di VietatoParlare.it
‘ Quando apro il frigorifero, non vedo la perestroika’ è una battuta in voga in Russia negli anni 90’, che nella sua semplicità, riporta efficacemente il giudizio che i russi hanno operato sulla politica delle grandi riforme democratiche all’epoca di Gorbaciov. Poi sappiamo come andò, fu la disgregazione dell’impero sovietico, la perdita del ruolo di superpotenza. L’avvento di Eltsin negli anni 90’, portò la disastrosa ricetta delle privatizzazioni, con la conseguente svendita dell’ apparato industriale che trascinò il paese alla miseria. L’inflazione superò ben presto il mille per cento, la produzione industriale calò del 50%, il PIL sprofondò del 40%, la delinquenza organizzata era fuori controllo, il terrorismo insanguinava il Paese, l’esercito e la flotta russa furono ridotte al disarmo, il paese era in mano agli oligarchi.
In seguito Eltsin fu al centro di vicende di corruzione e passò la mano a Putin. Ebbene, Putin attuò riforme economiche di vastissima portata come la riduzione delle tasse per tutti i cittadini dal minimo del 13% a un massimo del 30%, rivalutò le pensioni del 65% e fece molte altre riforme che cambiarono radicalmente le condizioni di vita della gente. Oggi la Federazione Russa ha un surplus commerciale di 60 miliardi di dollari l’anno e la sua economia è cresciuta fino al 2008 al ritmo del 6%: I russi gli riconoscono di aver trascinato il paese fuori da una crisi spaventosa e dell’averlo traghettato verso la prosperità.
Allora perché le contestazioni di piazza? Per capire i motivi della La contestazione bisogna andare indietro, a quelle che in Russia chiamano ‘ le riforme dopo-Beslan’. La presa di ostaggi nella scuola di Beslan nel settembre 2004 e la rivolta del Caucaso furono gli eventi che fecero decidere Putin per una radicale riorganizzazione in senso verticistico di tutto l’apparato statale. L’opinione pubblica, stretta dall’emergenza, acconsentì. Putin individuò il sistema federale della Russia come la principale causa del costituirsi di forti poteri periferici, con le difficoltà che ne derivavano nell’amministrazione del paese. Così intervenne arrogando a sé il potere di nominare direttamente i governatori delle varie province; decise che le elezioni della Duma fossero esclusivamente proporzionali con lo sbarramento del 7%; furono immesse regole molto restrittive che resero quasi impossibile la presentazione di nuovi partiti. La ricetta funzionò a vantaggio della governabilità , delle riforme e del benessere ma a scapito della democrazia. I brogli di queste ultime elezioni sono legati all’ordinamento fortemente verticistico del potere : sono la diretta conseguenza di funzionari troppo ‘zelanti’, timorosi nell’ipotesi di flessione dei risultati, di essere defenestrati dalle loro cariche (tutte a nomina presidenziale). Anche l’agenzia di sondaggi ‘Golos’ (vicina all’opposizione) ha riconosciuto che Putin avrebbe vinto anche senza brogli.
Il punto di vista della chiesa ortodossa è stato espresso da Kirill, il patriarca di tutte le Russie “la vittoria di Putin è una scelta operata a favore della stabilità”. Ha spiegato che il forte sostegno che la maggioranza degli elettori russi ha dato è a motivo delle sue “ apprezzate capacità di leader nazionale”. Inoltre, ha esortato il popolo russo a non ripetere gli errori della rivoluzione del 1917 e con chiaro riferimento alle primavere arabe ha ammonito su come siano subdoli i mezzi di informazione e di propaganda quando essi sono usati per indirizzare l’opinione e generare conflitti.
Tuttavia se Putin si aspetta di guadagnare un posto nella storia russa per la sua leadership, egli deve anche rinnovare gli sforzi per migliorare le istituzioni democratiche del paese. Questo non vuol dire però che non lo stia facendo oppure che sia vera la rappresentazione tanto cara all’occidente che predilige le analisi alla storicità dei popoli, che non capisce che per non sfociare nelle violenze settarie, necessariamente i periodi di transizione devono essere lunghi.