Il modello argentino funziona: c’è vita dopo il default e dopo il FMI

Non ho mai avuto fiducia dei banchieri che guidano l’europa, e non è per una serie di suggestioni, questi sono fatti, ed è tutto vero (trovano corrispondenza con Wikipedia), oltre al risanamento è incredibile il numero le riforme fatte dopo il default:

Fonte: www.movisol.org
Link: http://www.movisol.org/11news183.htm

L’esempio  argentino di dire no al Fondo Monetario ed ai suoi creditori viene discusso nei paesi europei, in particolare in Grecia, Portogallo e Irlanda, come alternativa alla brutale austerità dettata da Bruxelles e dal Fondo Monetario. Per tutta risposta, l’FMI e l’amministrazione Obama hanno rinnovato i loro attacchi contro l’Argentina, annunciando che avrebbero votato contro nuovi prestiti al paese da parte della Banca Mondiale. Poco prima, a metà settembre, la direttrice dell’FMI Christine Lagarde ha dichiarato che il Fondo non avrebbe usato i dati dell’ente di statistica ufficiale argentino per valutare il PIL ed il tasso di inflazione del paese, perché tali dati sarebbero “troppo inattendibili”. Invece, l’FMI raccoglierà dati tramite “consulenti privati”.

Le ha risposto la Presidente argentina Cristina Fernandez de Kirchner, in un discorso nella provincia di Mendoza il 26 settembre. Non solo fu il FMI a causare la crisi del 2001 e l’insolvenza dell’Argentina, ha accusato la Fernandez, ma oggi “nel mezzo del più grave fallimento nella storia recente…coloro che furono direttamente responsabili del fallimento dell’Argentina nel 2001, e di quello dell’Europa e degli Stati Uniti oggi, stanno ancora cercando di costringere il mondo ad inghiottire la stessa medicina che diedero a noi per dieci anni e che ci portò alla rovina! Tanta idiozia, tanta testardaggine è inconcepibile. Come possono dire che l’economia verrà riattivata e crescerà con l’austerità? Non ha alcun senso!”

Si sappia, prosegue la Presidente argentina, che “da noi le decisioni sulla politica economica vengono prese nella Casa Rosada (il palazzo presidenziale) ed al Congresso nazionale, all’interno delle nostre istituzioni nazionali” e non in enti di consulenza privata o dettati da enti finanziari stranieri. Negli anni Ottanta e negli anni Novanta, ha ricordato la Presidente, il Congresso argentino si fece in quattro per attuare il diktat straniero “eppure il mondo continuò a crollare, e l’Argentina continuò a crollarci addosso”.

La Kirchner era a Mendoza per inaugurare l’espansione della rete elettrica, e nel farlo ha ricordato che il suo defunto marito, il Presidente Nestor Kirchner, amava costruire infrastrutture “perché sosteneva che questo era il progresso”. Quando si porta l’energia e l’elettricità a regioni che non ce l’hanno “si porta l’eguaglianza, la sovranità e il federalismo in posti che erano stati ignorati storicamente”. Ha ricordato il primo discorso di Nestor all’Assemblea Generale dell’ONU nel 2003, in cui disse che all’Argentina bisogna permettere di crescere, perché non aveva mai sentito di morti che possono pagare i loro debiti.

Ha citato quello stesso discorso all’Assemblea Generale dell’ONU il 21 settembre scorso. Allora, quasi un quarto della popolazione argentina era senza lavoro, e i livelli di indigenza e povertà superavano il 50%, dopo il default del paese nel 2001. Negli 8 anni successivi, ha detto la Kirchner, “l’Argentina ristrutturò il suo debito, riducendolo dal 160% a meno del 30% del PIL. I livelli di povertà e indigenza scesero a una cifra, e stiamo ancora continuando questa battaglia. Abbiamo un tasso di disoccupazione che è il più basso mai avuto”.

“Nel 2003 destinavamo il 2% del PIL all’istruzione ed il 5% a pagare il debito. Oggi l’Argentina destina il 6,47% del PIL all’istruzione e il 2% del PIL a pagare il debito…

A Mendoza la Presidente argentina ha sottolineato il fatto che tutto ciò che hanno fatto lei e suo marito mirava a “liberare” il popolo argentino, e particolarmente i giovani, lasciando loro “un paese migliore, liberandoli dalla miseria, dal fallimento, dalla frustrazione e dalla povertà”.

Ma cosa dimostra questo? che  la riflessione dovrebbe essere portata su tutto il nostro modello di vita e invece le ricette che ci propongono i nostri  euroburocrati  non scalfiscono questa visione di noi stessi e del mondo..

Questo non lo si fa, e non si fà  perdendo così un’occasione per ricominciare diversamente. Ricominciando da protagonisti della propria vita.  Puntando sul cuore delluomo, sulla famiglia, sul desiderio, sul lavoro e la sua dignità. Invece si vede questa crisi come negativa , non volendo muoversi un palmo dalle solite idee. E si lasciano agire le solite idee su popoli senza desiderio, con uno sguardo teso a far quadrare solo i conti.

Si continua a non usare la ragione interamente. Lo  ha detto anche il Papa al Parlamento tedesco e non è stato capito, o non si ha il coraggio e l’ambiszione di prenderlo sul serio dopo gli applausi, contrariamente a quello che si dice  non si pensa minimamente al bene comune.

Qui non si risolve niente toccando le pensioni e inasprendo le finanziarie, qui o si cambia radicalmente l’uomo  e la sua corsa al profitto infinito o inevitabilmente il prezzo sarà la limitazione della nostra libertà individuale, perchè chi ci farà uscire dalla crisi  (ammesso che ci riesca ) contemporaneamente diventerà padrone di tutto, determinerà e detterà il futuro assetto sociale e politico in funzione “anti-crisieconomica” come il primo obiettivo della futura europa.

Si capisce a quale visione del mondo , della vita e dei rapporti tra stati questo porterà. Non è certo questo il libero mercato che la dottrina sociale della Chiesa auspicava come bene per l’uomo, questo è solo una delle facce del potere. La più amichevole e la più ambigua ma in realtà  la più feroce.
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