Ritorno sul mio articolo “Perchè sempre più spesso uomini di fede danno un giudizio omologato sulla realtà? ” del 5 luglio 2024 in quando sembra siano sorte alcune incomprensioni e dubbi sulla correttezza di quando ho scritto. In particolare, mi si è obiettato che sono due piani diversi, “per la salvezza è necessaria solo la fede, alimentata dai sacramenti, e non un giudizio su questioni come la guerra o Biden. Tuttavia, se la fede non si traduce in cultura – ossia in un giudizio sulla realtà basato su Gesù Cristo e una continua sfida alla mentalità del mondo – essa rimane incompleta e poco attraente, rischiando di affievolirsi e diventare irrilevante nel tempo.”.
Grazie per i vostri commenti, provo ad aggiungere qualche ulteriore chiarimento:
Nell’articolo ho analizzato come molti uomini di fede, politici, esperti e intellettuali cattolici spesso si conformano a giudizi omologati sulla realtà a causa di pressioni sociali e culturali, influenze mediatiche, formazione teologica moderna e interessi politici ed economici. Questo conformismo riduce la dimensione mistica della fede e porta a giudizi che non rispettano la complessità della realtà. Ho sottolineato che una fede minore ma una maggiore comprensione della realtà e del Mistero incarnato può essere più salvifica di una conoscenza disordinata. Ho individuato una carenza che oggi lascia spazio alla cultura progressista, minacciando la libertà di pensiero, giudizio ed educazione.
Citando Don Giussani sull’unità tra fede e ragione, ho sottolineato l’importanza di un giudizio realistico, basato su evidenze concrete, per affrontare le sfide della vita.
Mi riferivo a uomini di fede, politici, esperti o intellettuali cattolici che diffondono giudizi velenosi in netto contrasto con la dottrina sociale e la Tradizione cattolica. Queste persone lasciano un segno.
Ovviamente, non credo che la fede sia una sorta di polizza vita indipendente e senza alcuna connessione di responsabilità con il vivere, né in termini umani né soprannaturali. Se questa responsabilità si esercita nella carità e non ci si interessa di politica, va bene. Ma se si professa la fede e contemporaneamente si diffondono giudizi anti-cattolici, si dovrà rispondere di questo il giorno del Giudizio e nel presente davanti a Dio.
La libertà personale non è inutile e può essere che chi ha avuto meno fede ma più carità si sia salvato.
Del resto cosa dice la prima Lettera ai Corinzi?
Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.
Prima lettera ai Corinzi 12, 31
Senza carità, sono come un cembalo che tintinna, e a questo livello di purità di cuore io la identifico con la carità. Certo, si può aiutare gli altri, ma l’aiuto non si chiama carità: la carità guarisce ed è il suo primo effetto. Quindi, la fede porta all’unità. Se la fede è unità, come può uno sguardo incapace di cogliere i tratti essenziali della vita umana e il suo bisogno?
La fede non è sufficiente professarla se poi si emettono giudizi su questioni fondamentali in modo non cattolico. Secondo la dottrina cattolica, la fede non è solo un assenso intellettuale alle verità rivelate, ma deve anche essere vissuta nella carità e nella coerenza con l’insegnamento della Chiesa.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che la fede deve essere vissuta con amore e carità: “La fede, operante per mezzo della carità, non è un’opera tra le altre, ma è una forza che tutto anima e trasforma, che modella la nostra vita, rendendola conforme alla vita di Cristo” (CCC 1814-1816).
San Giacomo, nella sua lettera, scrive: “La fede senza le opere è morta” (Giacomo 2,26), indicando che la fede deve manifestarsi attraverso le opere di carità e giustizia. Pertanto, professare la fede e al contempo diffondere giudizi in contrasto con la dottrina sociale della Chiesa e la carità cristiana è incoerente con la vera fede cattolica.
La fede cattolica richiede un impegno integrale che unisce la professione di fede con la pratica della carità e anche l’adesione agli insegnamenti della Chiesa.
Un articolo naturalmente ha dei limiti, e il giudizio che volevo esprimere potrebbe non essere stato percepito correttamente da tutti. Quello che mi premeva trasmettere è che il mio giudizio andava inteso tra due tipi di persone: una con poca fede ma che vive in unità di giudizio, e un’altra che ha molta fede ma esercita poco ragionamento pratico. Il punto è evidenziare l’importanza di un equilibrio tra fede e ragione affinché si abbiano gli strumenti per guardare le realtà della vita.
Cosa voglio dire con questo? Voglio dire che se un cristiano ha poca fede ma esercita la carità, sta comunque operando secondo la volontà di Dio. In questo, il giudizio è parte integrante il giudizio, quando esso stesso è carità, perché mira al bene dell’altro. La carità si manifesta in molte forme, come lo studio operoso dei Benedettini con il loro “Ora et Labora”. La vita cristiana si ramifica in molteplici direzioni, tutte orientate al bene. Tuttavia, quando si adotta un approccio antagonista, tipico di una visione moderna, si tende a percepire tutto in termini di contrapposizione, influenzando anche la comprensione dei fatti. Questo è l’antagonismo strutturale.
Quello che intendo dire è che una persona che esercita la fede attraverso i sacramenti e l’unità nella Chiesa, anche se non possiede una conoscenza approfondita, può vivere in armonia con gli insegnamenti di Cristo. Al contrario, qualcuno che ha molta conoscenza ma non riesce a metterla in pratica coerentemente, quando non riesce ad allineare ciò che sa secondo un giudizio semplice , morale (1, 2, 3…) rischia di fraintendere o trascurare l’essenza della fede. Spesso vediamo esperti o uomini di fede che sembrano incapaci di comprendere questa semplicità. Perché accade questo? È una domanda aperta: non capiscono o c’è qualcosa che trattiene dal capire?