Il Papa, il diritto dei migranti, l’ISIS e le armi…

Premetto che mi è piaciuto molto il viaggio del Santo Padre in Iraq, è stata una cosa meravigliosa ed ha detto parole di grandissima ispirazione, è stata veramente una visita pastorale molto desiderata dal popolo cristiano iracheno, ha confortato gli iracheni ed ha lasciato un bel clima e doni di Grazia.

Ma i giornali hanno riportato per lo più altro, come per esempio, per creare ‘un clima’   hanno continuato a domandarsi sui “rischi corsi dal Papa per il Covid nella sua visita in Medio Oriente”, come se non sapessero che papa Francesco e tutto il suo staff si erano vaccinati prima di partire. Va beh … andiamo avanti su cose più interessanti, ovvero parliamo di due temi toccati dal Papa sull’aereo di ritorno: migranti e Mosul riferiti da Repubblica.

In proposito, Rodari nel suo articolo riferisce che il Papa ha detto “Il mondo non ha ancora preso coscienza che migrare è un diritto umano”, questo per la verità,  lo hanno riportato anche altre testate. Poi ha fatto un cenno su Mosul, che riprenderò subito dopo.

Migranti

La questione migranti, è un vecchio tema del Papa – che non mi mancava a dire il vero , –  ed anche questa volta non ha mancato di parlarne:

“Il mondo non ha ancora preso coscienza che migrare è un diritto umano”

Non so che tipo di uomo abbia in mente il Pontefice, ma gli uomini non sono cellule staminali che si adattano a tutto.

Avere una dimora non è solo avere un tetto ed un piatto di pasta: esistono fattori religiosi, culturali con cui fare i conti, essi sono inconciliabili a volte con l’habitat del paese ospitante, in cui la vera ricchezza è la cultura che si formata dopo millenni di storia. Persa quella, abbiamo perso tutto e noi adesso siamo a buon punto.

Quindi, solo dire che esiste il “migrante sui generis” permette di affermare che emigrare sia un diritto. Però questo, oltre che non essere vero, fa tabula rasa di ogni altro valore e diritto di altri uomini. Perché in Europa esiste molto spesso la mancata integrazione e la tendenza di snaturare, cambiare le tradizioni locali conformandole alle proprie, aggredendo così le tradizioni locali.

Decidere liberamente di emigrare perchè si ama il paese ospitante, è una aspettativa; come lo è anche l’aspettativa di cambiare la propria condizione di vita. Ma il il primo diritto è poter restare ove si ha legami, ove si è nati e si è radicata la propria esperienza nella vita.

Quando esistono fattori duri che rendono necessaria per sé stessi e la propria famiglia di emigrare, questi dati devono essere oggettivi e i paesi più ricchi dovrebbero esaminarne le cause. Ma che succede che molto spesso, le cause sono direttamente collegate proprio con i paesi che promuovono le migrazioni? Non è un contro senso?

Un uomo non deve essere costretto a fuggire e questo dovrebbe essere detto. Il diritto dovrebbe consistere nello stabilire condizioni di vita tali che non si debba per forza emigrare. Ma a quel punto non si potrebbe invocare alcun diritto se non il rapporto amichevole tra stati.

Poi esistono altri 2 punti trascurati. Sono la democrazia e la demografia. Solo non tenendo conto di questi fattori si può asserire che emigrare sia un diritto sempre da assecondare. Ma questo porta a conseguenze catastrofiche.

Esistono altri diritti, ed esiste una casa per ognuno, ed ogni famiglia va rispettata. Non esiste quindi solo il bisogno di chi si sposta, o ciò che si immagina in termini di miglioramento sociale… esistono una complessità di fattori in gioco e una responsabilità…

In definitiva, la solidarietà è un valore che va incontro al bisogno e non al diritto… il diritti sono abbondantemente vilipesi in Africa, si cominci da questo. Prima di riversare gli effetti di ogni ingiustizia, sfruttamento e ogni conseguenza di atti che non abbiamo deciso noi ed in fondo non aver risolto niente, se non impoverire ancor di più il paese di origine e far permanere le ingiustizie e la diseguaglianza, ci dovremmo pensare 1000 volte.

Riversare su di noi e le nostre famiglie – che non riusciamo nemmeno a far rispettare la nostra Costituzione – questi problemi, con la speranza di risolvere la vita degli altri è una illusione. Ciò non porterà a niente se non il peggioramento dei due soggetti in causa.

MOSUL

Come dicevo, sullo stesso articolo di Repubblica Papa Francesco ha poi detto che a Mosul – dopo “aver visto tutte le distruzioni dell’ISIS” -, si è chiesto:

“Chi vende le armi a questi disruttori? Chi è il responsabile?”.

Ovviamente  dato che i Patriarchi ed i religiosi iracheni hanno dato già le risposte, voglio sperare quindi che quelle del Papa siano state domande provocatorie.

Comunque approfitto brevemente dell’occasione per fare ‘mente locale’ su quegli avvenimenti..

Per rispondere alle domande di papa Francesco, è un buon indizio vedere il filmato ove si vedono i Toyota nuovi di zecca mentre l’ISIS sfila verso Mosul, con gli aerei militari di un certo paese che ronzano su in alto senza fare nulla.

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Le rovine che ha visto il Papa è il risultato dei combattimenti che hanno avuto inizio il 17 ottobre 2016  a Mosul, durati più di otto mesi, che hanno trasformato la maggior parte dei quartieri della città in macerie, dopodiché l’allora primo ministro iracheno Haider al-Abadi annunciò la vittoria contro lo Stato Islamico (ISIS) il 10 Luglio 2017.

In realtà la fine dell’ ISIS in Iraq non è altro che un pio desiderio che indica l’ignoranza sulla natura dell’ISIS.

Fattori scatenanti la nascita e la crescita dell’ISIS sono da individuare nell’invasione USA e nelle scellerate politiche intraprese successivamente dal plenipotenziario USA Bremer e dall’ambasciatore (ex Cia) John Negroponte (che si è servito del settarismo inter-etnico e confessionale  in funzione anti-sciita armando e alimentando ‘squadre della morte sunnite’ che poi diventeranno lo zoccolo dell’ISIS).

In questo contesto è da considerare che oggi l’ostilità americana anti-sciita non aiuta e continua a scavare entro le stesse linee di separazione etniche e religiose che hanno dato vita all’ISIS.

Ma per quando riguarda la domanda del Papa, la risposta è di pubblico dominio. Addirittura alcune armi acquistate dai militari Usa nel 2015 sono finite nelle mani dei combattenti dello Stato Islamico nel tempo di due mesi.

Per le fonti documentali di questo, c’è l’imbarazzo della scelta. Ad esempio il Conflict Armament Research (CAR), un’organizzazione indipendente per il monitoraggio delle armi, dopo tre anni di meticolosa documentazione delle armi recuperate dall’ISIS sui campi di battaglia di Iraq e Siria, ha realizzato che molti armi USA sono state trovate in mano all’ISIS.

Faccio un esempio: “Un missile anticarro venduto all’esercito americano – dice CAR – è arrivato all’ISIS in soli 59 giorni” . E si aggiunge: “Questo è estremamente breve, significa che non ci sono stati molti intermediari in questa catena di custodia.”

Che significa? Significa che la CIA ha gestito un programma segreto per armare alcuni gruppi jihadisti che combattevano l’esercito governativo siriano fino a quando l’ amministrazione Trump, secondo quanto riferito, lo ha sospeso.

Ma era ben noto che parte di queste armi per lungo tempo sono transitate all’ISIS e che addirittura per alcuni periodi è esistita una sorta di alleanza tra le forze in campo.

Sull’argomento, USA Today, la Reuters e BuzzFeed pubblicarono “esclusivi” report che dettagliavano come un vasto arsenale militare inviato in Siria dalla CIA in collaborazione con alleati USA avesse alimentato la rapida crescita dell’ISIS.

Allo stesso modo, gli Stati Uniti hanno favorito l’IDIS quando si sono accorti che in Siria stava combattendo ‘efficacemente’ l’esercito siriano. Durante questa fase, prima dell’intervento della Russia, l’ISIS stava per arrivare a Damasco.

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fonte foto CAR

Ecco chi ha fornito le armi ed ha favorito l’ISIS.

Per chi volesse approfondire rimando ad un  titolo della BBC (“I Jihadisti che pagate”) – che parla del programma segreto degli USA e dell’Arabia Saudita in Siria che ha alimentato l’ascesa dell’ISIS e di altri gruppi terroristi legati ad Al-Qaeda, bisogna ricordare che solo poco tempo fa i media mainstream mettevano apertamente alla berlina gli analisti e gli scrittori che osavano mettere in relazione il massiccio e segreto programma occidentale di aiuto ai ribelli siriani con gli insorti di Al-Qaeda che ne avevano così chiaramente beneficiato.

Quando poi è  giunto alla ribalta la notizia del rapporto della Defence Intelligence Agency del 2012– che descriveva il “Principato Salafita” o lo “Stato Islamico” come una risorsa strategica che avrebbe potuto essere utilizzata dalla coalizione occidentale in Siria “per isolare il regime siriano”, i media americani respinsero quella che ai tempi venne etichettata come una “teoria complottistica” nonostante fosse provata da un rapporto dell’intelligence USA reso disponibile al pubblico.

Non c’è da meravigliarsi di questo ma  il documento venisse è stato preso molto seriamente e analizzato in profondità da alcuni dei migliori esperti mondiali del Medio Oriente e da giornalisti investigativi di testate estere come il London Review of Books, The GuardianDer Spiegel , così come RT e Al Jazeera.

E la distruzione di Mosul? La distruzione di Mosul è stata operata dal governo degli Stati Uniti durante 8 mesi di guerra , tanto è durata la battaglia per riconquistarla bombardando a tappeto, quando hanno capito che non era più utile.

Quando il Pontefice deciderà che è necessario rendere pubbliche le risposte che lui conosce molto bene e non intervenire solo sul tema migranti, che è prettamente politico e non umanitario, allora faremo un passo avanti rispetto a chi sfrutta l’Africa e spinge i migranti ad attraversare il Mediterraneo. Allo stesso modo, si chiarirebbe la verità storica per quando riguarda l’ISIS.

In entrambi i casi si tratterebbe di passare da una visione prettamente umanitaria di ciò che succede nel mondo ad una visione più realistica e politica.

In caso contrario si potrà continuare a fare assistenza fin che si vuole, senza riferire realtà scomode, ma il bisogno aumenterà sempre più in questo modo.

patrizioricci by @vietatoparlare

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