A quanto pare, l’informazione è un tema di grande rilevanza sia per l’Unione Europea che per l’Italia. Aderendo a questa linea, dovremmo ambire a un’informazione veramente libera e pluralista, in cui nessuna prospettiva dovrebbe essere censurata o giudicata aprioristicamente come non corretta.
In una società libera, il focus dovrebbe concentrarsi sul processo che consente agli individui di distinguere tra il bene e il male, piuttosto che bollare le notizie come scorrette o influenzate da elementi contrari alla libertà e al progresso intellettuale.
Purtroppo, riguardo alla libertà di informazione, la situazione in Italia è pessima. Nel caso della stampa cartacea, i giornali italiani ormai dipendono pesantemente dalla pubblicità online e dai contributi statali, senza i quali sarebbero costretti a chiudere. Non sorprende quindi che spesso agiscano come bandiere politiche, piegandosi alle volontà dello stato, che a sua volta è spesso influenzato dal potere economico e politico europeo. Questo potere non eletto impone linee guida che superano i governi e le priorità dei cittadini, che – almeno negli ultimi anni – si sono espressi inutilmente attraverso le elezioni.
I media, per sopravvivere o perseguire il profitto, dato che molte testate giornalistiche sono legate a gruppi industriali, si piegano alle direttive governative riguardo alle linee editoriali da seguire, spesso in modo così evidente da richiedere fact-checking e una legislazione ad hoc che impone restrizioni e censure alla libertà di espressione.
Da tempo in Europa, si diffonde l’idea che l’informazione corretta non debba essere contraddetta da voci discordanti. In altre parole, si cerca di imporre una singola voce come unica verità, considerando tutto il resto come “disinformazione”. Anche se questa concezione è lontana dall’assicurare una vera libertà d’informazione, si traduce in leggi e restrizioni, compresi sui social media, blog e piattaforme come YouTube.
È evidente che questo approccio va in direzione opposta all’informazione corretta. Solo attraverso il pluralismo informativo si può garantire una società libera, meno vulnerabile all’adozione di idee violente e autoritarie, poiché, in generale, quando le persone hanno una gamma di scelte, tendono a selezionare il bene, che è un aspetto innato del loro essere umano.
Il ‘caso’ del giornalista Andrea Lucidi
Ora, veniamo all’ultimo evento molto grave che denuncia una vera dittatura in atto, che inizia attaccando direttamente la mente delle persone, cercando di deviare la loro capacità critica, influenzare le loro decisioni, instillare paure e ansie, e creare bisogni che non sono affatto essenziali per l’essere umano.
Un fatto di cronaca di oggi esemplifica plasticamente quanto detto. L’episodio è riferito dal giornale il FOGLIO che mette in evidenza l’imbarazzo manifestato pubblicamente da Antonio Tajani riguardo all’ambasciatore italiano a Mosca, Giorgio Starace, che ha ricevuto il giornalista Andrea Lucidi, noto per i suoi reportage dal lato russo.
Il foglio riporta che il ministro degli esteri italiano Tajani ha espresso il suo fastidio in maniera inequivocabile, ha denunciato PUBBLICAMENTE l’accaduto ed ha richiesto spiegazioni all’ambasciatore in merito a questo incontro. L’autore del pezzo commenta “Perché l’ambasciatore italiano a Mosca che riceve nella massima sede della nostra rappresentanza diplomatica in Russia un propagandista putiniano, è già un inciampo difficile da tollerare. Ma la foto che li ritrae insieme, Starace accanto al reporter laziale Andrea Lucidi, voce preminente delle disinformatja anti ucraina, e che inizia a diffondersi sui social, e le polemiche che ne sono conseguite: davvero troppo. “Questo è uno che ha invocato la ghigliottina per Giorgia Meloni, e noi lo omaggiamo così?”, sbottano i consiglieri del ministro degli Esteri”. Sempre la stessa testata riporta che “ciò che ha scatenato ulteriori polemiche è stata una foto che ritraeva Starace insieme al giornalista laziale Andrea Lucidi, noto per la sua promozione di una narrativa anti-ucraina” (vedi l‘articolo sul Foglio).
In definitiva, l’articolo denuncia l’incongruenza tra l’azione dell’ambasciatore e la linea politica ufficiale italiana, enfatizzando il disagio e l’imbarazzo di Tajani di fronte a questa situazione. Ma questo sarebbe normale, senonché non è accaduto esattamente questo. Non esiste traccia che l’ambasciatore italiano abbia deviato dalla linea italiana.
Ciò che rende questa vicenda particolarmente grave è che sembra essere trascurato il fatto che il giornalista coinvolto sia, appunto, un giornalista e che sia di nazionalità italiana. Inoltre, l’ambasciatore italiano, fatto salvo il rispetto delle direttive governative, dovrebbe conservare la libertà di stabilire contatti con chiunque nel paese ospitante e cercare di mantenere relazioni positive. Questo diventa ancora più significativo quando si tratta di un giornalista italiano.
Specialmente durante un conflitto in cui i rapporti sono particolarmente tesi, il compito della diplomazia non dovrebbe essere quello di acuire le tensioni, ma di lasciare aperti canali che possano essere utili per riaprire contatti successivamente alle guerre.
È ancor più preoccupante il fatto che l’autore dell’articolo pubblicato su Il Foglio abbia omesso di indagare sul motivo dell’incontro tra Andrea Lucidi e l’ambasciatore, una semplice domanda a Lucidi avrebbe potuto fornire chiarezza in merito. Invece, l’autore ha scelto di sensazionalizzare la situazione e denigrare il giornalista, etichettandolo come ‘putiniano’ (secondo la sua accezione negativa, evidentemente) e facendo riferimento a presunte malattie trasmissibili.
In definitiva, in tutto il testo del FOGLIO non si coglie un minimo di ragionevolezza, ciò che si coglie è solo una volontà di tenere una linea che a quanto pare non è chiara neanche allo stesso autore dell’articolo, che si è fatto mero esecutore e ripetitore di una linea illogica che non sente neanche il bisogno di spiegare.
I giornali italiani dovrebbero svolgere il ruolo di equilibratori nel dibattito politico, evitando di enfatizzare e acuire i conflitti. In particolare, in un’epoca segnata da tensioni globali e la crescente partecipazione in conflitti internazionali, il compito principale dell’informazione dovrebbe essere quello di promuovere la via verso la pace. Questo è in linea con l’interesse del popolo, i principi della Costituzione e la volontà dei cittadini. Il giornalismo non dovrebbe mai servire come strumento di propaganda bellica.
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