Non nasconde l’immenso dolore il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, per l’ennesima trasformazione in moschea di un altro prezioso reliquiario della tradizione cristiana bizantina ad Istanbul: la chiesa di San Salvatore in Chora, tramite decreto del 21 agosto scorso ad opera del presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
Un colpo alla cristianità, che denota – se ancora qualcuno non lo avesse capito – la mancanza di rispetto nei confronti di una religione che, a dispetto di altre guerrafondaie, all’insulto risponde con il perdono. Ma la sofferenza è inutile nasconderla: c’è. Lo dimostrano le parole del Patriarca, che mentre celebrava la Divina Liturgia nello storico monastero di Panagia Faneromeni a Cyzicus, alla fine dell’omelia, per la prima volta, ha fatto riferimento alla recente conversione in moschee di Hagia Sophia e della chiesa di Chora.
“Siamo stati feriti dalla conversione della Basilica di Santa Sofia e della chiesa di Chora in moschee – commenta Bartolomeo. Questi due monumenti unici di Costantinopoli furono costruiti come chiese cristiane. Esprimono lo spirito universale della nostra fede così come l’amore e la speranza dell’eternita’”.
Il Patriarca non ha nascosto neanche il dolore per la fine a cui saranno destinati i preziosi mosaici all’interno sia di Santa Sofia che nella chiesa di Chora. “I mosaici e le icone, unici nel loro genere, sono nutrimento per l’anima e uno spettacolo straordinario per gli occhi, come disse lo scrittore e pittore greco Fotis Kontoglou. Fanno parte del patrimonio culturale mondiale. Preghiamo il Dio dell’amore, della giustizia e della pace perchè illumini le menti e i cuori dei responsabili”.
Si ricorda infatti che la chiesa di San Salvatore in Chora è riconosciuta come uno dei più importanti siti di architettura bizantina sacra ancora esistenti. Nato come chiesa ortodossa, è situato nel distretto occidentale di Istanbul, detto Edirnekapo. A seguito della conquista ottomana, la chiesa fu trasformata in moschea nel 1511 da Hadim Ali Pascià, gran visir di Bayezid II.
A causa della contrarietà islamica nei confronti della rappresentazione di figure umane, i mosaici e gli affreschi furono ricoperti di calce, ma non distrutti. Nel 1948 venne avviato un programma di restauro dell’edificio per il recupero mosaici e affreschi, considerati fra le massime espressioni dell’arte bizantina.
Per alcuni anni restò chiuso al culto fino a che l’edificio nel 1958 fu trasformato in museo. Il 21 agosto di quest’anno un decreto del presidente Erdogan ha confermato la sentenza del Consiglio di Stato dello scorso 19 novembre 2019, che ha annullato la decisione con cui fu istituito il museo. Così la chiesa sarà nuovamente riaperta al culto islamico, con la conseguente copertura dei mosaici.
Certo, è vero che al peggio non c’è mai fine, ma quanti altri emblemi della storia cristiana nel mondo dovranno essere oltraggiati per assistere quantomeno a una chiara presa di posizione? Gli attacchi alla Chiesa attualmente sono trasversali: mirano a indebolirla non solo dall’esterno, ma soprattutto dall’interno, perché inattesi e quindi più distruttivi.
Aldilà della gravità del gesto, a dispetto di un dialogo interreligioso che, all’apparenza, dai fatti di cronaca sembra essere sempre più unilaterale, anche dal punto di vista culturale ci sono preoccupazioni, e non è la Chiesa a dirlo.
Anche l’Unesco infatti parla di perplessità della modifica di status, che a questo punto potrebbe minacciare il “valore universale” del monumento. Qualsiasi modifica di un sito incluso nella lista del Patrimonio mondiale dell’umanità, richiede una notifica in anticipo all’Unesco da parte dello Stato interessato. Questa comunicazione, Erdogan si è premurato di non farla recapitare. Anche la fase successiva, ovvero l’esame del Comitato del Patrimonio mondiale, che si dovrebbe esprimere sulla vicenda, è assente a causa dello stesso motivo: nessuna comunicazione.
Stiamo assistendo dunque ad un atto di prepotenza dal forte impatto destabilizzante, che per forza di cose non si limita a colpire la sfera religiosa, ma pungola anche quella politica, scatenando – questa volta sì – feroci critiche di disappunto, a cominicare dai leader di centrodestra del nostro Paese, che da Matteo Salvini a Giorgia Meloni sottolineano come la Turchia non abbia i requisiti di democrazia e tolleranza necessari per entrare in Europa, come invece si vorrebbe.
autore: di Dario Cataldo – fonte:http://www.korazym.org/47256/bartolomeo-su-altra-chiesa-trasfomata-in-moschea-che-dio-perdoni-i-responsabili/