Il grave errore di incensare a priori il no profit

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non-profit

di Stefano Fontana.

Alcune associazioni senza fini di lucro vanno a trovare gli ammalati negli ospedali ma altre si travestono per diffondere la cultura gay o la contraccezione e l’aborto. Ma nessuno dovrebbe poter agire in proprio senza assolvere doveri eticamente legittimi e senza realizzare fini naturali. Perciò non tutto il non profit è utile alla società, non tutto è solidale né legittimamente sussidiario e, quindi, non tutto sarebbe da finanziare.

Nei giorni scorsi era esplosa una discussione sulla norma della finanziaria che aumentava la tassazione degli enti non profit ed in quel contesto era stato tirato in ballo il principio di sussidiarietà, proprio anche della Dottrina sociale della Chiesa. Questa difesa del non profit è stata però fatta spesso in modo scentrato, proponendo una specie di contrapposizione tra il bene (il non profit appunto) e il male (lo Stato). Anche l’appello alla sussidiarietà è stato spesso scorretto, come se questa fosse sempre e comunque a sostegno del non profit e sempre e comunque contro lo Stato. Non mi sembra che le cose stiano così.

Partiamo intanto da alcune constatazioni di esperienza. Il mondo non profit è molto vario e dentro ci si trova un po’ di tutto. Non può essere incensato a priori e fatto equivalere senza residui alla solidarietà in quanto tale. Ci sono anche cooperative sociali che assomigliano a delle multinazionali e fanno fatturati ingenti. Ce ne sono altre che sono tali solo in apparenza, mentre di fatto sono gestite da un piccolo gruppo di persone per lucrare sugli sconti fiscali e avere manodopera a basso prezzo. Ci sono associazioni di volontariato attigue a questo o a quest’altro personaggio politico tramite il quale ottengono i finanziamenti pubblici. Ce ne sono alcune contigue alla politica e alle istituzioni di cui rappresentano il terminale nella società civile. Ce ne sono altre che sono servite da base di lancio per il consenso elettorale di qualche personaggio locale.

Un tema interessante è poi quello delle finalità delle associazioni senza fini di lucro. Alcune vanno a trovare gli ammalati negli ospedali, ma altre promuovono la parificazione tra famiglie omosessuali e naturali, oppure si travestono da associazioni di promozione sociale per diffondere la cultura gay o l’educazione alla contraccezione e all’aborto, altre ancora vanno nelle scuole per promuovere la cultura gender. Il cinque per mille e la defiscalizzazione statale vanno a  vantaggio in modo indifferenziato di tutto il volontariato, sia quello che ha obiettivi in armonia con la legge naturale sia quello che invece la vuole stravolgere. Il primo è veramente solidale, il secondo invece no.

Queste osservazioni empiriche ci rinviano ai princìpi e in particolare al principio di sussidiarietà, per intenderli però in modo corretto. La società civile ha una sua priorità sullo Stato. Su questo non c’è dubbio. Si tratta di un ruolo non di supplenza per le mancanze dello Stato, né di contiguità funzionale alla pubblica amministrazione, ma di un proprio ruolo originale e insostituibile. Ci sono cose che devono essere fatte prima di tutto dalle società naturali come la famiglia e i corpi intermedi. Però, questa autonomia dei corpi intermedi deve essere rivendicata per poter svolgere i propri doveri sociali, i quali nascono dalla legge morale naturale e dall’ordine naturale della società, in altre parole deve essere posta per contribuire a che le persone, le famiglie e i corpi intermedi stessi raggiungano i loro fini naturali. Nessuna associazione non profit ha diritto ad agire in proprio solo perché è non profit, ma perché ha dei doveri eticamente legittimi da assolvere e dei fini naturali da realizzare. In altre parole, non tutto il non profit è buono ed utile alla società, non tutto è veramente solidale e non tutto è legittimamente sussidiario e, quindi, non tutto sarebbe da finanziare.

La concezione contraria a quella ora esposta e oggi prevalente è di mentalità liberale: i corpi intermedi, come fossero degli individui, rivendicano dallo Stato la possibilità di fare quello che vogliono perché tutti esprimerebbero ugualmente la virtù della solidarietà sociale. Una associazione non profit che opera nell’educazione alla cultura gender con il vantaggio fiscale dello Stato sarebbe uguale ad una che trasporta gli ammalati o visita le persone in fase terminale.

Da qui l’ultima e principale considerazione. Un mondo non profit che si presenta come eticamente indistinto e antropologicamente indifferente, e come tale chiede sconti fiscali – vale a dire sovvenzioni – da parte dello Stato non è un mondo non profit che alla fine dipende da quello stesso Stato da cui pretende l’autonomia? Una autonomia sovvenzionata dallo Stato che autonomia è? È strana questa società civile che dice di venire “prima” dello Stato, di esprimere esigenze “proprie” e non dello Stato, che rivendica dei diritti “originari” e non concessi  dallo Stato e che poi vuole essere finanziata dallo Stato. Spesso, poi, per motivare questa rivendicazione si dice che senza il non profit lo Stato spenderebbe molto di più per far fonte a quei servizi di solidarietà. Ma in questo modo il mondo non profit propone se stesso come una funzione (indiretta) dello Stato e accetta di essere uno stratagemma perché lo Stato possa spendere di meno. Dove finisce, così, la sua originarietà sussidiaria?

Fonte: La nuova Bussola Quotidiana

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