Mercoledì, il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha dichiarato che la milizia sciita Hezbollah è pronta a un conflitto di ampie proporzioni con Israele e potrebbe invadere le aree settentrionali del paese in caso di ulteriori escalation.
Gli avvenimenti sono ulteriormente precipitati dopo la morte di Hajj Sami Taleb Abdullah, uno dei comandanti di spicco del gruppo, ucciso la settimana precedente in un attacco israeliano nel sud del Libano .
“Un passo imprudente – un errore di calcolo – potrebbe scatenare una catastrofe che travalicherebbe il confine e, francamente, supererebbe ogni immaginazione”, ha affermato il segretario generale delle Nazioni Unite Guterres in una conferenza stampa, aggiungendo che “il mondo non può permettere che il Libano diventi un’altra Gaza.” Ha esortato entrambe le parti a “rinnovare con urgenza l’impegno” per la pace.
Il mondo deve affermare con chiarezza che una riduzione immediata delle tensioni non solo è possibile, ma indispensabile. “Non esiste una soluzione militare”, ha sottolineato, evidenziando che molte persone hanno già perso la vita o sono state costrette ad abbandonare le proprie case sia in Libano che in Israele.
Le forze di pace delle Nazioni Unite sul campo stanno già “lavorando per allentare le tensioni e prevenire errori di calcolo, in un contesto estremamente difficile”, ha detto Guterres, senza fornire dettagli specifici.
Gli scambi di razzi tra Israele e Hezbollah hanno costretto oltre 53.000 israeliani e quasi 100.000 libanesi a lasciare le loro abitazioni negli ultimi nove mesi.
All’inizio della settimana, il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz aveva avvertito che lo Stato ebraico era “molto vicino” a prendere una decisione che “cambierebbe le regole del gioco” contro Hezbollah.
Tel Aviv ha annunciato l’intenzione di invadere il Libano per forzare Hezbollah a ritirarsi a 30 km dal confine, oltre il fiume Litani. Israele, tramite gli Stati Uniti, ha emesso un ultimatum al governo libanese: se Hezbollah non si ritira entro il 24 giugno, l’IDF avvierà un’operazione militare per creare una “zona cuscinetto”.
Nel frattempo, gli Stati Uniti stanno cercando di prevenire un’escalation incontrollata che potrebbe compromettere la posizione di Biden, che il 27 giugno affronterà un dibattito cruciale con Trump. Se Biden perdesse, potrebbe non essere riconfermato. L’amministrazione Biden ha avvertito Israele che un’invasione del Libano potrebbe provocare l’intervento iraniano.
Hezbollah è sotto pressione da diverse direzioni, ufficialmente e mediaticamente, riguardo alla possibile operazione militare dell’IDF in Libano, ma non si ritira, confidando che gli Stati Uniti fermeranno i loro alleati all’ultimo momento.
Dopo il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, anche Macron è intervenuto, pronto a fare da mediatore e, con il consenso di Beirut, a dispiegare un contingente militare francese al confine con Israele come parte di una missione di sicurezza. Tuttavia, la decisione finale spetta agli Stati Uniti: riuscirà Biden a fermare Netanyahu e/o Hezbollah?
Da una parte, l’inviato speciale americano Amos Hochstein ha dichiarato:
“Gli Stati Uniti sosterranno Israele e non lo criticheranno pubblicamente se lancerà un’offensiva contro Hezbollah”, ha detto Hochstein a Beirut.
Dall’altra, Biden e Netanyahu continuano a ‘pizzicarsi’ ma il contrasto è solo verbale. Netanyahu si è paragonato a Churchill e ha criticato l’amministrazione Biden per il ritardo nella consegna delle armi. L’amministrazione Biden ha espresso disappunto per i commenti di Netanyahu, che hanno suscitato irritazione.
Gli Stati Uniti sono sempre più preoccupati per la possibilità che il conflitto tra Israele e Hamas si trasformi in una guerra più ampia in Medio Oriente, coinvolgendo Hezbollah e potenzialmente le truppe americane.
Ovviamente, è evidente che all’Occidente non importa realmente nulla della popolazione. Se fosse altrimenti, tutti gli eventi tragici accaduti finora non si sarebbero verificati. E se il giudizio è chiaro per Gaza, dovrebbe esserlo anche per la Siria e il Libano, dove la mentalità adottata non si discosta da quella che solitamente genera disastri. Tuttavia, è proprio sui disastri che l’egemone prospera.
Naomi Klein, nel suo libro “Shock Economy: L’ascesa del capitalismo dei disastri“, afferma: “I disastri sono momenti di grande opportunità economica. Le crisi e le catastrofi aprono la strada a un’economia neoliberista che sfrutta la sofferenza e la distruzione per implementare politiche che altrimenti sarebbero inaccettabili“. Questo concetto evidenzia come l’Occidente utilizzi le crisi non solo per mantenere, ma per espandere la propria influenza e controllo.
La valutazione tra USA ed Israele è differente ma solo sull’eccesso dei metodi e non come giudizio di fondo.