Puntuto e arguto questo commento dello scrittore Phil Lawler nei confronti del silenzio o, addirittura, della accondiscendenza di tanti pastori di fronte a quello che sta accadendo dinanzi ai nostri occhi.
Ecco l’articolo pubblicato su Catholic Culture nella traduzione effettuata dal Blog di Sabino Paciolla.
“Dio chiamerà i pastori cattivi a rendere conto delle sue pecorelle e della loro morte.” Così sant’Agostino, nel suo sermone Sui Pastori.
I sacerdoti cattolici in America leggono ancora regolarmente l’Ufficio divino? (temo di conoscere la risposta a questa domanda. Secondo un recente sondaggio, circa la metà non lo fa, anche se hanno l’obbligo morale di farlo.) E i vescovi? Perché se lo fanno, di recente hanno avuto una ramanzina, con estratti dal famoso sermone di sant’Agostino sparso attraverso l’Ufficio delle letture durante le ultime settimane.
Questa mattina mi sono ritrovato a ricordare un prelato le cui omelie presentavano il tipo di approccio di pensiero positivo che va bene per i pranzi del Rotary Club, costruendo un climax retorico in cui egli avrebbe inevitabilmente dichiarato: “Oggi potrebbe essere il giorno più bello della tua vita!”. Nessuno si sarebbe sentito offeso da queste vacue omelie, e nessuna dura lezione sarebbe stata imparata. Sant’Agostino conosceva bene quello stile di predicazione:
Ma che tipo di pastori sono quelli che per paura di offendere non solo non riescono a preparare le pecore alle tentazioni da cui sono minacciati, ma anche a promettere loro la felicità terrena? Dio stesso non ha fatto tale promessa a questo mondo. Al contrario, Dio ha predetto difficoltà su difficoltà in questo mondo fino alla fine dei tempi. E volete che il cristiano sia esente da questi problemi? Proprio perché cristiano, è destinato a soffrire di più in questo mondo.
E ancora:
Il pastore negligente non riesce a dire al credente: Figlio mio, vieni al servizio di Dio. Sii veloce nella paura e nella giustizia, e prepara la tua anima alla tentazione. Un pastore che dice questo rafforza colui che è debole e lo rende forte. Un tale credente non spera allora nella prosperità di questo mondo. Infatti, se gli è stato insegnato a sperare per il guadagno del mondo, sarà corrotto dalla prosperità. Quando arriverà l’avversità, sarà ferito o forse distrutto.
Che cosa dovrebbe dire il pastore a un membro del suo gregge che sia coinvolto in un peccato pubblico manifesto? Che cosa dovrebbe dire il vescovo, al funerale di una celebrità cattolica che ha promosso energicamente l’aborto legale? Anche in questo caso sant’Agostino ebbe una risposta, citando Ezechiele:
Se io dico ad un uomo malvagio: “Malvagio sciagurato, tu devi morire”, e tu non parli per avvertire il malvagio di rinunciare alle sue vie, allora egli morirà per il suo peccato, ma io ti riterrò responsabile della sua morte. Se però avverti un malvagio di rinunciare alle sue vie e di pentirsi, e lui non si pente, allora lui morirà per il suo peccato, ma tu stesso avrai salvato la tua vita.
“Vedi quanto sia pericoloso tacere”, chiese il grande santo. “Se rimani in silenzio, muori: e giustamente. Morirai per la tua empietà e il peccato: è la tua negligenza che ti uccide”.
Mons. Charles Pope, in un’eccellente riflessione sull’omelia di sant’Agostino, riassume bene questa lezione:
Il cattivo pastore teme le controversie; non vuole rischiare la sua popolarità o la sua carriera. Si nasconde, vivendo con le pecore che rimangono e che si riducono sempre più.
Sì, sempre meno pecore. Mons. Pope osserva che mentre i pastori evitano le questioni difficili, migliaia di cattolici – specialmente i cattolici più giovani – si dirigono verso le uscite della chiesa. Nel mondo al di fuori del complesso parrocchiale, gli standard morali crollano, e i cattolici sono testimoni silenziosi se non complici attivi. Ci sono molte ragioni per il crollo della pratica cattolica e dell’influenza cattolica nella nostra società, molte colpe da spartire. In questo caso le pecore stesse non sono certamente senza colpa. Tuttavia l’erosione sta diventando sempre più grave, e tutti lo sanno. Eppure, osserva Mons. Pope:
In mezzo a questo declino – in cui, proprio quando sembra che non si possa peggiorare, molti pulpiti sono stranamente silenziosi, così come lo sono i programmi di catechesi, e le università e i collegi nominalmente cattolici. Si tratta ancora delle solite faccende, anche se la maggior parte non viene più a Messa per saperlo. Non si saprebbe mai che c’è stato uno tsunami che infuriava fuori dalle porte.
Ci sono – ora come in ogni generazione – fedeli, leali cattolici che fanno del loro meglio per confermare la fede e trasformare la cultura secolare attraverso il potere del Vangelo. Ricevono il sostegno incondizionato dei loro vescovi e pastori? O è più esatto dire che ancora una volta sant’Agostino ha fatto centro?
Non basta che trascurino i malati e i deboli, quelli che si smarriscono e si perdono. Cercano persino, per quanto sia in loro potere, di uccidere i forti e i sani.
Sant’Agostino, vescovo diligente, non aveva pazienza con gli altri vescovi, gli altri pastori, che godevano del loro status ma trascuravano i loro doveri. Il suo sermone è stato ovviamente scritto e pronunciato con rabbia, giusta rabbia, collera per il tradimento di uomini che erano stati scelti per portare avanti il lavoro degli apostoli. Perché non vediamo e non sentiamo lo stesso tipo di giusta rabbia mostrata oggi dai nostri vescovi?
I sacerdoti molestano i bambini e i vescovi negligenti nascondono i loro crimini; ora altri vescovi si scusano. Un cardinale arcivescovo viene esibito come un predatore [sessuale] (si riferisce all’ex card. McKarrick, ndr), e altri vescovi esprimono la loro delusione. Una scuola cattolica ospita un oratore che sostiene l’infanticidio, e il vescovo locale fornisce un chiarimento. Dov’è la giusta rabbia? Dov’è la virile indignazione?
Ogni volta che scrivo un articolo come questo, critico nei confronti dei vescovi, posso aspettarmi di ricevere qualche commento da parte dei lettori che sperano che io riconosca anche i “buoni vescovi”. E lo farò, volentieri. I buoni vescovi, a mio avviso, sono quelli che, di fronte a chiare prove di negligenza episcopale, la condanneranno con lo stesso ardente candore che sant’Agostino ha mostrato, dicendo:
Non lasciate che un tale pastore si inganni perché la pecora non è morta, poiché, sebbene sia ancora viva, è un assassino.
L’articolo “Dio chiamerà i pastori cattivi a rendere conto delle sue pecorelle e della loro morte” proviene da Il blog di Sabino Paciolla.
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