Per migliaia di anni varie religioni hanno tentato di sopprimere l’eccessiva avidità negli uomini, poiché questo è un prerequisito per la stabilità e il funzionamento della società. Da questo punto di vista, il neoliberismo è davvero un credo diabolico poiché considera l’avidità una virtù (“l’avidità è buona”). In altre parole, dal punto di vista della teologia cristiana, il neoliberismo non è altro che un sapore del satanismo (Wikipedia):
Le sue convinzioni fondamentali ruotano attorno all’individualismo, all’egotismo, all’epicureismo, all’auto-deificazione e all’autoconservazione, e propagano una visione del mondo ove la legge naturale è il materialismo, il darwinismo sociale, la legge del taglione (“occhio per occhio”).
Ciò che vige è la filosofia ateistica che afferma che “ogni individuo è il suo dio e non c’è spazio per nessun altro Dio”.
In altre parole Il neoliberismo rifiuta esplicitamente le idee chiave del cristianesimo: la fede in una giustizia suprema che è la di sopra di ogni cosa contingente, il senso di appartenenza alla verità di Cristo presente, l’idea che un essere umano debba lottare per creare giustizia in questo mondo mentre nello stesso modo si rende conto che la soluzione definitiva è oltre la propria portata.
In proposito papa Francesco – riprendendo la dottrina sociale della Chiesa – dice che “Per sostenere uno stile di vita che esclude gli altri … si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza. Quasi senza esserne consapevoli, finiamo per essere incapaci di provare compassione … “. Questo stato di cose non è casuale ma è sancito in un preciso sistema economico dove riassunto dallo slogan “l’avidità è buona” che necessariamente si esplicita e coltiva una crudeltà verso le altre persone, come ha osservato Papa Francesco.
Penso che ormai oggi questa linea guida vada avanti come un treno in tutto il mondo cosiddetto ‘civilizzato’ e la logica conseguente è considerata come ineluttabile dalla maggior parte delle istituzioni che si prendono carico del benessere delle società.
Qui di seguito riporto alcune citazioni selezionate da Evangelii Gaudium, Esortazione apostolica di Papa Francesco, 2013
… Una simile economia [neoliberista] uccide.
No a un’economia dell’esclusione
53. Così come il comandamento “non uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della inequità”. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è inequità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”.
54. In questo contesto, alcuni ancora difendono le teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo. Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante. Nel frattempo, gli esclusi continuano ad aspettare. Per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri, o per potersi entusiasmare con questo ideale egoistico, si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza. Quasi senza accorgercene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea che non ci compete. La cultura del benessere ci anestetizza e perdiamo la calma se il mercato offre qualcosa che non abbiamo ancora comprato, mentre tutte queste vite stroncate per mancanza di possibilità ci sembrano un mero spettacolo che non ci turba in alcun modo.
No alla nuova idolatria del denaro
55. Una delle cause di questa situazione si trova nella relazione che abbiamo stabilito con il denaro, poiché accettiamo pacificamente il suo predomino su di noi e sulle nostre società. La crisi finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell’essere umano! Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro (cfr Es 32,1-35) ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano. La crisi mondiale che investe la finanza e l’economia manifesta i propri squilibri e, soprattutto, la grave mancanza di un orientamento antropologico che riduce l’essere umano ad uno solo dei suoi bisogni: il consumo.
56. Mentre i guadagni di pochi crescono esponenzialmente, quelli della maggioranza si collocano sempre più distanti dal benessere di questa minoranza felice. Tale squilibrio procede da ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria. Perciò negano il diritto di controllo degli Stati, incaricati di vigilare per la tutela del bene comune. Si instaura una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone, in modo unilaterale e implacabile, le sue leggi e le sue regole. Inoltre, il debito e i suoi interessi allontanano i Paesi dalle possibilità praticabili della loro economia e i cittadini dal loro reale potere d’acquisto. A tutto ciò si aggiunge una corruzione ramificata e un’evasione fiscale egoista, che hanno assunto dimensioni mondiali. La brama del potere e dell’avere non conosce limiti. In questo sistema, che tende a fagocitare tutto al fine di accrescere i benefici, qualunque cosa che sia fragile, come l’ambiente, rimane indifesa rispetto agli interessi del mercato divinizzato, trasformati in regola assoluta.
No a un denaro che governa invece di servire
57. Dietro questo atteggiamento si nascondono il rifiuto dell’etica e il rifiuto di Dio. All’etica si guarda di solito con un certo disprezzo beffardo. La si considera controproducente, troppo umana, perché relativizza il denaro e il potere. La si avverte come una minaccia, poiché condanna la manipolazione e la degradazione della persona. In definitiva, l’etica rimanda a un Dio che attende una risposta impegnativa, che si pone al di fuori delle categorie del mercato. Per queste, se assolutizzate, Dio è incontrollabile, non manipolabile, persino pericoloso, in quanto chiama l’essere umano alla sua piena realizzazione e all’indipendenza da qualunque tipo di schiavitù. L’etica – un’etica non ideologizzata – consente di creare un equilibrio e un ordine sociale più umano. In tal senso, esorto gli esperti finanziari e i governanti dei vari Paesi a considerare le parole di un saggio dell’antichità: « Non condividere i propri beni con i poveri significa derubarli e privarli della vita. I beni che possediamo non sono nostri, ma loro ».[55]
58. Una riforma finanziaria che non ignori l’etica richiederebbe un vigoroso cambio di atteggiamento da parte dei dirigenti politici, che esorto ad affrontare questa sfida con determinazione e con lungimiranza, senza ignorare, naturalmente, la specificità di ogni contesto. Il denaro deve servire e non governare! Il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo, in nome di Cristo, di ricordare che i ricchi devono aiutare i poveri, rispettarli e promuoverli. Vi esorto alla solidarietà disinteressata e ad un ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica in favore dell’essere umano.
No all’inequità che genera violenza
59. Oggi da molte parti si reclama maggiore sicurezza. Ma fino a quando non si eliminano l’esclusione e l’inequità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza. Si accusano della violenza i poveri e le popolazioni più povere, ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione. Quando la società – locale, nazionale o mondiale – abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente la tranquillità. Ciò non accade soltanto perché l’inequità provoca la reazione violenta di quanti sono esclusi dal sistema, bensì perché il sistema sociale ed economico è ingiusto alla radice. Come il bene tende a comunicarsi, così il male a cui si acconsente, cioè l’ingiustizia, tende ad espandere la sua forza nociva e a scardinare silenziosamente le basi di qualsiasi sistema politico e sociale, per quanto solido possa apparire. Se ogni azione ha delle conseguenze, un male annidato nelle strutture di una società contiene sempre un potenziale di dissoluzione e di morte. È il male cristallizzato nelle strutture sociali ingiuste, a partire dal quale non ci si può attendere un futuro migliore. Siamo lontani dalla cosiddetta “fine della storia”, giacché le condizioni di uno sviluppo sostenibile e pacifico non sono ancora adeguatamente impiantate e realizzate.
Idolatria di denaro e finanza; “L’avidità è buona” come principio etico chiave del neoliberismo
Il suo principio etico, chiave del neoliberismo – è che esso sia solo per l’élite (mai per i i meno agiati o la classe media) – è che ” L’avidità è buona “. Si presume che questo strato di persone (che inizia a livello di CEO di una grande società) che predica i principi filosofici del concetto di oltreuomo o superuomo (dal tedesco Übermensch), introdotto dal filosofo Friedrich Nietzsche.
Il concetto di oltreuomo o superuomo (dal tedesco Übermensch), introdotto dal filosofo Friedrich Nietzsche, è un’immagine o figura metaforica che rappresenta l’uomo che diviene se stesso in una nuova futura epoca contrassegnata dal cosiddetto nichilismo attivo: secondo Nietzsche, infatti, il nichilismo passivo, che seguirebbe alla scoperta dell’inesistenza di uno scopo della vita, può essere superato solo con un accrescimento dello spirito personale, il quale appunto aprirebbe le porte a una nuova epoca. Questa nuova epoca, annunciata in Così parlò Zarathustra (Also sprach Zarathustra), è quella in cui l’uomo è libero dalle catene e dai falsi valori etici e sociali dettati dallo spirito apollineo e dall’antica filosofia di Socrate, seguendo invece lo spirito dionisiaco.
Secondo Wikipedia, l’ispirazione per il discorso “L’avidità è buona” proviene da fonti ormai consolidate che si predicano nelle università più importanti del mondo come ineluttabili e civilizzatrici.
Ma come osserva Papa Francesco, la glorificazione dell’avidità è socialmente distruttiva. Eppure questo non è correntemente compreso: mentre nel cristianesimo l’ l’eccessiva avidità è condannata moralmente, il neoliberalismo impiega un semplice trucco per l’adozione del “contrario”, essa è appunto la ‘moralità’ di Nietzsche ‘Ubermench’. Senonché “non sono i nostri beni che deteniamo, ma i loro”.[55 – Evangelii Gaudium, Esortazione apostolica di Papa Francesco, 2013]
E’ straordinario che la mentalità corrente non venga affatto scalfita dalla fede cristiana che pur è professata e sostenuta ed è fondamento della tradizione che ha costruito la giustizia ed i diritti umani.
@vietatoparlare
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