Con l’avvio del suo secondo mandato, Trump ha fatto la sua mossa più audace: la creazione del Department of Government Efficiency (DOGE), un ambizioso progetto volto a riformare la macchina statale, affidato a Elon Musk come co-leader. Questa iniziativa si basa sull’Articolo II della Costituzione degli Stati Uniti, che attribuisce al Presidente il potere esecutivo e la responsabilità di garantire che le leggi siano fedelmente eseguite. Inoltre, la riorganizzazione delle agenzie governative trova supporto nel Reorganization Act, che conferisce al Presidente il potere di proporre modifiche strutturali per migliorare l’efficienza amministrativa. Tuttavia, il Deep State non ha perso tempo nel reagire. Poco dopo l’insediamento di Trump, il Dipartimento di Giustizia (DOJ), saldamente allineato con il Democratic National Committee (DNC) (ovvero il Comitato Nazionale Democratico, l’organo direttivo ufficiale del Partito Democratico negli Stati Uniti), ha annunciato una causa contro il DOGE, accusandolo di violare le norme federali sulla trasparenza. Una vicenda che sembra uscire da una sceneggiatura.
Per capire meglio chi ha lanciato una campagna legale contro il DOGE può essere utile sapere che il DNC coordina le attività del partito a livello nazionale, supervisiona la strategia politica, organizza la raccolta fondi, gestisce le campagne elettorali e pianifica eventi come la Convenzione Nazionale Democratica.
In questo caso specifico, il DNC viene citato in riferimento al suo presunto allineamento con il Dipartimento di Giustizia (DOJ) come parte di un’accusa di faziosità politica. Sembra che il DOJ possa agire in sinergia con gli interessi del Partito Democratico per contrastare iniziative come il DOGE, promosse dall’amministrazione Trump. Questo è assai plausibile, giacchè il Partito Democratico ha una connessione con l’apparato Deep State americano che non vuole una riforma dello stato parassitario e degenerato.
Come sappiamo, a dirigere le riforme dell’enotme macchina burocratica corrotta statunitense è il visionariomiliardario ‘tech’ Elon Musk. La sua esperienza nella gestione di aziende innovative, la capacità di ottimizzare processi complessi e l’approccio diretto alla risoluzione dei problemi lo rendono una scelta naturale per affrontare le inefficienze burocratiche. Inoltre, Musk ha già dimostrato abilità nel collaborare con il governo, come nei contratti con la NASA per SpaceX, garantendo risultati concreti e tangibili. Più specificatamente, l’obiettivo del DOGE è ridurre drasticamente il numero delle agenzie governative, portandole da oltre 400 a 99, tagliare gli sprechi e restituire trilioni di dollari ai contribuenti. Eppure, per il DOJ, questa iniziativa rappresenta una minaccia non tanto per la democrazia, quanto per l’élite burocratica che prospera grazie al sistema attuale.
Perché il Deep State teme il DOGE
Il timore del Deep State nei confronti del DOGE si può comprendere meglio attraverso alcuni esempi concreti:
- Tagli agli sprechi e perdita di controllo: Il DOGE mira a razionalizzare le agenzie governative, riducendo il numero di enti indipendenti e il loro budget. Questo significa eliminare o riorganizzare dipartimenti che sono stati a lungo fonti di potere discrezionale e di influenza politica. Un esempio è la Environmental Protection Agency (EPA), che sotto precedenti amministrazioni ha avuto un ruolo centrale nella regolamentazione di settori chiave come l’energia e l’industria, spesso bypassando il Congresso. Il DOGE, riducendone il ruolo, minaccia l’intero ecosistema di lobby e interessi che si nutrono di questa complessa macchina amministrativa.
- Trasparenza obbligata sui fondi neri: La ristrutturazione proposta include la revisione delle operazioni finanziarie opache del governo, come i fondi utilizzati per le operazioni segrete. Basti pensare ai 2,3 trilioni di dollari che il Pentagono non è mai riuscito a giustificare poco prima degli attentati dell’11 settembre, o alle somme stanziate per progetti come il programma di sorveglianza di massa della NSA rivelato da Edward Snowden. La trasparenza obbligata rischia di esporre legami compromettenti tra politici, contractor privati e gruppi di potere.
- Controllo sull’informazione: Musk, attraverso il controllo di piattaforme come X (ex Twitter), ha già dimostrato di voler sfidare la narrazione ufficiale su temi come la pandemia di COVID-19 e le elezioni. Con il DOGE, Musk avrebbe un canale diretto per rivelare inefficienze o corruzione del sistema statale, bypassando i media tradizionali che spesso operano come megafoni dell’establishment. Un esempio recente è il rilascio dei “Twitter Files”, che hanno mostrato come le agenzie governative abbiano influenzato la moderazione dei contenuti online.
- Rischio per il complesso militare-industriale: Riducendo il numero di agenzie e il loro potere discrezionale, il DOGE potrebbe interrompere il flusso di fondi verso programmi militari e di intelligence di dubbia utilità. Un caso emblematico è stato l’Afghanistan, dove decenni di occupazione hanno portato a una spesa di oltre 2 trilioni di dollari, gran parte dei quali finiti nelle tasche di contractor privati. Il DOGE rappresenta una minaccia esistenziale per questo sistema.
La reazione del DOJ: un copione già visto
La causa intentata dai DEM con i funzionari ancora a lei fedeli palesa di ipocrisia. Si parla di trasparenza da parte dello stesso governo che ha gestito operazioni segrete, occultato informazioni cruciali sulla pandemia di COVID-19 e dirottato ingenti risorse verso conflitti per procura come quello in Ucraina. Un esempio recente è il caso di Judicial Watch, che è riuscito a ottenere, tramite il Freedom of Information Act (FOIA), la pubblicazione di documenti governativi nascosti relativi agli attacchi di Bengasi del 2012. Questo dimostra che strumenti legali già esistenti possono essere usati per combattere la mancanza di trasparenza e difendere l’iniziativa del DOGE. Non è questione di chiarezza o legalità: è una battaglia per difendere uno status quo che garantisce potere e privilegi al Deep State. Il DOJ, lungi dall’essere neutrale, agisce come una leva politica del DNC, determinato a preservare i propri interessi.
Il tempismo della vicenda non è casuale. Nel momento in cui il DOGE è pronto a partire, emergono accuse di conflitti di interesse e favoritismi, amplificate dalle voci critiche di politici come Elizabeth Warren. Il sistema giuridico americano consente di affrontare tali accuse attraverso procedure consolidate, come l’uso di organi di revisione indipendenti e il ricorso a tribunali federali. Un esempio significativo è il caso “Cheney v. United States District Court for the District of Columbia” (2004), in cui il Vicepresidente Dick Cheney difese con successo la riservatezza delle sue riunioni, dimostrando che conflitti percepiti possono essere gestiti rispettando i diritti costituzionali e procedurali. Questa stessa indignazione, tuttavia, sembrava stranamente assente quando si trattava delle manovre di Biden per favorire i suoi alleati o proteggere la sua famiglia. È evidente che il vero problema non è l’etica, ma l’azione di Musk e Trump, che minacciano di destabilizzare un sistema radicato nell’inefficienza.
Una sfida esistenziale per il sistema
La battaglia legale del DOJ contro il DOGE non è altro che un capitolo del continuo teatro politico americano. Per contrastare le accuse, Trump e Musk potrebbero utilizzare strumenti legali come il ricorso a tribunali federali per richiedere una revisione imparziale delle contestazioni. Inoltre, potrebbero appellarsi alla Corte Suprema qualora il DOJ eccedesse i suoi poteri, come già avvenuto in casi di eccessi burocratici. Utilizzando il Federal Advisory Committee Act (FACA), potrebbero dimostrare che la loro iniziativa opera in conformità con i requisiti di trasparenza e controllo, rafforzando la loro posizione legale contro le accuse di opacità o favoritismo. Trump e Musk incarnano una sfida esistenziale per l’apparato burocratico: non per i loro presunti difetti, ma perché mettono in discussione un meccanismo progettato per perpetuare se stesso. Non si tratta di difendere la democrazia, ma di preservare la burocrazia. E mentre questo circo dell’impero va avanti, cresce la stanchezza di un pubblico che chiede qualcosa di più di un solito spettacolo ripetitivo.
Non a caso nel suo discorso di insediamento Trump ha citato il DOJ e l necessità di una riforma. Alla luce di quanto sta succedendo, anche questo è quanto mai necessario.