La vicenda “Conte-Mes” ha messo a nudo gli europeisti del mondo reale e il loro disegno, contrario agli interessi nazionali e servile a quello dei banchieri tedeschi, con le loro decine di migliaia di miliardi di titoli spazzatura di Marco Della Luna
“CIMITEURO” ED EUROPEISTI DI MES
La vicenda Conte-Tria-Gualtieri-Mes ha messo a nudo gli europeisti del mondo reale e il loro disegno, contrario agli interessi nazionali e servile a quello dei banchieri tedeschi, con le loro decine di migliaia di miliardi di titoli spazzatura nei loro bilanci e il progetto di usare i risparmi italiani per salvarle. Gli eurocrati tedeschi hanno formulato segretamente e trasmesso il relativo ordine a Conte, Tria e Gualtieri, i quali lo hanno ricevuto silenziosamente a porte chiuse, malgrado il voto contrario del parlamento, e senza informare gli italiani: servitori fidati e discreti degli interessi egemoni del capitalismo apatride. Gli sforzi dei nostri politicanti per costringerci a rinunciare al contante e a tenere in banca tutti i nostri risparmi sono chiaramente finalizzati a renderli disponibili per il suddetto scopo internazionale.
E Mattarella, che per il MEF vietò Sapelli perché euroscettico e impose Tria, è anch’egli europeista? Mattarella, che si è sempre dichiarato contro il sovranismo e l’euroscetticismo, come si è dichiara ora, su questo punto? Non poteva non sapere che l’europeismo reale (non quello ideale) consiste proprio nel disegno di trasferire le risorse dai paesi deboli alla Franco-Germania. E non poteva non sapere che anche il MES serve a questo fine. Non poteva non saperlo, poiché lo sapevo anch’io, quando governanti ricattati o traditori lo adottarono per l’Italia. Lo sapevo perfettamente, e lo scrissi a chiare lettere nel mio saggio Cimit€uro, comparso nel Novembre del 2012, da cui seguono alcune citazioni, evidenzianti che il MES era concepito per scaricare sugli italiani le perdite delle banche tedesche:
“Siamo al punto che l’equilibrio finanziario dell’Italia, della Spagna e di altri Paesi si regge sulle iniziative di un direttorio non eletto della BCE e dalla loro disponibilità a comperare o no buoni del tesoro – quindi ad agire in base alla loro discrezione e non in base a norme di legge precise, certe, trasparenti che impongano loro d’impedire il tracollo finanziario delle nazioni, alla faccia del principio di legalità e di certezza del diritto, oltre che di rappresentanza popolare. Inoltre, quel direttorio è espressione proprio del mondo della finanza e delle banche private che generano le crisi e che sono artefici e beneficiarie sia dell’attività speculativa che dei salvataggi con denari pubblici. Pare, insomma, che si voglia tenere i Paesi eurodeboli in un meccanismo che aggrava i loro problemi e svuota le loro economie reali, ma al contempo li mantiene artificialmente in vita con una fleboclisi monetaria, aumentando la loro dipendenza da organismi autocratici giuridicamente irresponsabili e di tipo bancario, come la BCE e il nascente MES, Meccanismo Europeo di Stabilità. Da simili fatti traspare un disegno superiore, oligarchico, dirigistico, che non viene dichiarato, ma viene portato avanti senza interesse per le condizioni di vita delle nazioni, bensì con interesse centrato sul piano finanziario: espressione del fatto che, per l’odierna strutturazione del potere reale, l’economia della produzione e dei consumi, e quindi gli stessi popoli, che di quell’economia costituiscono gli attori, sono divenuti superflui…” (pag. 17).
“Una delle dipendenze più efficaci come guinzaglio, in questo senso, è quella dall’erogazione continua di nuovo credito agli Stati per il servizio dei loro debiti. Debiti che, finché verranno concepiti e trattati entro la falsa concezione monetaria che questo libro confuta, restano e resteranno inestinguibili – inestinguibili nel complesso, perché uno Stato strutturalmente creditore (per effetto dell’Euro) più forte degli altri, come la Germania, può liberarsi dei suoi mettendo Stati più deboli, strutturalmente debitori (per effetto dell’Euro), come l’Italia, a lavorare per pagarli in un Lager monetario chiamato Eurosistema o MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), di cui essa ha la guida, e dove a questi Stati deboli si tolgono, quando entrano nel Lager, anche i gioielli, gli assets pregiati, per assicurare il pagamento dei titoli pubblici a rischio detenuti dalle banche tedesche. Perché i suddetti debiti sono inestinguibili? È un dato matematico. Vediamo il caso dell’Italia, che ha un debito pubblico di 2000 miliardi. Elaboriamo il piano di ammortamento di capitale e interesse a un ottimistico 4% annuo in 20 anni e rate semestrali. Avremo, in Euro:
Importo della rata = 73.111.500.000 a semestre
Numero di rate = 40
Totale rate = 2.924.459.820
Interessi = 924.459.820.000
Dovremmo quindi pagare ogni anno 146 miliardi e rotti – circa un undicesimo del pil attuale – esborso ovviamente insostenibile. Senza contare che il debito pubblico reale, considerando anche il debito previdenziale, è molto più di 2000.”
(Pagg. 58, 59).
“IL MES E L’EUROLAGER
Se la Tav è un tema specifico, l’ESM-MES (European Stability Mechanism – Meccanismo Europeo di Stabilità) è invece un fatto sistemico, un vero sistema di Euro-Lager politico-finanziario. Di concezione germanica, te lo portano in casa, e ti ci chiudono dentro. Al suo interno, gli italiani e gli altri popoli periferici sono avviati a un destino di lavoro a basso salario e bassi diritti, pensioni minime e percepite molto avanti negli anni, consumatori di prodotti di bassa gamma, destinatari delle fabbriche meno gradite (modello Seveso?), alunni di scuole di livello africano, addetti alla produzione di beni prevalentemente di basso e medio-basso livello tecnologico e competitivo, impegnati a pagare il loro debito pubblico alle banche dei Paesi dominanti, sotto la direzione di poteri forti e interessati (capitale straniero e organismi tecnocratici sovrannazionali), che a loro volta si appoggiano, per legittimarsi “democraticamente” e per scaricare le responsabilità sociali, politiche e morali, a un ceto politico consociativo italiano, il quale non offre in realtà alcuna scelta agli elettori, alcuna alternativa, alcuna possibilità di cambiamento, e che viene pilotato dall’alto in cambio del mantenimento dei suoi privilegi, che esso rischierebbe di perdere se non avesse la copertura dell’“Europa” e venisse a un confronto sociale diretto con un popolo ormai esasperato.
In realtà, si tratta di un processo già preconizzato come inevitabile da Paul Krugman nel 1991, allorché parlò di meridionalizzazione e desertificazione industriale dei Paesi periferici europei in favore dell’area germanica: un processo, già allora osservabile sotto lo SME, il Sistema Monetario Europeo (cambi fissi tra le monete europee), ma ancora precedentemente osservato nel 1964 (la prima, grande crisi della Lira, dovuta all’aumento dei costi comparati di produzione1 e all’accumularsi di debiti verso partners più forti) e oggi in piena corsa, di attrazione dei capitali, delle competenze, della produzione da parte di quel le aree, perlopiù tedesche, dove il capitale e le competenze rendono di più, e dove realizzano surplus commerciali che consentono, da un lato, di aumentare il gap di efficienza sistemica, con un continuo calo del costo comparato del lavoro tra Germania e PIIGS (feedback amplificante, anziché correttivo, del mercato), nonché il gap per costo degli interessi, sui quali la Germania, a scapito dei suoi partners, risparmia ogni anno 40-50 miliardi rispetto a prima della crisi2 (quindi ha interesse a mantenere la situazione) a spese degli eurodeboli; e dall’altro lato consentono di fare shopping di assets nei Paesi periferici – shopping ulteriormente favorito, se questi Paesi finiranno per svalutare, uscendo dall’Euro. Inoltre l’Euro, per la Germania, ha comportato una svalutazione monetaria, con conseguente guadagno di competitività soprattutto nelle esportazioni intracomunitarie e rispetto ai partners come l’Italia, per i quali l’Euro ha invece comportato una rivalutazione monetaria. … … Con tali premesse, era ed è inevitabile che la Germania si “mangiasse” l’economia italiana (e di altri Paesi), che aumentasse i propri posti di lavoro “togliendoli” all’Italia (e ad altri Paesi), e che assumesse la guida degli organismi comunitari e della BCE, e li dirigesse nell’interesse suo proprio.
Leaders italiani hanno operato e stanno operando a questo processo di riforma del sistema-Europa, processo infrastrutturale rispetto a quello sovrastrutturale della riforma giuridica che dissolve gli stati nazionali.
Per tenere insieme monetariamente i Paesi dell’Euro, bisognerebbe bilanciare le suddette tendenze con un meccanismo vincolante la Germania a trasferire quei risparmi e quote di quel surplus a investimenti strutturali e perequativi nei Paesi eurodeboli. Ma che governo o sindacato o partito politico propugna un siffatto correttivo? (pagg. 158,159).
E quale Presidente della Repubblica, che dovrebbe rappresentare l’unità nazionale dell’Italia e non la sua obbedienza al Diktat banco-germanico? Il Presidente Mattarella vuole graziosamente essere il primo?
01.12.19 Marco Della Luna
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