era un sorriso serio e concluse: “questo era il piano pastorale di san Carlo!”
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